Il 12 gennaio 2017, Bollati Borlinghieri ha pubblicato il romanzo L’apparenza delle cose di Elizabeth Brundage, tradotto da Costanza Prinetti Castelletti. Lo recensiamo oggi su Thriller Café.
Un tardo pomeriggio d’inverno nello stato di New York, George Clare torna a casa e trova la moglie assassinata e la figlia di tre anni sola – da quante ore? – in camera sua. Da poco ha accettato un posto di insegnante di Storia dell’arte in un college locale, e si è trasferito con la famiglia in una fattoria che le voci di paese vogliono «stregata»: pochi anni prima, è stata al centro di un altro fatto di sangue, la morte di una coppia di agricoltori, che ha lasciato tre figli adolescenti. George diventa subito il sospettato numero uno, e mentre i suoi genitori tentano di salvarlo dalle accuse, e lo sceriffo cerca prove di colpevolezza, la cittadina opta per un intervento soprannaturale, che sembra confermato da strane apparizioni di oggetti, gelide folate di vento. I tre ragazzi orfani si ritrovano presto invischiati nel mistero, visto che l’omicidio è avvenuto in quella che era la loro vecchia casa d’infanzia.
Un incipit da Thriller per un romanzo poetico e struggente
La scrittrice ambienta il romanzo a Chosen, una sperduta cittadina dello Stato di New York. Due le storie principali che si intrecciano: quella di George Clare, professore d’arte, e la sua famiglia; e quella dei tre giovani fratelli Hale (Eddy, Cole e Wade), rimasti orfani, dopo il suicidio di entrambi i genitori. Al centro di tutto, la fattoria comperata da Clare all’asta, dopo che la banca ha cacciato fuori i giovani Hale.
Il primo capitolo, con il ritrovamento del corpo della moglie di George, uccisa con un’ascia in una fattoria isolata, sembra simile a molti altri thriller o horror americani, ma è solo un’impressione. La ricerca della verità e del nome dell’assassino non avviene per mezzo della solita indagine. ElizabethBrundage, nei capitoli seguenti, con uno scarto stilistico e di genere, ci conduce in un mondo rurale che ricorda i grandi romanzieri americani della prima metà del novecento. La scrittrice ci riporta indietro nel tempo, raccontandoci la storia della famiglia che aveva vissuto in precedenza nella fattoria “maledetta”, e risale lentamente gli anni sino alla notte dell’omicidio. Mentre divoravo (letteralmente) le pagine di L’apparenza delle cose, mi venivano in mente i capolavori di John Steinbeck, soprattutto la sua capacità di creare un realistico affresco delle forti e oscure passioni che si celano nelle piccole comunità americane, ma anche la profonda componente religiosa di cui è intrisa la letteratura americana dai tempi di Nathaniel Hawthorne (1804 – 1864).
Avevano fede – soprattutto nel buon Dio. La nonna diceva sempre il buon Dio qui e il buon Dio là. Diceva che la maggior parte delle persone erano buone dentro, dove contava. Devi dargli la possibilità di dimostrarlo, diceva sempre. Alcuni ci mettono più tempo, ecco tutto. Le piaceva fare dolci di zucchero caramellato colorato, e lasciava a Cole il compito di romperli in mille pezzi. Cole si arrampicava sullo sgabello in cucina, sminuzzava la dura lastra di zucchero e ne ricavava tanti pezzetti colorati simili a quelli delle vetrate di una chiesa. La nonna ne prendeva uno e lo teneva davanti alla luce della finestra, proiettando così macchie di colore sulla parete. Abbiamo la chiesa in casa, diceva.
La scrittura di Elizabeth Brundage è, inoltre, poetica e suggestiva. Ad un certo punto, quasi ci dimentichiamo della morte violenta iniziale, trasportati come siamo in un mondo di lotta e sopravvivenza giornaliera, dove ciò che conta è la forza interiore dei personaggi; la loro capacità di resistere all’esistenza. Stupendi i personaggi femminili, intensi, forti e patetici. Ella Hale, ad esempio, rimane impressa per il sentimento di solitudine che pervade i suoi pensieri di moglie e madre dei giovani Hale, e per i sogni che si scontrano con la dura realtà quotidiana.
Eppure continuava ad accarezzare un mucchio di sogni frammentati. L’aveva fatto per tanti anni, così aveva una vasta collezione di possibilità che cantavano per lei come campanelle. Aveva sempre desiderato tornare a scuola, diventare infermiera … Ma si era innamorata di Cal e non c’era stato più nient’altro.
