È uscito lo scorso 24 gennaio, per Sellerio, La ricreazione è finita di Dario Ferrari. Ne parliamo oggi al Thriller Café.
Marcello Gori ha trent’anni, è nato a Viareggio, si è laureato in lettere all’università di Pisa dopo dieci anni ed ora non ha prospettive per il futuro. O meglio, sa che non vuole prendere in mano l’attività di famiglia (lo storico bar del padre), che non ha poi tanta voglia di diventare adulto, almeno per il momento… insomma, fa di tutto per non fare assolutamente niente, per non modificare la sua situazione di vitellone post-adolescente, per più tempo possibile. Se non fosse che, ritrovandosi a bazzicare all’università, viene a sapere di un concorso per il dottorato di ricerca in italianistica con il professor Sacrosanti, uno dei tanti baroni di cui ancora si fregia l’università italiana, che fanno il bello e il cattivo tempo gestendo posti, fondi e persone. Lo prova ed inspiegabilmente lo vince, con sommo stupore suo e altrettanto disappunto del Chiarissimo che, bocciando tutti i suoi progetti di ricerca, gli rifila uno studio su Tito Sella, un semisconosciuto scrittore viareggino con un passato oscuro da terrorista. Cosa ci troverà di interessante Sacrosanti in un terrorista-scrittore attivo in una piccola brigata negli anni ’70 e poi morto in galera? E cosa troverà, Marcello, nel suo archivio conservato a Parigi? Troverà forse traccia della “Fantasima”, l’opera autobiografica dispersa di Sella?
È bene dirlo subito: “La ricreazione è finita” non è un giallo tout court. Come efficacemente scrive Marco Malvaldi, questa è «La storia di un ricercatore che crede di sapere cosa cerca, e di un ricercato che è stato trovato e rinchiuso. E dei molti modi in cui si sbagliavano entrambi». In realtà questo libro è molte cose: è innanzitutto un romanzo sulla precarietà dei giovani italiani di oggi, usciti da un’università che non dà loro alcuna certezza di occupazione, che li riempie di nozioni ma non li prepara a quel che troveranno (o non troveranno) una volta usciti; è un’analisi realistica, disillusa ed impietosa sulle dinamiche interne di quell’università italiana che troppo spesso è così lontana dalla tanto decantata meritocrazia; è, inoltre, un romanzo nel romanzo, in cui con grande perizia l’autore ci offre un vivido spaccato sugli anni ’70 in Italia, tra Brigate Rosse e bar di paese, tra la volontà di essere protagonisti della lotta e la vita quotidiana di gente comune. “La ricreazione è finita” è tutto questo e, in fondo in fondo, è anche un giallo. Ma non un giallo canonico, col morto, il colpevole e nel mezzo le indagini: qui bisogna andarselo a cercare, il giallo. Bisogna aver voglia di superare il disgusto per la violenza cui è sottoposta quotidianamente la cultura e per la pochezza di certi personaggi preoccupati solo da intrighi e lotte di potere; bisogna addentrarsi – e non restarne schiacciati – in un mondo fatto di parole che non dicono ciò che vogliono dire, minuzie, cavilli, scivoloni dietro l’angolo… e dopo, solo dopo molte pagine di amarezza, si giungerà al giallo. Il finale ripagherà l’attesa? Dovrete deciderlo voi. Dal canto mio non posso non avvertirvi che questo libro non piacerà a tutti, non è un romanzo acchiappa lettori: è impegnativo – soprattutto nelle parti tecniche legate a temi specifici di italianistica -, non è di facile lettura, specie nella prima metà, ma poi, se saprete aspettare, cambierà passo e rivelerà delle sorprese. Perciò lo consiglio a chi cerca una lettura impegnata, non un semplice giallo ma un romanzo complesso con ampi riferimenti alla storia e alla società italiana di ieri e di oggi.
L’autore, Dario Ferrari, conosce bene i luoghi in cui ha ambientato questa storia: è nato proprio a Viareggio nel 1982 e si è laureato in filosofia a Pisa, conseguendo anche un dottorato di ricerca. Insegna in un liceo romano ed è traduttore. Ha esordito nella narrativa con La quarta versione di Giuda (Mondadori 2020).
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