John Fairfax è lo pseudonimo che lo scrittore inglese William Broderick, (Bolton,1960) usa per firmare i suoi legal thriller, ormai di grande successo internazionale. “L’avvocato colpevole” è la sua ultima opera, Piemme l’ha appena mandata in libreria con la traduzione di Alfredo Colitto. Il fatto che Broderick, con un passato di avvocato, frate agostiniano e teologo, abbia assunto quel nome de plume, non può che destare curiosità. Il vero John Fairfax (1937-2012) non ebbe infatti nulla a che fare con la letteratura, né con religione o filosofia, tanto meno con la legge: fu un famoso navigatore solitario – uno dei primi -, che attraversò su barca a vela sia l’Atlantico che il Pacifico. Ma Broderick, quando dovette scegliersi uno pseudonimo pensò a lui. Perché? Azzardiamo un’ipotesi: abbandonando la professione legale, la sicurezza che si era conquistato per avventurarsi nel mare magnum della letteratura, forse William si sentì proprio come uno che in solitaria affronti l’oceano. Un solitario è anche William Benson, il protagonista di questo romanzo. All’età di venti anni Benson è stato condannato ad una lunga pena detentiva per un omicidio che sostiene di non aver commesso ma del quale, su consiglio dei suoi legali, decide di dichiararsi colpevole per ottenere uno sconto di pena. Incoraggiato da Tess de Vere, giovanissima assistente legale, decide di puntare al proprio riscatto. In carcere si laurea in legge, da l’esame di avvocato e quando, dopo dieci anni di detenzione, ottiene la libertà condizionata per buona condotta, è pronto per iniziare la professione forense. Ma per lui le difficoltà sono solo all’inizio: per l’opinione pubblica e anche per l’ordine degli avvocati è inaccettabile che un assassino reo confesso possa essere avvocato, la legge è dalla sua parte, la gente no. Per sua fortuna torna al suo fianco Tess, nel frattempo divenuta una legale di successo. Tra loro esiste un forte legame. Tuttavia gli anni di carcere hanno mutato William, che oggi è un uomo rinchiuso in se stesso, con il quale non è facile relazionarsi. Insieme affrontano un difficile caso giudiziario, difendendo Sarah, una giovane donna che tutte le circostanze indicano colpevole di omicidio ma che si dichiara innocente; William e Tess le credono. Difendendo Sarah, Benson rivive e ripercorre la sua stessa antica vicenda di innocente condannato e il romanzo rende in modo vivo ed efficace il doppio registro psicologico dell’avvocato che lottando per la propria cliente in realtà cerca la propria stessa rivincita contro l’ottusità del sistema giudiziario, la sommarietà delle indagini, il pregiudizio. Con forte caratterizzazione è reso anche il tormento di Tess; attratta da William, nello stesso tempo lo sente lontano, come estraneo a sé, fino a sospettare che il suo interesse per lei sia dovuto solo al bisogno che ha della sua collaborazione. Ma la ferma, comune volontà di salvare Sarah riuscirà a tenere vivo il loro rapporto.
Non possiamo certamente svelare l’esito di questa emozionante vicenda. Basterà dire che i suoi sviluppi sono degni della più alta e raffinata tradizione del legal thriller anglosassone e che avventurarsi nella lettura di questo romanzo offre un’emozione in tutto degna delle straordinarie imprese di Fairfax, quello vero, che solcava i mari su un guscio di noce.
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