
E’ con un insolito slancio e un pizzico di soggezione che mi appresto a parlare del romanzo, fresco di uscita, La verità non esiste, pubblicato da Entheos. Ciò è dovuto a una doppia circostanza niente male: il fatto che si tratti dell’opera di esordio e che l’autore sia, mi si perdoni il cameratismo ecumenico, un “collega”, ovvero Davide Luciani, collaboratore di Thriller Café. E come nella più poetica delle metamorfosi, quando dalla crisalide nasce una farfalla, il lettore si trasforma in scrittore, e il recensore diventa recensito.
Pescara, giorni nostri. La città abruzzese vive ore d’angoscia. Uno stupratore seriale sembra scegliere le vittime in maniera del tutto casuale, si introduce nelle loro abitazioni e commette l’atroce crimine senza lasciare alcuna traccia degna di nota per poter risalire all’identità. Gli inquirenti brancolano nel buio, e il Commissario Carli, tramite una conoscenza in comune, decide di avvalersi della consulenza di Jovis Keelford, investigatore quasi per caso noto alle forze dell’ordine.
Contemporaneamente, Jovis viene avvicinato da un’ambigua e provocante donna, ex moglie di Giacomo e vecchio amico di Jovis, la quale gli lancia una sfida: scovare il vero responsabile della morte, apparentemente accidentale, di Nicola, altra conoscenza storica. I tre, insieme a una ragazza di nome Ilaria, avevano formato un inseparabile e affiatato quartetto in età adolescenziale, soprannominato dagli stessi componenti GJNI (acronimo delle rispettive iniziali).
I due rompicapo si fonderanno l’uno nell’altro e metteranno a dura prova l’acume di Jovis Keelford, costringendolo a dover far i conti con un passato, proposto in alternati flashback, che si rivelerà fitto di lati oscuri e alquanto enigmatico.
Il protagonista, già dal nome di chiare origini anglosassoni e dalla spiccata attitudine alla deduzione, non può che evocare il celebre e immortale Sherlock Holmes. La fattispecie mi ha ricordato una recente versione , anch’essa in chiave moderna, proposta da un’eccellente serie televisiva di qualche anno fa dal titolo “Elementary“, soprattutto per il passato familiare irrisolto e un deciso anticonformismo (Jovis è un luddista convinto e detesta il cellulare).
Niente è quel che sembra e la verità, anzi, le molteplici verità legate alle azioni dei singoli comprimari, che gravitano attorno a Jovis, appariranno parziali e sfuggenti, e ciascuno darà la costante sensazione di avere qualcosa da nascondere. Sono di riflesso i richiami anche a opere quali “Assassinio sull’Orient Express” oppure al più recente film “Cena con delitto“. Tuttavia, nonostante a un primo impatto si presenti con alcuni cliché tipici del genere, La verità non esiste si legge tutto di un fiato, e questo grazie all’autore che dimostra una notevole abilità a destreggiarsi con una trama non lineare e a tenere viva l’attenzione mantenendo fede al giallo più classico e avvincente, il cosiddetto whodunnit.
Il processo deduttivo in genere, soprattutto privo dell’ausilio di mezzi tecnologici o di altri artifici, è sempre coinvolgente, in particolare quando è al servizio della risoluzione di un atto criminoso. Essere in grado di decifrare, solo con l’aiuto dell’intelletto e del proprio spirito d’osservazione, ciò che appare semplicemente frutto del caso, nella più assoluta, e illusoria, incoerenza schematica.
Mi è rimasta impressa una frase molto appropriata e quanto mai riassuntiva enunciata dallo Sherlock Holmes del telefilm: È raro che io abbia dei dubbi sulle decisioni che prendo. È il bello della logica deduttiva, suppongo. Trasforma in scienza quasi tutto.
Se non ci credete, chiedete a Jovis Keelford.
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