La terra delle ombre - Femi Kayode

Cari avventori del Thriller Cafè, oggi vi parlerò del secondo romanzo di Femi Kayode: “La terra delle ombre”, uscito da Longanesi e tradotto da Annamaria Biavasco e Valentina Guani. Lo scrittore nigeriano ci propone un’altra avventura dello psicologo forense Philip Taiwo, dopo quella che ci ha raccontato ne “Il cercatore di tenebre”. Come nel romanzo precedente, la vicenda è ambientata nella sua Nigeria, che Kayode ci vuole raccontare con autenticità, fuori dagli stereotipi e dalla superficialità con la quale tutta l’Africa viene purtroppo spesso rappresentata nei paesi occidentali. E già solo questo bel proposito sarebbe sufficiente per spingerci alla lettura di questo interessante romanzo.

Jeremiah Dawodu è il sedicente vescovo di una delle tante chiese pentecostali dei nostri giorni, la Grace Church, nata nella capitale della Nigeria, Lagos. Viene arrestato in modo spettacolare nel corso della predica dal pulpito (rigorosamente in diretta tv sul canale dedicato), accusato di aver ucciso la moglie. Della quale, scomparsa da alcuni giorni senza lasciare tracce, non è stato però ancora trovato il cadavere. Gli anziani della Chiesa decidono allora di rivolgersi allo psicologo forense Philip Taiwo, perché faccia chiarezza su quanto successo e riesca a dimostrare l’innocenza del vescovo, a loro dire incastrato ingiustamente dalla polizia. Taiwo non è sicuro di voler accettare, non amando più di tanto queste chiese da avanspettacolo, ma decide poi di proseguire nell’incarico spinto dalla sorella Kenny, che di recente si era avvicinata alla Grace Church. Scoprirà una verità spiacevole, che a dire il vero il suo intuito gli aveva suggerito fin dall’inizio.

Si legge benissimo questo piacevole romanzo di Kayode, grazie alla scrittura piana e scorrevole dell’autore e alla sua tecnica narrativa molto ben costruita, che introduce gli eventi in modo logico e accattivante e sa costruire con abilità imprevisti e colpi di scena. Mi piace molto Philip Taiwo, che ha qualcosa degli investigatori dei gialli classici anglosassoni nel suo rigore analitico, ma ha anche improvvise intuizioni e colpi di genio che me lo fanno associare alla simpatia del tenente Colombo dell’indimenticabile Peter Falk. E anche i personaggi di contorno, se così si può dire, come il fedele ex-mercenario Chika (comparso già nel romanzo precedente) sono molto ben caratterizzati.

Kayode fa un romanzo di denuncia sociale e ci spiega con lucidità quali sono i vincoli, le scomode eredità del passato, i meccanismi sociali e politici che tengono bloccata la sua Nigeria. La terra delle ombre perché dietro ogni fatto ci sono lati oscuri che svelano gli abissi di corruzione, aridità culturale e peso delle tradizioni negative che non permettono alle persone di liberare realmente la loro forza. C’è anche un altro aspetto molto interessante in questo lato sociale del romanzo: Taiwo torna in Nigeria dagli Stati Uniti e spesso Kayode, che conosce bene quel paese, mette a confronto i due ambienti, facendoci scoprire che la “modernità” ha toccato l’Africa molto spesso negli aspetti più negativi importati dall’Occidente. Viceversa, alcune caratteristiche della cultura africana derivante dalla tradizione di quei paesi, con il suo portato di conservatorismo, esistono in altra forma anche da noi. Una sorta di “globalizzazione delle ombre” per dirla con l’autore. Ma non pensiate che Taiwo sia l’investigatore maledetto e segnato indelebilmente dalla vita come lo sarebbe se fosse un personaggio “occidentale”. Non c’è nulla in lui dell’eroe maledetto e disincantato. In Kayode, che nella “Terra delle ombre” critica chi mercifica la religione per costruire una carriera personale, c’è piuttosto tanta speranza e una sana religiosità positiva, come traspare dai ringraziamenti finali, che, come al solito, custodiscono molto dell’opera. Taiwo (di cui sentiremo certamente ancora parlare) è la speranza di una nuova Africa, libera da tutte le schiavitù del passato e del presente, per la quale non possiamo che fare il tifo con entusiasmo.

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La terra delle ombre
  • Kayode, Femi (Autore)

Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 144 articoli:

Libri della serie "Philip Taiwo"

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