Dopo La donna che cancellava i ricordi e La verità sbagliata, questa estate è tornato in libreria il terzo caso dell’ispettore Frost Easton. È infatti uscito il 13 luglio scorso – sempre per le Edizioni Piemme – La strada dell’inganno, thriller psicologico tradotto da Giorgia Sartori dall’originale The Crooked street, del 2019.
L’autore non necessita di grandi presentazioni, essendo quel Brian Freeman che esordì quindici anni fa con Immoral (vincitore del Premio Macavity come migliore esordio), che ha vinto poi nel 2013 l’ITW International Thriller Award con Spilled Blood (Il veleno nel sangue) e i cui romanzi sono venduti in 46 diversi paesi e tradotti in 20 differenti lingue. Nato a Chicago nel 1963, laureato in lettere al Carleton college, è un autore molto amato anche in Italia, dove vanta e vantava numerosi ammiratori, tra cui lo scrittore Giorgio Faletti.
Come detto si tratta di un nuovo caso della serie relativa al tormentato detective Easton, della squadra omicidi di San Francisco. Sono le dieci di un venerdì sera e Danny Clarke si trova in un vicolo di Chinatown, immerso tra il profumo di zenzero e lo sfrigolare dell’olio bollente. La situazione non è delle più confortevoli. Mr Jin e suo figlio Fox – cui deve portare un avvertimento – se ne sono già andati. Anche Chester è andato via, improvvisamente trasferito, mentre Carla si è da poco suicidata – dicono – tagliandosi le vene. Ma qualcosa non quadra e Clarke lo sta realizzando proprio adesso. Carla, con ogni probabilità, è stata uccisa, proprio come tutti gli altri. C’è qualcuno in giro che sta regolando dei conti in sospeso. Adesso Clarke si sente braccato, come se fosse giunto il suo momento. Quell’uomo gli è alle costole, non resta che fuggire. La fuga rocambolesca termina però verso mezzanotte, quando una persona con una pistola ad aria compressa, dalla distanza, lo colpisce al collo. Non è un colpo d’arma da fuoco, ma qualcosa simile a una puntura d’ape. Forse è stato avvelenato. Clarke si sente intorpidito. Il suo attentatore lo da per morto, ma non lo è. Si guarda attorno e realizza di trovarsi abbastanza vicino alla casa di un suo vecchio amico. Così tenta di raggiungerlo. Si arrampica lungo la strada disperato, cadendo più volte, il suo corpo è sempre più paralizzato da diffuse parestesie. Arrivato davanti l’uscio dell’ispettore Frost riesce a suonare il campanello, prima di crollare tra le sulle braccia e con la lingua ridotta come una lumaca riesce a trovare un’ultima parola in fondo alla gola, da sussurrare al suo amico morendo: “Lombard”.
Lombard è la tortuosa strada la cui forma ricorda quella di un serpente. Attraversa tutta San Francisco. Da qualche tempo, in giro per la città, stanno comparendo dei dipinti simbolici raffiguranti dei serpenti rossi. Si trovano proprio nei punti in cui alcune persone sono morte. L’investigatore privato Dick Coyle sostiene che ci sia qualcuno, nascosto nei vicoli più oscuri della città, che colpisce indisturbato e silenzioso, come un serpente velenoso. Potrebbe trattarsi di un serial killer, a piede libero, di cui Denny Clarke è appena stato l’ultima vittima.
Da pregevole e navigato romanziere, Freeman riesce a catturare l’attenzione del lettore dall’inizio alla fine, propinando al lettore ritmi concitati intervallati dalla profondità psicologica dei personaggi e dei loro vissuti. L’autore si rivela molto abile nel sondare gli aspetti più neri dell’animo umano e quanto possa essere banale – eppure insopprimibile – il male che gli uomini compiono nei confronti di loro stessi e dei loro simili. Lo stile di Freeman è molto fluido, le descrizioni vivide, tanto che si può percepire lungo tutto il romanzo il respiro dei vicoli e dei quartieri di San Francisco.
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