Oggi su Thriller Café la recensione Le maschere della notte, di Pieter Aspe (intervistato qualche giorno fa): vecchi palazzi, canali, ponti e chiese medievali “raccontano” il lato oscuro di un’intera società.
Titolo: Le maschere della notte
Autore: Pieter Aspe
Editore: Fazi Editore
Anno di pubblicazione: 2010
Pagine: 297
Trama in sintesi:
Nel giardino di una dimora di campagna, a seguito dei lavori di ristrutturazione, la figlia dei nuovi proprietari rinviene lo scheletro di un essere umano. Il caso è affidato al commissario Van In che viene affiancato, nelle indagini, dalla sua compagna e sostituto procuratore Hannelore. Gli esami sullo scheletro portano alla luce svariati elementi interessanti. Si tratta di qualcuno che si è sottoposto a un intervento di chirurgia plastica e di ricostruzione dell’arcata dentale. E la casa, dalle ricerche effettuate, risulta essere stata la sede di un bordello di lusso, il Love, frequentato da personaggi illustri che vivevano e vivono nella città di Bruges (Belgio). Quando le indagini sembrano arrivate a un punto morto, senza via d’uscita, con qualcuno che vorrebbe anche insabbiarle, ecco allora che una serie di colpi di scena rimettono in moto la macchina istituzionale. E tra morti e reo confessi la cronaca riesce finalmente a conferire anche gli oscar del “disonore”.
E’ Bruges la città che fa da scenario all’opera, Le maschera della notte, con la quale, per la terza volta, Pieter Aspe arriva in Italia. Ed è Bruges che abbigliata della indomabile bellezza della sua storia, segno evidente dell’eleganza e dello splendore dei tempi andati, si sveste del suo passato rimodellandosi su un presente scandito dal ritrovamento di uno scheletro. I personaggi che muovono i fili di questa oscura storia, vecchia solo di qualche decennio, non diventano mai troppo veri e mai troppo finti mentre quelli a cui ad essi si contrappongono, quelli istituzionali, vivono di un quotidiano mai troppo invasivo e mai troppo permissivo. A personaggi ironici e graffianti come il commissario Van In e il suo assistente Versavel si affiancano volti femminili di indole dolce e mai banale come Hannelore e Carine Neels che da “ingredienti” sapientemente dosati a cui l’autore fa percorrere a piedi o in macchina non solo le strade di Bruges ma anche quelle, meno note, della coscienza di una intera società, si “avvinghiano”, con le loro ventose, alle spalle dei “cattivi” senza mai mollare la presa. Così come, in modo totale e totalizzante, sono investiti e “investono” del loro potere, l’altra faccia della stessa società, quella più lasciva e fragile, uomini politici e ricchi ereditieri. Una città, Bruges, che diventa emblema di una intera nazione, di un intero continente e – perché no – dell’umanità intera che dalla penna di Pieter Aspe non esce mai estremamente cattiva, nera, e ossessiva ma assume toni sfumati che si avvicinano con leggerezza e candore al giallo. E’ giallo e anche il colore della luce che fregia le pagine di questo romanzo a cui il lettore si avvicina quasi in punta di piedi e poi si ritrova ad assaporare e a gustare con interesse sempre più crescente. Un romanzo avvincente e avvenente che a un passo dalla fine si ricompone in un ulteriore mosaico di storie e di scoperte. Una scrittura vivace che crea un movimento instancabile e insaziabile: crea la vita. Ed è Bruges che insieme ai personaggi incontrati sulle pagine del libro parlano e descrivono l’oscura e misteriosa storia; mentre, Pieter Aspe alita semplicemente su di loro.
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