È un luglio afoso e torrido quello del 1967. Molti torinesi, soprattutto quelli che abitano nel centro storico, iniziano non solo a soffrire d’insonnia ma anche a vagare per le strade quasi come sonnambuli. Alcuni sono vestiti di tutto punto altri, invece, senza ritegno vanno in giro in pigiama.

Cosa mai può essere successo? È una psicosi collettiva o sono condizionati da qualche forza occulta?

Quando iniziano anche a esserci degli omicidi brutali, come ad esempio quello di un uomo afferrato per le gambe e sbattuto contro il tronco di un albero, la città perbenista di allora inizia ad allarmarsi. Chi vuole colpire proprio Torino e perché?

Chi sono quegli omoni giganteschi ai quali pare essere attribuita la responsabilità delle numerosi morti?

«”Un energumeno, un pazzo furioso si aggira nottetempo per infierire contro i nostri poveri concittadini afflitti dall’insonnia…” Ma chi poteva essere costui? Da quale manicomio era fuggito?»

Sempre in quel periodo, un gruppetto di giovani dall’aria molto perbene decide di fare un esperimento sociale: dar vita a una bizzarra biblioteca dove i torinesi potevano portare i loro scritti personali quali diari, brogliacci, lettere… in una sorta di condivisione con i concittadini.

La sede prescelta è quella di un’ala della “Piccola Casa della Divina Provvidenza” (il Cottolengo, per intenderci), luogo di cura anche per patologie psichiatriche.

Si danno, quindi, da fare per convincere i riluttanti e ritrosi cittadini a «collaborare alla fondazione di una biblioteca che avrebbe avuto per sede un padiglione del Cottolengo, abbastanza ampio da contenere scaffali e una confortevole sala di lettura. […] “Tu potrai collaborare frequentandola per leggere, oppure portando dei tuoi manoscritti che saranno archiviati e numerati e che verranno a costituire a loro volta il materiale di lettura.”»

Lo scopo originario di quest’anomala biblioteca era quello di dar voce ai cittadini che, potendo condividere con altri i loro pensieri, si sarebbero sentiti meno soli perché letti e capiti. In realtà, diventa ben presto «un limaccioso sottosuolo, un bacino di scarico dove ognuno poteva rovesciare ciò che voleva, tutta la poltiglia che teneva dentro».

Dieci anni dopo, un investigatore dilettante, del quale sappiamo molto poco se non che è impiegato in una grande fabbrica di Torino e ama suonare il flauto dolce, decide di indagare su quei “venti giorni misteriosi” e sulle atrocità che si verificarono. Si rende ben presto conto che quell’argomento è una sorta di “tabù” e che nessuno, nemmeno i parenti delle vittime, ne vuole parlare. Chi dice di non ricordare, chi afferma di avere dei vaghi ricordi confusi e chi nega di aver mai visto niente. Sempre più incuriosito, il nostro pseudo investigatore inizia a far domande insistenti (probabilmente troppo insistenti) nei bar, al mercato o intrufolandosi tra i gruppetti di persone sul sagrato delle chiese.

Ma quel vaso di Pandora non andava scoperchiato…

Quando uscì per la prima volta nel 1977 per la casa editrice Il Formichiere, Le venti giornate di Torino fu una specie di flop: pochissimi lo acquistarono. Ma quei pochi divennero una sorta di cassa di risonanza e dopo anni di oblio completo nel 2017 ricomparve negli Stati Uniti con l’acquisto dei diritti da parte del gruppo Norton. The Twenty Days of Turin ricevette un numero considerevole di recensioni, tra cui quella entusiastica del Los Angeles Review of Books, oltre alle critiche positive di scrittori come Jeff VanderMeer, figura di spicco del movimento new weird.

Grazie al successo americano, il romanzo ritornò in Italia pubblicato dalla casa editrice Frassinelli, con la postfazione di Giovanni Arduino che dedicò al libro un appassionato e dettagliato saggio epistolare dal titolo Il Diavolo è nei Dettagli – La Storia delle Venti Giornate di Torino. Oggi, l’opera di De Maria continua a risplendere di luce propria grazie a una nuova edizione pubblicata da Neri Pozza.

Con una trama distopica e surreale, il romanzo (quasi come in una sorta di preveggenza) sembra anticipare dinamiche che ritroviamo nel mondo digitale e nella società contemporanea.

La scrittura è semplice e lineare e De Maria non disdegna di descrivere anche scene raccapriccianti e deprecabili.

Consiglio la lettura di questo romanzo dal sapore apocalittico per originalità e per la capacità dell’autore di far riflettere sulla società di oggi e sulla sorta di “violenza collettiva” che sembra aver colpito il nostro mondo.

Giorgio De Maria è nato nel 1924 a Torino. È stato critico teatrale per le pagine torinesi de L’Unità dal 1958 al 1965. Nel 1958 ha fatto parte con Liberovici, Straniero, Calvino, Fortini e Amodei del gruppo Cantacronache per il rinnovamento della canzone italiana. Ha pubblicato, tra l’altro, Le canzoni della cattiva coscienza (1964, in collaborazione con Eco, Straniero, Liberovici e Jona); i romanzi I trasgressionisti (1968), I dorsi dei bufali (1973), La morte segreta di Josif Giugasvili (1976).

Le venti giornate di Torino è apparso nel 1977, dopo di che Giorgio De Maria non ha più pubblicato nulla. È morto nel 2009.

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Articolo protocollato da Luisa Ferrero

Mi chiamo Luisa Ferrero, sono nata a Torino e vivo a Torino. Dopo una laurea in Materie Letterarie ho ricoperto il ruolo, per tre anni, di assistente ricercatore presso l’Università degli Studi di Torino e ho poi, successivamente, insegnato nella scuola per oltre trent’anni. Divoro libri di ogni genere anche se ho una predilezione per i gialli, i thriller e i noir. Le altre mie passioni sono: il cinema, il teatro, il mare, la mia gatta e la compagnia degli amici... Di recente mi sono approcciata anche alla scrittura partecipando a numerosi corsi di scrittura creativa. Il mio racconto giallo "Un, due, tre… stella!" è stato inserito nell’antologia crime "Dieci piccoli colpi di lama" - Morellini Editore (luglio 2022) e il mio romanzo d’esordio "Cicatrici", finalista alla quinta edizione del concorso "1 giallo x 1000", è stato pubblicato il 31 marzo 2023 da 0111 Edizioni. Ah, dimenticavo... dal 2016 sono non vedente ma questo, in realtà, non è un problema in quanto per dirla come Antoine de Saint-Exupéry "l’essenziale è invisibile agli occhi".

Luisa Ferrero ha scritto 124 articoli: