Un tranquillo vice sceriffo del profondo West degli Stati Uniti nasconde dentro di sé i demoni che lo portano ad uccidere senza pietà.
Un grande classico della letteratura noir americana rivive nella nuova edizione di HarperCollins Italia. L’assassino che è in me è il romanzo che ha reso celebre Jim Thompson, tanto che perfino il regista Stanley Kubrick ne rimase talmente colpito da scegliere Thompson come sceneggiatore per alcuni suoi film.
Il racconto è scritto tutto in prima persona attraverso la voce narrante del protagonista.
Lou Ford è il vicesceriffo di una piccola città del Texas. Una persona semplice senza particolare talento; lento, prevedibile, scontato, a tratti un po’ saccente e noioso. Un classico “bravo ragazzo” che ha una parola buona per tutti e non perde mai la calma.
Nessuno però sospetta che quell’atteggiamento sia soltanto una maschera, la recitazione di un personaggio stereotipato “uno stupido ragazzo dell’entroterra texano” che Lou ha costruito nel tempo per difendere se stesso e gli altri dal male oscuro che alberga dentro di lui. Ogni giorno Lou compie grandi sforzi per tenere a bada la sua ferocia “la malattia” – come lui la definisce – scatenata da un episodio della sua infanzia accompagnata da un terribile segreto conosciuto solo dal padre, l’unico che ha cercato di curarlo e tenere sotto controllo per evitare che si ripresentassero episodi violenti.
La vita del vice-sceriffo si svolge senza particolari patemi, un impiego semplice da svolgere, qualche ubriaco da mettere dentro, qualche favore da elargire per conto di qualcuno qua e la. Eppure Lou è figlio di un dottore, ha studiato e ha notevoli conoscenze soprattutto in campo medico, è giovane, è fidanzato da anni con la ragazza più carina del paese, Amy, ma nonostante tutto sembra immune dall’ambizione di uscire dal suo paesino per farsi una vita migliore ed aspirare ad ottenere un lavoro più appagante. Lo sceriffo che gli vuole bene, sembra volerlo spingere in questa direzione, quella di cercare di realizzarsi altrove, mentre Amy lo pressa per costringerlo a sposarla, stranamente però Lou sembra non voler guardare al di là della punta dei suoi stivali tanto che non è mai uscito dal suo paesino in tutti questi anni, preferisce vivere nella sua confort-zone anche se nessuno capisce il perché. Lou invece conosce bene le sue qualità e i suoi limiti, il male non lo ha abbandonato e infatti basterà una piccola occasione per farlo esplodere in tutta la sua ferocia assassina.
Leggendo questo romanzo è sorprendente scoprire che sia stato scritto addirittura nel 1950. Infatti Thompson fu apprezzato come autore solo molti anni dopo, ed oggi è considerato uno dei grandi maestri e precursori del genere thriller e noir. L’immedesimarsi nella mente criminale calandosi nel personaggio fino agli abissi più profondi del male, rappresenta da parte dell’autore una scelta stilistica e narrativa del tutto innovatrice per l’epoca, così come l’uso di un registro narrativo duro e diretto, con un intercalare condito da espressioni gergali tipiche del parlato di quella zona degli Stati Uniti, comprese le imprecazioni o l’utilizzo di dialoghi violenti e aggressivi dal punto di vista verbale e la descrizioni di azioni violente, sadiche e omicide messe in atto dal protagonista. Un altro aspetto fondamentale e a volte poco considerato e la capacità di Thompson di “far vedere” al lettore i luoghi dove si svolge la storia, non solo il tratteggio efficace dei personaggi quindi, ma anche quello dell’ambientazione quella parte degli Stati Uniti dove la gente si esprime a volte con parole desuete e ridicole, dove regnano sovrane l’ipocrisia e il pudore religioso è talmente radicato da condizionare espressioni e comportamenti. Luoghi dove gli uomini masticano tabacco, indossano ancora capelli a falde larghe con stivali a punta e sparano ad un uomo che fugge col proprio Winchester con la facilità con cui si scaccia una mosca con una mano.
Tutto questo è molto altro si può leggere ne L’assassino che è in me, senza tuttavia che manchi il pathos e il thriller, anzi il finale cela un colpo a sorpresa dove si scopre che lo scrittore con magistrale abilità è riuscito a sottrarre letteralmente la prova schiacciante sotto gli occhi del lettore catalizzando tutta l’attenzione nel racconto sul magnetico protagonista.
L’assassino che è in me resta un classico del thriller che non invecchia mai, assolutamente da leggere sempre e comunque.
L’autore
Jim Thompson, nato Anadarko nel 1906 e morto a Hollywood nel 1977, è stato scrittore e sceneggiatore di genere noir. Ha pubblicato diversi racconti, molti dei quali tradotti in film (fra cui Getaway di Sam Peckinpah e Colpo di spugna di Bertrand Tavernier). È stato sceneggiatore per Stanley Kubrick (Rapina a mano armata e Orizzonti di gloria).
Tra le sue opere: Bad Boy (Einaudi 2001), Colpo di spugna (Fanucci 2005), Diavoli di donne (Fanucci 2007), Vita da niente (Fanucci 2009), Una spaventosa faccenda e altri racconti (Fanucci 2006) e L’assassino che è in me (Fanucci 2010).
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