Quasi un alter-ego di Ella, è Catherine la moglie di Clare, uccisa nella sua camera da letto.
Il fiume rendeva Catherine pensosa e un po’ malinconica, e quando guardava dalle finestre sporche cercava di ricordare se stessa – la ragazza che era stata prima di conoscere George, prima di sposarlo … Prima di lasciarsi alle spalle Cathy Margaret – la sottile ragazza con le gambe lunghe e la coda di cavallo, ormai abbandonata per compiti più importanti come cambiare pannolini, stirare camicie, pulire il forno. Non che si lamentasse o che fosse infelice; in generale era contenta. Ma sentiva che doveva esserci qualcosa di più nella vita, una ragione più profonda di esistere, uno scopo più significativo; se solo fosse riuscita a scoprirlo.
Ed è non poco inquietante che entrambe queste donne muoiano, lasciando i loro figli, la loro unica ragione di vita. E che muoiano deluse dai propri compagni, mariti narcisisticamente chiusi nel loro mondo patriarcale.
Stupenda anche la giovane e disperata Willis Howell, che odia e ama la vita troppo intensamente, per riuscire ad essere veramente se stessa.
Willis ricominciò a baciarlo dappertutto, ma lui la fermò. Non voleva che gli facesse un favore come a tutti gli altri. La baciò con dolcezza, e lei ridacchiò come una bambina e nascose la faccia nell’incavo del suo braccio. Poi cominciarono a lottare e lei si comportava come un maschio, come uno dei suoi fratelli, magra e scatenata, lottavano sul serio e non era sesso, non le aveva nemmeno sfilato i pantaloni – era qualcos’altro, qualcosa di vorace e fisico, la conferma che nessuno dei due sarebbe mai stato veramente appagato.
Ma meravigliosi sono anche alcuni personaggi secondari, profondamente vivi e intensi, come lo zio degli orfani. Si tratta di un personaggio equivoco, che vive mandando avanti una strana attività che si serve di ex galeotti, sottopagandoli, ma che, al tempo stesso, si prende cura con amore e dedizione dei figli della sorella, cercando di offrire loro un’esistenza migliore. Molto bella la scena in cui compera un paio di scarpe nuove ad uno dei nipoti, ma ancora più poetica e carica di significato è quella in cui acquista un’enciclopedia, che viene collocata in casa come si trattasse di un tesoro prezioso.
I fratelli costruirono alcuni scaffali con blocchi di calcestruzzo e assi di legno e ci sistemarono i libri mentre Rainer li osservava con le mani sui fianchi. Niente male, ragazzi, niente male. Gli occhi gli scintillavano di gioia e orgoglio, e anche Cole si sentiva fiero. Da quel momento in poi, prima di andare a dormire, suo zio gli chiedeva di leggere qualcosa ad alta voce. Cole sceglieva un volume e chiudeva gli occhi mentre sfogliava le pagine avanti e indietro, poi con il dito indicava un punto a caso. Leggeva di antiche civiltà, aerodinamica, castelli medievali, India, tassidermia. Nella vita non si finisce mai di imparare, diceva Rainer. Non restare ignorante come tuo zio.
Il “domestic noir” e l’apparenza delle cose
L’apparenza delle cose si inserisce nel filone del “domestic noir”, un sottogenere del poliziesco, cui appartengono best-seller come La ragazza del treno di Paula Hawkins, L’amore bugiardo e Nei luoghi oscuri di Gillian Flynn. La definizione “domestic noir” è nata nel 2013, quando la scrittrice Julia Crouch stava cercando un modo per descrivere i suoi libri. Ne abbiamo già parlato nell’articolo “La pietra di Luna di W. Collins”, sottolineando come i romanzi di Collins avessero anticipato di quasi 150 anni questo genere. Una caratteristica del “domestic noir”, così come del nuovo romanzo di Elizabeth Brundage, è la sensibilità e la capacità delle protagoniste di vedere il mondo che le circonda da una prospettiva diversa.
Il titolo stesso del romanzo sta proprio ad indicare quanto sia difficile scorgere la verità, al di là della superficie; e quanto sia facile nascondere la psicopatia dietro un’apparenza di quotidiana normalità. Il romanzo è un continuo richiamo a questo velo oltre il quale si cela la verità.
… per un attimo la madre aveva guardato la finestra, i rami del salice che grattavano il vetro, e in quel momento Cole aveva visto la donna che era davvero sotto quella che lui conosceva come madre, e si era spaventato.
