Dopo “La volontà del male”, uscito nel 2019, l’editore NN ha fatto da poco uscire il primo romanzo di Dan Chaon: “Il riflesso del passato”, datato 2004 e mai tradotto prima in Italia, che propone ai lettori per la traduzione di Silvia Castoldi (che ci regala una piccola bellissima post-fazione al termine del romanzo). Stiamo parlando di un autore americano purtroppo poco noto in Italia, ma pluripremiato nel suo paese e dal talento cristallino.
Ne “Il riflesso del passato”, Chaon ci racconta una storia che ha due protagonisti, seguiti nell’evolversi delle loro vite fin dalla nascita. Vittime di famiglie disgregate, incapaci di fornire loro un ambiente adatto alla loro crescita, Jonah e Troy sono costretti a crescere prima del dovuto e in circostanze a dir poco svantaggiose. Figli di un’America immatura e disperata, sono travolti dalla vita prima che si rendano conto di che cosa questo possa significare e, privati anche della speranza, vivono nell’angoscia, come afferma Jonah all’inizio della storia, quando dice “Il vero terrore era che una volta non esistevamo e, poi, siamo stati costretti a esistere”.
La tecnica narrativa dell’autore, come già in “La volontà del male”, è quella di giustapporre eventi che appartengono a momenti temporali diversi. Questa tecnica, apparentemente difficile da orchestrare, è molto efficace, perché permette al lettore di apprezzare i dati salienti della storia da molteplici punti di vista, costruendo per passi successivi e da angolazioni differenti la propria visione degli eventi. Anche grazie a questa tecnica, Chaon ci comunica che la realtà è qualcosa di estremamente sfuggente e precario e l’atmosfera dei suoi racconti è sempre onirica e sospesa, alternata spesso a sogni dei protagonisti, mai chiara, mai certa. Inoltre, in ogni sequenza narrativa, ci sono fili sottili che richiamano altre parti del racconto, come in una grande rete in cui ogni nodo è legato a un altro, proprio come lo sono le vite di Jonah e Troy.
I luoghi fisici che Chaon esplora sono le sterminate pianure del Midwest. Gli stati “anonimi” dove scorre il fiume Missouri e dove esistono solo grandi coltivazioni e grande solitudine. Non è sicuramente l’America del mainstream, ma quella dei dimenticati. Quella che una volta era terreno di epiche battaglie lungo “la frontiera” e che oggi ha dimenticato le civiltà native, relegandole nelle riserve e condannandole a un’estinzione culturale o al più a un meticciato marginale. La frontiera e l’America rimosse, che ogni tanto si ripresentano a chiedere il conto. Un’America poverissima, piena zeppa di predicatori su misura e di chiese di ogni tipo.
La fuga può allora sembrare una via d’uscita ed è per questo che Jonah, per fuggire da questi luoghi dimenticati, si trasferisce a Chicago. “Il grande battito del mondo, che pulsava debole a Chicago, si spegneva del tutto nel propagarsi verso le pianure”, ci ricorda Chaon. Ma dopo una serie di vicissitudini, incapace di destreggiarsi nelle complicazioni della grande città, decide di tornare alla provincia, richiamato da una sorta di intrigo che sta cercando di risolvere con una sua personale inchiesta. Al termine delle sue ricerche, gli si svelerà una nuova faccia della realtà che neanche lui stesso si immaginava di scoprire.
Chaon dipana la trama dei suoi romanzi lasciandosi quasi trasportare dagli eventi, in un andirivieni tra passato e presente che ci ricorda la difficoltà di attribuire una direzione certa e un senso alla vita. In un turbinio di situazioni, siamo costretti a decidere che strada prendere senza aver capito cosa ci aspetta e senza sapere a cosa stiamo rinunciando. Non rimane che vivere il presente, assorbendone il più possibile tutta la ricchezza, sperando che il caso possa riservarci la piccola grazia di un attimo di felicità.
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