Grande appuntamento in tutte le librerie italiane recensiamo il nuovo romanzo di Donato Carrisi, La ragazza nella nebbia, pubblicato come sempre da Longanesi.
In soli sei anni Donato Carrisi ha saputo imporsi sulla scena mondiale: Il suggeritore è uscito a inizio 2009 e già nell’autunno dello stesso anno si era aggiudicato il Premio Bancarella rimanendo per una trentina di settimane nella classifica dei più venduti, venendo tradotto in oltre venti Paesi e piazzandosi ottimamente anche nelle classifiche straniere.
Carrisi non ha fretta e sforna Il tribunale delle anime solo due anni dopo, nel 2011, e anche in quel caso è una pubblicazione di successo, mentre Il suggeritore continua a vendere e a raccogliere premi in tutto il mondo, fra i quali il prestigioso Prix Polar.
A seguire, sempre con due anni di distanza, arriva nel 2013 L’ipotesi del male, nuovo bestseller che ripropone ai lettori la protagonista de Il suggeritore, Mila Vasquez.
Carrisi in seguito aumenta un po’ il ritmo e dobbiamo aspettare solo un anno per il suo nuovo romanzo: Il cacciatore del buio esce infatti nel 2014, è il seguito de Il tribunale delle anime ed è come sempre un successo.
E ora, a fine 2015, tocca a questo La ragazza nella nebbia: andiamo a scoprire come se ha colto nel segno anche questa volta…
Il libro si apre con una scena che inchioda subito il lettore alle pagine: in una notte gelida, lo psichiatra Flores è chiamato dalla polizia di Avechot (paese alpino di confine abitato da una comunità fortemente religiosa, quasi una setta) per far luce su quanto è successo all’agente speciale Vogel, trovato in stato confusionale in seguito ad un incidente d’auto. Illeso ma coperto di sangue, evidentemente non suo.
Secondo uno schema ormai classico ma ancora capace di generare la giusta suspense, un flashback ci porta a qualche tempo prima, quando in paese è appena scomparsa la sedicenne Anna Lou, appartenente ad una delle famiglie più devote della cittadina, sparita nel tratto di strada che separa casa sua dalla chiesa. E’ proprio Vogel ad occuparsi del caso, e la trama si muove per sbalzi temporali avanti e indietro rispetto al giorno della scomparsa, una tecnica letteraria (e cinematografica) che usata con sapienza come sa fare Carrisi risulta davvero coinvolgente. Il racconto ci cala in atmosfere perfette per gli amanti del thriller, in parte differenti da quelle cui lo scrittore ci ha abituati: se negli altri suoi romanzi si lasciava più spazio alla speculazione sul Male in senso assoluto, qui la trama è maggiormente incentrata sulla detection del caso specifico e quindi sull’azione. Il risultato è un’avvincente storia di genere che si presterebbe molto bene ad una moderna serie tv e che verrà portata al cinema dallo stesso Carrisi col suo esordio da regista.
Lentamente, e con deduzioni intriganti, Vogel e l’agente Borghi ricompongono i pezzi del mistero: una ragazzina timida e in apparenza quasi senza contatti col mondo, un adolescente ossessionato da lei, imbranato ma con un passato di scatti violenti, e soprattutto un professore, Loris Martini, giunto da poco con la moglie e la figlia ad Avechot per lasciarsi alle spalle un evento (“la cosa”) che Carrisi sapientemente ritarda ad esplicitare, così come è bravo a instillare nel lettore il sospetto che l’insegnante nasconda qualcosa senza fornire prove evidenti e lasciando che il semplice seguirne le azioni aumenti la tensione proprio a causa dell’apparente tranquillità delle situazioni descritte. Improvvisamente Martini si trova al centro dell’interesse dell’opinione pubblica, accusato di essere il mostro, accerchiato dalla rapace e spietata voracità delle tv che lo mettono a rischio linciaggio. Uno dei temi su cui Carrisi riflette in questo romanzo è proprio l’esposizione mediatica dei casi di cronaca nera e per farlo utilizza tutti gli ingredienti che purtroppo ormai ci sono diventati familiari quando avvengono tragedie simili a quella di Anna Lou: la costante ricerca di news, il gossip morboso, i processi televisivi con la gente che condanna e si schiera, la celebrità che seduce anche le vittime…
In una trama fondata sugli elementi classici del genere, il rapporto tra Vogel e la stampa costituisce uno spunto originale che infrange il luogo comune sull’odio dei poliziotti nei confronti dei giornalisti: l’agente speciale li cerca, ne provoca l’interesse perché sa che coi riflettori puntati sul caso avrà a disposizione mezzi più consistenti per le indagini ed una possibilità in più per stanare il colpevole, per non parlare della celebrità personale che la risonanza mediatica gli garantisce. Vogel sa usare i media per i suoi scopi, arrivando a stratagemmi cinici, mantenendosi sempre sul confine ambiguo tra forzare le cose e manovrarle apertamente. Su di lui pesa però il sospetto che in un caso precedente si sia spinto troppo oltre nel voler a tutti i costi consegnare un capro espiatorio all’opinione pubblica. Il lettore rimane gustosamente in bilico: a chi credere? Al poliziotto forse senza scrupoli? Al professore che non riesce ad eliminare la sensazione che nasconda qualcosa?
Pian piano ci avviciniamo allo strano incidente di Vogel, con Flores che deve stabilire se il poliziotto sia davvero in stato confusionale o stia recitando. Di certo le convinzioni del lettore vacillano in quella che, ci ha informato Carrisi sin dall’inizio, è la notte “in cui tutto cambia per sempre” e non si vede l’ora di scoprire cosa succederà.
Quando teoricamente l’agente speciale ha ottenuto la sua vittoria chiudendo il caso, l’entrata in scena del fantomatico “uomo della nebbia” rimescola le carte in tavola inserendo la storia di Anna Lou in una cornice inquietante che metterà in crisi Vogel, preda della paranoia e praticamente succube delle macchinazioni del misterioso personaggio.
La ragazza nella nebbia ha una trama appassionante, che accelera nel finale riservando colpi di scena che tengono il lettore incollato al libro. Ma di questo siamo ormai abituati, quando si tratta di Donato Carrisi. Nonostante, come già detto, abbia intrapreso una strada diversa rispetto a quella seguita in precedenza, anche in questo romanzo l’autore pugliese non rinuncia all’aspetto riflessivo della sua scrittura, ragionando sul proprio mestiere, sulla natura delle storie gialle, sul fascino del male: “Sono i cattivi a fare la storia”, ci ricorda, e come dargli torto di fronte alle sue stesse pagine?
“Alla domanda di un recente sondaggio su quale deve essere lo scopo di un’indagine di polizia, la maggioranza degli interpellati ha risposto ‘la cattura del colpevole’. Solo una percentuale molto bassa ha affermato che lo scopo di un’indagine di polizia dovrebbe essere ‘accertare la verità’.” Vogel si sporse dalla poltroncina su cui era seduto. “Ha capito bene cosa ho detto? Nessuno vuole la verità.”
“Perché, secondo lei?”
Il poliziotto ci pensò su un momento. “Perché la cattura del colpevole ci fa illudere di essere al sicuro, e in fondo questo ci basta. Ma c’è una risposta migliore: perché la verità ci coinvolge, ci rende complici.”
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- Carrisi, Donato (Autore)