È un piacere avere la possibilità di recensire l’ultimo romanzo di Steve Berry, avvocato e giurista di formazione, ora romanziere noto in tutto il mondo con i suoi thriller a declinazione storica e istituzionale, tra spionaggio, aderenza alla realtà e un profondo studio del tessuto dato dalle tradizioni.
Come molti sanno, Berry ha una sua nave madre letteraria, ovverosia la saga dedicata a Cotton Malone, ex agente operativo del dipartimento di Giustizia statunitense, la cui peculiarità è essere allo stato attuale il gestore di una libreria antiquaria a Copenaghen. Uomo di pubbliche relazioni, è frequentemente chiamato in causa da politici, uomini d’affari o comuni cittadini per qualche tipo di incarico, desiderato o indesiderato. Questa è la sua sedicesima avventura (e il titolo originario contiene un riferimento alla figura del Kaiser: The Kaiser’s web).
Non a caso, si parla di Reich passati e futuri – come in ogni giallo storico – ma si fa riferimento anche a possibili Reich presenti, ovverosia ai populismi europei.
In Germania, l’ex Presidente degli Stati Uniti Danny Daniels assiste alla morte di un’informatrice bielorussa, Hanna Cress, la quale effettua da ultimo confusi riferimenti a un ipotetico lascito spirituale – e non solo – di Eva Braun. Daniels chiede a Malone di approfondire la vicenda; assieme alla sua Cassiopea, Cotton inizia a schiarirsi le idee circa i sistemi elettorali attuali e il legame tra lo spettro di una dittatura attuale e quelle invece storicamente codificate. Al solito, si alternano scene dense d’azione, rivelazioni e alcuni colpi di scena nella parte finale del volume.
La giustificazione narrativa offerta dall’Autore è brillante (“I vasti movimenti di popoli cominciati all’alba del XX secolo – profughi dai Paesi dell’Est, dalla Turchia, dall’Africa e dal Medio Oriente – comportano un enorme dispendio di risorse, al quale si sommano i dieci anni di bassissima crescita economica europea e il crollo dei vecchi sistemi di stato sociale”, alla p. 441).
Di nuovo, il romanzo si dimostra strumento scientifico, perché getta un cono di luce su cosa significhi affidare pubblicità, responsabilità e protagonismo a populisti non particolarmente competenti; nel romanzo, Berry costruisce il personaggio del – per vero brillante – demagogo tedesco Theodor Pohl. Pohl è un’ipotetica e metaforica reincarnazione di figure del passato recente – e in specie evidente è il richiamo a Martin Bormann; in effetti, a ben pensarci, la Storia contemporanea di questo si occupa, ed è a tutti noi molto attigua. Infatti, la fine della Guerra risale al “solo” 1945, mentre le destre reazionarie sono più attuali che mai.
L’antagonista si riferisce a “(…) un’ostilità che affondava le proprie radici nella Riforma Protestante. Ma nel XXI secolo, per mietere i frutti di un odio collettivo, occorreva un nuovo approccio” (p. 249).
Berry ipotizza un collegamento tra il dissolversi della memoria storica, specie con riferimento al Secondo conflitto mondiale, e la promessa di vecchi ordini sociali: promessa di per sé neutrale, ma di fatto legata a requisiti etnici, razziali, misogini, omofobici, eccetera. Insomma, tutti i classici richiami a concetti fuori tempo massimo.
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Berry in passato ha potuto far luce su fenomeni americani (Martin Luther King, i Padri Fondatori, la Guerra Civile) o internazionali (il Nazismo, già esplorato in un altro volume, i Romanov e Rasputin, i Cavalieri Templari), se non anche mitologici (Fátima), dando loro il risalto tipico che si riceve da una narrazione, per quanto ben documentata – sempre presenti le note dell’autore, in chiusura di ogni volume.
Steve Berry scrive tutto ciò non sempre dal suo studio casalingo, dal momento che è solito organizzare crociere culturali, assieme alla moglie Elizabeth, di cui dà notizia nella sua newsletter, crociere alle quali è addirittura possibile iscriversi, al fine di partecipare attivamente. Lo scrittore è anche autore di romanzi autoconclusivi e di racconti legati alla mitologia della saga, pubblicati in e-book.
Buona lettura.
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