Oggi, cari lettori del Thriller Cafè, vi parlerò di una nuova detective, che ha da qualche tempo arricchito il folto gruppo delle investigatrici seriali. Si chiama Alex Carter e nasce dalla fantasia della scrittrice statunitense Alice Henderson, che vanta al suo attivo già diversi romanzi thriller. La prima avventura di Alex si intitola “La solitudine del predatore” ed è da poco uscita per HarperCollins, anche se l’originale americano risale al 2020. Da allora, ne sono uscite altre due negli Stati Uniti, che spero verranno presto tradotte anche in Italia (ne approfitto per elogiare la sempre validissima traduzione di Sara Caraffini).
Alex è una biologa della fauna selvatica. Vive a Boston con il suo ragazzo, Brad, che un tempo condivideva con lei la passione per la difesa dell’ambiente, ma che oggi lavora per un importante studio legale che fa affari anche con chi ha ben poche attenzioni per l’ecosistema, come grandi gruppi immobiliari e affaristi di varia natura. Anche per questo motivo le cose con Brad non vanno bene e Alex sogna di realizzare qualche progetto in zone più selvagge e incontaminate. Finché un giorno, la vita di Alex è sconvolta da un evento delittuoso. Un cecchino comincia a far fuoco sulla folla all’inaugurazione di un nuovo parco a Boston e lei viene salvata da un misterioso “uomo nero” che uccide il cecchino e scappa nel bosco. Traumatizzata dall’episodio e afflitta dalla relazione a pezzi, Alex vuole cambiare vita e accetta una proposta di lavoro nel Montana. In un grande parco naturale, di recente acquisito da un’associazione ambientalista, lei dovrà osservare la popolazione di volverine in via di estinzione. Ma nel parco succedono strane cose ed è proprio a causa di queste che Alex scoprirà di essere una brava detective.
La Henderson ha pensato una crime novel ecologista che faccia il paio con la sua grande passione per la difesa dell’ambiente e direi che il risultato è abbastanza riuscito. L’abbastanza rimane perché la costruzione della storia a volte risulta un po’ troppo aggrovigliata. Ci sono diverse “deviazioni” nella sequenza narrativa principale e non sempre funzionali alla comprensione dell’intreccio, ma tutto sommato il filo conduttore regge e la suspense rimane sempre di alto livello. Va anche detto che il lato migliore del romanzo non è tanto nella capacità della Henderson di costruire un intreccio accattivante o nel disegnare personaggi di grande spessore psicologico, ma nel rendere magnificamente l’ambientazione e il paesaggio, facendo quasi partecipare in prima persona i lettori alle sue esplorazioni sul campo nel Montana più selvaggio.
Il crimine più abietto per Alice Henderson e Alex Carter non è infatti quello che si compie negli ambienti urbani degradati e nei bassifondi delle metropoli, ma quello che corposi interessi apparentemente “normali” perpetrano quotidianamente ai danni del patrimonio naturale e, rispetto al quale, ci sembra dire l’autrice, noi facciamo troppo poco. In questo senso, Alex Carter è paladina di scelte forti e radicali, senza compromessi, ed è pronta a mettere in gioco completamente le proprie abitudini di vita, se in palio c’è la difesa del nostro pianeta. Perché per compiere delitti non è necessario essere sofisticati cartelli criminali che mettono in piedi raggiri miliardari, ma è sufficiente non capire quale sia il valore del patrimonio naturalistico che ci circonda ed essere corrotti dal miraggio del denaro facile, per poter anche in un paesino di poche anime realizzare delitti atroci.
In chiusura una piccola curiosità: proprio perché la Henderson è maestra nel creare atmosfere e paesaggi, gustatevi le pagine di descrizione dello Snowline Resort dove Alex alloggia nel Montana. Vi sembrerà di essere catapultati nell’Overlook Hotel dello “Shining” di Kubrick/King, cui l’autrice deve molto, visto che tributa ai due maestri diversi cameo nel suo romanzo.
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