Nel paese della menzogna la verità è una malattia, diceva Gianni Rodari, e non me ne vogliate per il gioco di parole, ma quanta verità in un pensiero così lungimirante!
Sono trascorsi poco più di dodici mesi e rieccomi a servirvi su un bel vassoio rilucente “Made in Thriller Cafè” il nuovo romanzo, fresco di uscita, di Gian Mauro Costa, giornalista palermitano di lungo corso. Allora si trattava di Ti uccido per gioco, quello di oggi, che ne è il seguito naturale, è Le bugie degli arcangeli, che vede ancora protagonista la bella poliziotta Angela Mazzola. E già dal titolo si può comprendere l’attacco con cui ho voluto esordire.
Angela Mazzola si sta rilassando a casa in compagnia del proprio labrador Stella. E’ un relax fatuo, però, perché l’habitat naturale di alcuni appartenenti alle forze dell’ordine non è il focolare domestico, bensì il lavoro, il campo di battaglia che fa sentire vivi, la lotta a oltranza per provare a scalfire le tenebre dell’illegalità con un raggio di luce fatto di giustizia e onestà. Ad Angela quindi non rimane che attendere a mo’ di vedetta, sorseggiare dell’ottimo Grillo e riflettere, non senza un filo di ansia, sull’imminente arrivo del fratello, della cognata e del nipotino.
In una Palermo solo all’apparenza sonnacchiosa, in cui la brace non si vede ma c’è e si trova appena sotto l’illusoria calma piatta, ed eccome se arde (un po’ come l’indole di Angela), avviene la misteriosa scomparsa di un agiato antiquario. Le operazioni investigative che le vengono assegnate la costringeranno a vedersela con un a dir poco sconnesso dedalo di menzogne, di segreti e di enigmi che hanno soprattutto a che fare con opere d’arte di carattere religioso, custodite da una Chiesa ancora molto impenetrabile. In perfetto stile nostrano, insomma, il caso è avvolto da quella particolarissima aura italica di ieratico mistero, dai contorni quasi soprannaturali, che alla fine, volenti o nolenti, tutto il mondo finisce per invidiarci e spesso, ad esempio con Il codice Da Vinci di Dan Brown, ci pesca a man bassa con notevole successo.
Tanto per dare un piccolissimo assaggio, ovviamente senza rovinare la sorpresa della lettura, vorrei menzionare una curiosità che incontrerete e che riguarda l’oggettistica sacra. Tornando al titolo del romanzo, la parola “bugia” avrà un duplice significato: si intenderà sinonimo sia di “menzogna” che di “reggicandela”.
Dopo l’ultimo romanzo di Lorenzo Scano, in occasione del quale vi ho parlato dell’ambientazione sarda e in particolare di Cagliari, oggi abbiamo un’altra importantissima città italiana a fare da sfondo, ovvero il capoluogo siciliano, straricco di un passato avvincente e intenso, estraneo a certe visioni convenzionali.
Dall’alto della propria esperienza di reporter di cronaca nera, Costa conferma la bravura nel mescolare abilmente, a suon di colpi di scena, le dinamiche della trama con le vicissitudini personali della protagonista, senza far mancare considerazioni di natura sociale ed etica, elementi quest’ultimi imprescindibili e che, coscientemente o meno, influenzano ogni nostra decisione, dalla più grande alla più piccola. La coriacea Angela Mazzola non si darà per vinta, al costo di doversi porre domande che riguarderanno anche il proprio passato e la propria sfera privata che la vede coinvolta in una relazione clandestina con il collega Francesco Agnello.
Non mancano, inoltre, parecchi riferimenti storici, architettonici, folkloristici e di costume che fanno davvero immergere nell’atmosfera della Trinacria.
Palermo, come ogni caotica città, col suo frastuono circadiano tende a soverchiare e ammutolire i rumore più tenui e periferici. Ma è nella calma che vanno colti i mormorii e i brusii. Sono loro che daranno un senso al fragore quotidiano. E come si chiede Angela Mazzola, oltre al buio, si può avere paura pure del silenzio?
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Articolo protocollato da Damiano Del Dotto
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