VILDEIRRTAAEUNUSOLOEARORHCGAOBENRAOIBAI. Queste le 39 lettere da combinare per sciogliere il quarantesimo enigma contenuto nel Flateyajarbók, un libro in pergamena islandese del XIV secolo, narrante le gesta degli antichi Re norreni. L’enigma di Flatey congeniato da Ingólfsson, invece, è scoprire chi possa ancora uccidere pur di risolverlo.
TITOLO: L’enigma di Flatey
AUTORE: Viktor Arnar Ingólfsson
EDITORE: Iperborea
TRADUTTORE: Alessandro Storti
ANNO: 2012
Islanda, giugno 1960. Il cadavere sfigurato di un uomo viene trovato da alcuni pescatori su una remota isola del Breidafjörður. L’avvocato Kjartan è inviato dal Prefetto per svolgere le prime indagini e giunge all’isola di Flatey, accolto dall’ufficiale di distretto Grímur e dal suo assistente, il maestro Högni. Fresco di studi e dalla mentalità più moderna, Kjartan si muoverà con difficoltà in quella piccola comunità alquanto arretrata, il cui vissuto quotidiano è pregno di antichi rituali e piccole superstizioni legati alle saghe nordiche e, quindi, anche all’antico manoscritto conservato presso la minuscola biblioteca dell’isola. Quando si scoprirà che il cadavere è di Gaston Lund, massimo esperto danese del Flateyajarbók e rivale del professor Snorri – ritiratosi anni prima a Flatey con l’intento di studiare la pergamena – la reticenza della gente del luogo diventerà per le indagini paralizzante, come la paura che attanaglierà gli abitanti al successivo, macabro ritrovamento.
Contese alla Danimarca per secoli e rimpatriate solo nel 1971, le antiche pergamene del Flateyajarbók costituiscono le radici culturali del popolo islandese, alle quali Ingólfsson rende omaggio ambientando il suo romanzo nel luogo dove l’antico manoscritto prese vita, l’isola di Flatey.
Ecco dunque che nella finzione narrativa quel puntino sulla carta geografica a nord-ovest dell’Islanda, lungo poco più di mezzo miglio, diviene teatro di omicidi che sembrano inesorabilmente ricondurre ad un enigma contenuto nelle pergamene, che più persone ambiscono a risolvere: tra tutti, i professori Lund e Snorri, due filologi rivali che – come profetizzerà la runa risolutiva – non è possibile che abbiano singolarmente ragione piena.
L’enigma di Flatey è sicuramente un libro molto interessante e raffinato, nel quale sono trattati temi storiografici, filologici e culturali talmente pregnanti però da soffocare, in qualche misura, l’intreccio poliziesco. Le antiche saghe nordiche che fanno da contrappunto alla narrazione, ad esempio, non si rivelano particolarmente efficaci nel mantenere l’attenzione focalizzata sulle investigazioni sia perché lo schema paragrafo-saga è un po’ troppo ripetitivo, sia perché al lettore non è data nessuna possibilità di risolvere autonomamente l’enigma:dovrà infatti aspettare pazientemente che finiscano i quaranta enigmi prima che l’Autore gli consegni la chiave di volta dell’intera vicenda.
Ma l’accuratezza della narrazione e l’immersione in un mondo a tratti fantastico fa passare in secondo piano anche l’arricciare di naso del giallista più esigente e permette di valutare il romanzo per quello che è: uno splendido cristallo di neve, una trina geometrica perfetta e rigorosa, alla quale si può perdonare anche di sciogliersi troppo velocemente.
E per rimanere in tema, anche lo scioglimento finale dell’enigma è comunque garantito, tanto quanto quello – ahi noi! – dei ghiacciai islandesi.
Da segnalare, infine, la pregevole post-fazione del traduttore Alessandro Storti e le utilissime cartine geografiche all’inizio del testo. Suvvia, alzi la mano chi conosceva l’esatta ubicazione del Breidafjörður prima di aver letto il libro di Ingólfsson!
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