A voler catalogare questo romanzo, sempre che sia utile incasellare in uno specifico ripiano della libreria, Lontani parenti meriterebbe senza dubbio uno spazio sulla mensola dedicata alla storia. È opera di fantasia, anzi, inaugura la seconda decina delle indagini del vice-questore Proteo Laurenti, nato dalla penna prolifica dello scrittore tedesco Veit Heinichen, ma trasuda conoscenza ed approfondimento di una parte delle vicende che, pur accadute nel nostro territorio, dubito siano note ai più. Io stessa ammetto di conoscere molto sommariamente quanto, a Trieste ed in tutta la zona di quel confine, sia successo dopo l’8 settembre. La storia che ho studiato io non approfondiva e (diamoci un alibi, anche se fallimentare) la distanza geografica da Milano non mi ha spinto ad incuriosirmene.

Questo romanzo sopperisce alla mia ignoranza e potrebbe far da miccia a letture ulteriori, tanto è il trasporto, la dedizione che l’autore ha dimostrato nel suo lavoro di preparazione alla stesura della vicenda che, in sé, è un classico libro di genere, con una vittima – anzi una serie di vittime – con una precisa collocazione dei cadaveri su memoriali di quel periodo storico, con un’arma molto particolare (una balestra) ed un innegabile file rouge che si dipana tra i vari omicidi rimandando sempre all’indietro, alle radici storiche affondate in quella Resistenza, in figure dolenti come gli esuli di Istria e Dalmazia, reattive come i partigiani (di varie nazionalità) o biasimevoli come i domobranci (sloveni di Trieste e del Carso divenuti collaborazionisti).

Laurenti ha una squadra ben assortita, dalla calabrese Pina (un metro e mezzo di coraggio e cattiveria che mena come un cosacco) alla flessuosa Marietta (che a furia di mostrar cosce ottiene sempre informazioni utili al suo capo), dal timido Moreno Cacciavacca ad Enea, che riesce ad interloquire con quel povero homeless ridotto ad un troll dei boschi dall’odio fascista di certi contemporanei nostalgici della Xmas.  E procede nelle indagini, alternandole a frammenti rari ma affettuosi di momenti in famiglia, tra una suocera ormai svampita da qualche neurodegenerazione, una figlia che dovrebbe andar in sposa ad un avvocato tedesco che sta sull’anima a tutti; tra un figlio chef che non tollera la vita nella trincea di una cucina altrui ed una moglie gallerista d’arte ed una terza figlia incinta, sì, ma di chi?

Il metodo investigativo di Laurenti ha più del giornalistico che del poliziesco: consulta archivi e storici e ascolta testimoni più del passato che dell’attualità tra cui la preziosissima Ada, una energica novantenne che guida (anche alticcia) una Maserati e calza sempre in testa un basco alla Che Guevara. Ecco che, tra i ricordi dei sopravvissuti, e le lettere che una certa Vilma Lorenzin ha mandato a sua nipote (Eleo)Nora, noi apprendiamo (voi ripassate, d’accordo, io ho imparato) degli eccidi, delle ripercussioni ad ogni attacco della Resistenza, di soldati sovietici trucidati, dei partigiani di Tito, di Villa Trieste teatro delle torture della banda Colotti e del ruolo di vero e proprio luogo di sterminio che fu la Risiera di San Sabba.

E su questo sfondo di una città splendida ma più volte definita, dai vari protagonisti del romanzo, un covo di pazzi, sfaccendati, ubriaconi e scrittori, un “sanatorio dove anche il personale è un caso clinico”, si affaccia l’ipotesi che a muovere la mano omicida possa anche stare una motivazione positiva: riparare un torto, ripristinare l’ordine, fare giustizia, porre fine all’agonia di una persona amata, sino al finale – certamente risolutorio quanto alla catena di infilzati dalla balestra, ma doloroso per il vicequestore, frutto della considerazione, postuma ma non per questo meno atroce, per cui nessuno è innocente, se si ripensa a quel periodo storico. È Ada a doverlo ammettere: anche tra i partigiani c’erano ideologi, comunisti, cattolici, liberali, nazionalisti ed internazionalisti. C’erano gli ingenui, i furbi, i profittatori e anche gli idealisti.

E – come adesso, esattamente come adesso – “quando è venuto a mancare il nemico comune, hanno iniziato a combattere tra loro”.

Perché “i buoni esistono solo finché ci si crede”.

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Lontani parenti
  • Heinichen, Veit (Autore)

Articolo protocollato da Alessia Sorgato

Alessia Sorgato, classe 1968, giornalista pubblicista e avvocato cassazionista. Si occupa di soggetti deboli, ossia di difesa di vittime, soprattutto di reati endo-famigliari e in tema ha scritto 12 libri tra cui Giù le mani dalle donne per Mondadori. Legge e recensisce gialli (e di alcuni effettua revisione giuridica così da risparmiarsi qualche licenza dello scrittore) perché almeno li, a volte, si fa giustizia.

Alessia Sorgato ha scritto 121 articoli: