C’è una strana atmosfera la sera dell’ultimo dell’anno in una stanza di un triste del Towneley Arms Hotel di Newcastle: anche se manca ancora parecchio a mezzanotte i primi fuochi di artificio iniziano a illuminare la notte, ma gli sguardi delle donne riunite a semicerchio sono tutti focalizzati su una specie di altarino sul quale campeggia Jamie Spellman. Tecnicamente in verità non sarebbe proprio Jamie Spelman ma solo la sua testa, e se anche tutte loro giurano reciprocamente non averlo ammazzato in realtà ognuno di loro ha più che validi motivi per odiarlo da più profondo del cuore.
L’ispettrice Nova Stokoe, ricci rossi, pelle candida e un insuccesso professionale a cui rimediare, deve portare alla luce come ognuna di loro l’ha conosciuto, amato, e infine profondamente odiato e capire chi infine lo ha ucciso, ma nemmeno immagina come questo caso la toccherà nel profondo.
L’omicidio è una brutta cosa, brutta e cattiva.
Tagliare la testa, non si fa.
E ora, esaurito l’ormai inevitabile tributo al politicamente corretto, parliamo di questo Le sette donne di Jamie Spellman (Marsilio, traduzione di Irene Gandolfi), romanzo di esordio di Rose Wilding, ed è onesto dire che man mano che il romanzo scorre piacevolmente nero il desiderio che l’assassina di Jamie Spellman la faccia franca si fa di pagina in pagina sempre più intenso: perché Jamie Spellman è una vera carogna, archetipo dell’uomo manipolatore, subdolo, convinto di essere un dono e una benedizione per tutte le donne che entrano nella sua vita e che inevitabilmente rovina con calcolo e
sprezzante indifferenza.
Il titolo originale “Speak of the devil” rende più l’idea di fondo, sia in termini di contenuto che di tono generale del romanzo, che è quella di una vendetta dai contorni biblici (Levitico 24,20: Occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all’altro), e che Rose Wilding sceglie di trattare utilizzando l’arma dell’ironia e di un black humour: una scelta nulla sottrae alla potenza del racconto, alla profonda comprensione per le storie personali per vittime che a un certo punto hanno scelto di non esserlo più. L’omicidio nella vita reale non è la via che chi scrive si sentirebbe di sottoscrivere, ma nel romanzo ha una grandissima forza liberatrice, una sorta di bilanciamento karmico, una giustizia – sommaria sì, ma non per questo meno giusta – per donne che hanno subito moltissimo e che riescono a creare un legame e una reciproca solidarietà che le fa sentire comprese e protette e dà loro forza.
La Wilding ricostruisce le storie delle donne la cui vita è stata devastata da Sepllman: la zia che lo ha allevato, l’ex moglie, la collega, l’ex amante e l’amante adolescente, la donna conosciuta in chiesa e sua figlia che per Spellman farà una brutta, fino alla giornalista che Spellman aveva aggredito. Tutte donne che sono state studiate, analizzate, scelte con cura e devastate da un demonio bello, affascinante, affabulatore e crudele: alcune storie sono più efficaci, altre meno, ma nel complesso tutte riescono a costruire un racconto compatto che più che la vendetta cerca una giustizia riparativa per ciò che hanno subito nell’indifferenza della società.
Il romanzo, una volta che le storie cominciano a intrecciarsi, prende una direzione ben definita e scorrevole, i capitoli si susseguono per data con pochi e sintetici flashback necessari alla ricostruzione delle storie personali che non pesano sul racconto grazie a una scrittura lineare e spesso ironica: Rose Wilding però fa anche un lavoro più sottile, disseminando per tutto il romanzo quelle piccole cose di tutti i giorni che ogni donna si trova più o meno ad affrontare quotidianamente – l’accondiscendenza, il mansplaining, lo “scusa, cara” … avete presente, no? – e , se a livello conscio e razionale si provano tutti i giusti sentimenti, a livello inconscio – usando una metafora – “monta la bestia”. Diverte, appassiona e rende furiosi.
Le sette donne di Jamie Spellman è un romanzo cupo, crudo, ironico e affettuoso, con un finale soddisfacente: la Wilding dedica il romanzo “A chi è riuscita a uscirne viva, a chi non ce l’ha fatta, e a chi sta ancora combattendo. Con amore” e nelle note spiega che “ho scritto questo libro perché sottopelle, dietro il sorriso cortese, sono sempre, assolutamente furiosa”. Amen, sorella.
Rose Wilding vive a Manchester. Quando non è occupata a uccidere qualcuno sulla carta, beve caffè, legge fantascienza femminista o posta su Instagram nuove foto – molte più del necessario – dei suoi due cani. Le sette donne di Jamie Spellman è il suo primo romanzo.
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