Cinzia Bomoll (Bologna 1979), regista e produttrice di documentari, non è certo un’esordiente nella scrittura, ha pubblicato romanzi noir e storici, ma questo è il suo primo giallo e bisogna dire che l’ingresso nel genere è perfettamente riuscito. L’autrice sa bene che il punto di forza in un poliziesco è, naturalmente, il poliziotto, il personaggio che indaga e intorno al quale la storia si costruisce. Cinzia inventa per noi una figura di sicura presa: l’ispettrice di polizia Nives Bonora, giovane, bella, profondamente appassionata del proprio lavoro, dotata di straordinario intuito. La Bomoll per l’ambientazione del racconto non si allontana dalla sua Emilia. Infatti Nives è nata, vive e lavora a Ferrara, bellissima città, di nebbie e misteri. E alle prese con un bel mistero troviamo subito l’ispettrice, che viene chiamata nell’ex manicomio alla periferia della città, edificio dismesso e abbandonato, dove è stato trovato il cadavere di una ragazza. Tutto è molto inquietante per Nives, perché quel grande, opprimente e sinistro edificio è a pochi metri dalle case popolari dove lei, figlia di un carabiniere, ha abitato da bambina.
Ma veniamo al mistero – perché un omicidio è un dramma, un problema, non è detto che sia un mistero – il fatto davvero singolare è che il cadavere della ragazza, poco dopo essere stato portato all’obitorio, scompare. Morte apparente, si suppone. Può darsi, ma chi era la giovane “resuscitata”, chi ha comunque tentato di assassinarla e soprattutto dove è andata a finire?
E’ da qui che l’ispettrice Bonora inizia la propria indagine, costretta contemporaneamente a difendere il proprio equilibrio interiore dai tanti vuoti e dai tanti pieni che logorano i suoi giorni: la relazione clandestina con il suo capo, l’affascinante e tenebroso commissario Brandi, un legame avaro di sentimento e sempre in bilico; le attenzioni che ha verso di lei il giovane agente Pizzi, un ragazzo a sua volta niente male; il rapporto irrisolto e conflittuale con il padre che ha dovuto crescerla senza una madre e, da ex carabiniere, ha sentito come un tradimento il suo ingresso in polizia; l’ostilità reciproca verso la PM Baruffaldi, donna bella, di classe e glamour, al cui fascino il commissario Brandi è tutt’altro che insensibile. In fine, nel corso della narrazione, un incidente costringe a un delicato ricovero in ospedale la nonna Argenta, unica figura materna che Nives abbia avuto nella sua vita, unica persona dalla quale si senta realmente compresa.
L’indagine va avanti di mistero in mistero. Perché inspiegabile appare subito il successivo omicidio dello stimato ginecologo Roberto Mantovani, del quale Nives anche deve occuparsi e sorprendente è il fatto che, andando a interrogare la moglie del medico, l’ispettrice trovi nella sua casa di vacanza sul litorale adriatico, proprio la ragazza creduta morta e poi scomparsa, la cui identità resta sconosciuta. Mentre la Bonora presto conoscerà, suo malgrado, un giovane e ambiguo slavo il cui ruolo nella vita della già presunta morta resta tutto da chiarire.
La trama si infittisce e assistiamo al succedersi di misteri e successive sorprese che paiono, come in una Matrioska, scaturire l’uno dall’altro.
Inutile dire che, come da prassi, l’intelligente e coraggiosa Nives, in pratica da sola, riuscirà a venire a capo dei diversi enigmi che, alla fine, risulteranno affondare le loro radici nella corruzione, nei segreti inconfessati della società bene ferrarese.
La narrazione incalzante, il taglio deciso e accurato dei personaggi, l’accurata descrizione antropologica di un ambiente urbano, patinato all’apparenza quanto torbido nella sostanza, fanno di questo romanzo una lettura avvincente e Nives Bonora resta un personaggio di grande fascino che subito sentiamo il desiderio di tornare a incontrare.
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