La bravura della Brundage è di essere riuscita a descrivere, in modo credibile, come uno psicopatico può inserirsi perfettamente nella società, senza che nessuno abbia alcun sospetto. È così che una persona, caratterizzata da egocentrismo e deficit di empatia e rimorso, capace di nascondere i propri pensieri ed emozioni, per cui ingannare la società e le persone è quasi un diritto, riesce a nascondersi anche all’interno di una piccola comunità. Solo l’intuito femminile di Willis, Justine e Cathrine riesce a strappare, anche se solo parzialmente, la tela di menzogne intessuta dall’assassino.
Questo splendido romanzo ricorda per molti versi un altro capolavoro di qualche decennio fa: Nella notte un grido di Mary Higgins Clark. I fan dell’ottantenne scrittrice americana mi perdoneranno se oso dire che L’apparenza delle cose è migliore. Nella notte un grido era solo un bel thriller, molto avvincente e colmo di suspense. L’apparenza delle cose è più lento, più studiato, e soprattutto molto più realistico e credibile. La Brundage crea una specie di affresco a più voci, soprattutto femminili, che svelano a mano a mano cosa si nasconde dietro il terribile omicidio. Come ha ben scritto Piero Soria per la Stampa (Tuttolibri), il romanzo si snoda in “una galleria di scene di vita che sbocciano, si intersecano, scavano caratteri e situazioni quasi sempre inattese. Ma tali da far avanzare sempre più la comprensione dei fatti, come un dipinto che, prima di essere finito, ha bisogno che tutte le pennellate escano dall’arcano dell’immaginazione prima di diventare realtà.” (cfr.Elizabeth Brundage, delitto a colpi d’ascia nella vecchia fattoria)
Elizabeth Brundage, uno stile cinematografico
Elizabeth Brundage, dopo essersi laureata all’Hampshire College, ha frequentato la NYU Film School, l’American Film Institute di Los Angeles. Attualmente insegna sceneggiatura in varie università.Il modo in cui L’apparenza delle cose è stato costruito mostra le tipiche tecniche utilizzate nel cinema e nelle serie televisive. Il modo in cui la Brundage struttura il romanzo, con l’omicidio all’inizio e i capitoli successivi dedicati a lunghi flash-back, richiama i capolavori del noir americano degli anni quaranta. La Brundage, però, va molto oltre, destrutturando l’ordine cronologico degli eventi della storia, così come accadde nel capolavoroRapina a mano armata di Kubric.
L’apparenza delle cose, un thriller di “classe” – Il futuro del genere Thriller e Noir
La mia opinione è che L’apparenza delle cose sia uno dei migliori romanzi che ho letto in quest’ultimo anno; un romanzo di “classe“. Finalmente un thriller diverso, che smette di scimmiottare i soliti schemi obsoleti, fin troppo abusati, che iniziano sinceramente a stancare. Elizabeth Brundage si serve del thriller e della suspense solo per attirare più lettori nel suo mondo letterario, costituito da immagini poetiche, raffigurazioni realistiche e intensi scavi psicologici, e decine di citazioni pittoriche: Winter Afternoon di George Bellows; Les Raboteurs de parquet di Gustave Caillebotte; River in the Catskills o le Cascate di Kaaterskill di Thomas Cole; Giovane orfana al cimitero di Delacroix; L’Origine del mondo di Gustave Courbet.
L’apparenza delle cose è uno di quei romanzi che sembrano voler confermare quanto aveva profetizzato il purtroppo misconosciuto Roberto Barbolini, uno dei più intelligenti e arguti conoscitori del genere “popolare”:
Se abbandoniamo per un attimo le parrocchie delittuose e penetriamo nei dignitosi vicariati della Grande Letteratura, scopriamo subito i percorsi eccentrici, i sotterranei cunicoli dove il « poliziesco » si è fatto rizoma, e intrecciandosi a svariate radici ha prodotto poi una vegetazione lussureggiante e barocca. Da Borges a Landolfi, da Gadda a Robbe-Grillet … Come aveva previsto già Sklovskij la crisi del romanzo tradizionale conduce, per inderogabili esigenze formali, a mutuare in modo sempre più massiccio i procedimenti della narrativa sensazionale e del mistero. Il «poliziesco» intero diventa tropo retorico e istituzione della Letteratura.
(R. Barbolini, La chimera e il terrore, Milano, 1984, p. 183
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- Brundage, Elizabeth (Autore)