Romanzo di difficile lettura, oggi qui al Thriller Café recensiamo L’inumano, libro partorito dalla penna di Massimiliano Parente.
Titolo: L’inumano
Autore: Massimiliano Parente
Editore: Mondadori
Pag. 288
Basta digitare il suo nome su Google per comprendere come l’autore in questo caso sia più personaggio che autore, perché Parente stimola il dibattito, soprattutto per coloro che amano o odiano senza via di mezzo il suo tipo di scrittura, ma forse più che dibattito stimola l’arrabbiatura verso un pensiero che sembra a volte essere a tutti i costi in controtendenza, facendo apparire la cultura, là dove essa è presente, come una denigrazione dell’essere all’interno del suo retaggio…
Ne “L’Inumano” edito da Mondadori, Parente induce un umore che si trasforma nel corso della lettura, da scanzonato a scettico fino a diventare inorridito, il romanzo è pregno di teorie biologiche, certo derivanti da grandi studi ma pur sempre un po’ fuori fuoco su alcuni concetti. Thriller? Monologo intellettuale? O saggio out-sider tanto per dire le stesse cose in maniera diversa? Cosa succede a Massimiliano Parente, protagonista vero o presunto tale, creatura della sua stessa narrazione, per trovarsi ad un certo punto della storia in una stanza all’interno della quale ogni movimento gli è impedito? Le braccia bloccate come in una sorta di crocifissione e le gambe fissate su un grottesco lettino ginecologico, e all’interno della bocca un arnese circolare che lui stesso non riesce a decifrare. Chi vuole sottomettere l’uomo fino al suo disfacimento rendendolo quindi un ‘inumano’? L’umanità che ci fa conoscere Parente nei suoi deliri di prigioniero, è una umanità sobria e ubriaca, furiosa contro i paradigmi del vivere, nichilista fino allo stremo, bigotta… la sua visione della vita imputridisce come il suo corpo percosso da torture e da piaceri che sembrano compendiare la monotonia di una situazione che lui stesso non riesce a decifrare.
Eppure il protagonista è sempre quello che tentava di arruffianarsi la giuria per vincere il premio Strenna, lo stesso che sparava sproloqui con il proprio editore e non faceva remore a concedere ‘marchette’, pur di ottenere l’attenzione verso persone influenti dei quali però non nutre la benché minima stima. Dissacrante, a tratti sconclusionato, sembra a volte di trovarsi di fronte a deliri partoriti da una mente fervida. Alla fine di tutto ciò in cosa consiste “L’inumano” di Massimiliano Parente? Se lo chiede un noto Gianpiero Mughini che sullo stesso volume ha lasciato un grande punto interrogativo. Quello che avviene al protagonista è un disfacimento della forma in quanto umano, per divenire una sorta di ‘sottoprodotto’, un oggetto da utilizzare, profanare, fino a impedirne ogni volontà. Qualcuno dice che la nostra ‘italietta’ è satura di chi scrive di emozioni facili, autobiografie celebrative, storie d’amore troppo puritane, in questo volume non vi è niente di tutto ciò. Un libro adatto a un pubblico distratto che non si esime nell’affrontare testi affollati di idee, ma che diventa anche una spaventosa analogia della vita per un libro che sicuramente non ha eguali. Una nota che non può passare inosservata è la presenza di un linguaggio forte, di scene erotiche che rasentano la pornografia, tanto da indurre l’ignaro lettore a chiedersi di non aver sbagliato scaffale… Se Massimiliano voleva stupire ci è perfettamente riuscito, se voleva provocare, idem… se voleva esacerbare il suo bisogno di sentirsi un narratore diverso dal contesto nel quale vive, forse ci è riuscito in parte, perché cercare la diversità a tutti costi spesso risulta presuntuoso. O forse azzardato nel suo caso?
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