Appena uscito per Fazi, oggi recensiamo il nuovo libro di Brad Meltzer, dal titolo L’artista della fuga.
I toni e le dinamiche sono quelli del classico blockbuster hollywoodiano, tanto che non si fatica a immaginare che Jim Zigarowski detto Zig, uno dei due protagonisti, abbia il volto di Harrison Ford, alla maniera non solo del primo Indiana Jones ma, ancor più, del Jack Ryan di “Giochi di potere”, pellicola del 1992 tratta da “Attentato alla corte d’Inghilterra”, romanzo del 1987 di Tom Clancy. I tempi però sono cambiati, e se Jack Ryan incarna il classico agente incorruttibile, figlio della guerra fredda, orgogliosamente parte di un sistema anche se non soprattutto quando si oppone alle sue storture, “Zig” è un personaggio molto più sfaccettato: introverso, a suo modo fragile, preda di un passato doloroso che sarà disseppellito, in modo anche traumatico, soltanto nelle ultime pagine del libro. Inoltre Zig, protagonista comunque classico, indiscutibilmente schierato, per quanto in modo sofferto, dalla parte giusta, racconta soltanto metà della storia immaginata da Brad Meltzer, narratore esperto, che ha conosciuto il grande successo di pubblico e critica già a partire dal suo esordio “Il decimo giudice” (la cui prima edizione risale ormai a venti anni fa).
Gli elementi forse più interessanti e significativi di questo suo “L’artista della fuga” sembrano essere rappresentati dalla figura della co-protagonista Nola Brown e da quello che, per lungo tempo, pare caratterizzarsi come l’antagonista: costui è noto soltanto attraverso il soprannome che si è scelto. Un soprannome pesante, quello di Harry Houdini. Il celebre illusionista, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, noto soprattutto per le sue fughe impossibili, inquadra il tema del mistero e del complotto in una luce del tutto originale. La sua vita e le sue imprese, non soltanto come prestigiatore, ma anche come, potremmo dire, fact checker e smascheratore di diversi sedicenti medium, costituiscono una sorta di fil rouge.
Seguendolo, a mano a mano che il ritmo accelera e le riflessioni e le indagini si inframmezzano sempre più spesso all’azione, riusciamo a osservare, in controluce, la vicenda, non solo nella sua potente dimensione di attualità, ma anche in equilibrio con un lontano passato, ammantando una dolorosa realtà con un tenue alone di quella che, a primo sguardo, pare magia. Nola Brown però non crede alla magia, si fida soltanto della sua sviluppatissima capacità di osservazione. C’è qualcosa di poco chiaro nella trasferta che la conduce in Alaska, al seguito di una delegazione dell’esercito americano in cui milita come sergente, lo intuisce da alcuni piccoli particolari. Uno, soprattutto, che la richiama a un passato mai davvero sepolto. La sua curiosità rischia di costarle la vita, a morire invece è un’amica e collega che, per una circostanza fortuita, prende il suo posto sul volo che dovrebbe tornare alla base e, invece, si schianta al suolo.
Anche Zig lavora per l’esercito, è il miglior imbalsamatore della base di Dover. Molto tempo prima, la sua strada e quella di Nola, all’epoca ancora una ragazzina, si erano incrociate e quando alla base viene annunciato l’arrivo del cadavere del sergente Nola Brown, è lui a reclamare l’incarico di prepararla per l’ultimo saluto. Nel farlo però, si rende conto che la ragazza non è Nola ed è questo a far scattare in lui la molla del sospetto, che lo porterà lontano, molto al di là di quanto oserebbe immaginare, fino a essere costretto a scelte difficili, che metteranno a repentaglio la sua stessa vita, oltre a quella di Nola. Ma Zig, in fondo, ammette di avere un modo di ragionare piuttosto manicheo: divide le persone in chi ha cuore e chi non ne ha. Non ha dubbi su di sé e, quando si tratterà di dover scegliere, sarà tra i pochi a non nutrirne neppure su Nola, malgrado quella che pare un’evidenza incontrovertibile.
Solo grazie al coraggio e, potremmo dire, alla cocciutaggine, di questi due indimenticabili protagonisti sarà possibile chiarire una vicenda intricata, che come nella miglior tradizione del genere porta in alto ed è coronata anche dall’immancabile colpo di scena finale.
Recensione di Damiano Verda
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