Oggi su Thriller Café in anteprima il primo capitolo del nuovo atteso romanzo di Joe Lansdale, Londra tra le fiamme, di prossima uscita per Fanucci (traduzione di Luca Conti).
Prima di lasciarvi all’incipit, vi segnalo la trama del libro, che è questa:
Ned è vivo… Incredibile ma vero. Ned la foca, uno dei protagonisti di “Fuoco nella polvere”, è sopravvissuto all’attacco subito nella sua ultima avventura. Ed è tornato per sorprenderci con una scorribanda ancora più bizzarra, che lo vedrà al fianco di Jules Verne, Mark Twain e di un giovane H.G. Wells, insieme ad altri ospiti, tra cui Toro Seduto, una scimmia marziana, un robot a vapore e un sigillo intelligente (e futuro romanziere da due soldi), dal cui diario attinge gran parte della narrazione. Sullo sfondo di un’invasione marziana nello stile della “Guerra dei mondi” c’è la storia di Ned la foca, avventuriero, scrittore futurista e amante dei pesci, precipitato in un mondo che non ha scelto. Oltre a lui incontreremo Rikwalk, la scimmia alta 12 metri, ma anche Beadle e John Feather, Signori del gigante di metallo delle praterie, un essere creato per annientare le macchine da guerra dei marziani. Tutti devono affrontare la devastazione causata da un viaggiatore nel tempo, il protagonista del romanzo di H.G. Wells “La macchina del tempo”, che ha aperto, moltiplicandole, crepe nel continuum temporale.
E il romanzo inizia così:
Nella casba di Tangeri, infagottato in un abito bianco pieno di macchie, Samuel Langhorne Clemens – meglio noto come Mark Twain, sudato come un gelato, sbronzo come un bonzo e fetente come un deficiente – se ne stava sdraiato su un materasso floscio da cui cadevano piume e polvere e, alla luce di una lampada, rifletteva sulla scomparsa delle proprie scarpe e sull’enfio cadavere di Huck Finn, la sua scimmietta. Huck giaceva sull’unico scaffale di quella minuscola topaia, tumefatto e ricoperto da grosse mosche bluastre. Dal culo gli ciondolava uno stronzo a forma di fico e altrettanto grosso, e la lingua che gli spuntava dalla bocca sembrava voler strisciare verso luoghi più sicuri. Indossava ancora – glieli aveva fatti infilare lui – il cappellino rosso col laccio sottomento e il panciotto verde, ma non c’era più traccia dei calzoncini scarlatti da cui, per questioni di spettacolo, sbucavano le chiappe nude.
Twain non riusciva a capire perché ci fosse rimasto secco. Restava comunque il fatto che, per qualche arcano motivo, Huck era morto e senza brache e che, in un’ultima esplosione gastronomica, era riuscito a incollare quello stronzo a forma di fico su uno dei due soli libri sullo scaffale – Moby Dick – mentre la sua lingua protesa raggiungeva quasi l’altro volume, Ventimila leghe sotto i mari, scritto da un caro amico di nome Jules Verne.
Ficcato tra quei due libri di avventure marinare, giaceva come in un bacino di carenaggio.
Twain si alzò con lentezza per poi chinarsi, con un sospiro, sull’animale. La stanza puzzava di scimmia e della relativa merda. Con riluttanza, afferrò Huck per i piedi ma, nel sollevarlo, si accorse che quel tenace stronzo non intendeva affatto mollare la presa sul massiccio tomo di Melville, trascinandolo con sé. Twain dette uno scossone alla scimmia: Moby Dick finì per staccarsi assieme allo stronzo. Poi sbirciò con cautela dall’unica finestra – la casba sottostante era immersa nel buio – e fece volare Huck dall’apertura.
Fu un lancio pregevole, che fornì alla scimmia un sostanziale abbrivo.
L’intero estratto di Londra tra le fiamme lo potete scaricare cliccando sul link (consigliato: tasto destro + salva oggetto)
Che dite, quanti di voi stavano aspettando questo nuovo libro dell’autore texano?
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