la-balera-due-soldiLa guinguette à deux sous è l’undicesimo romanzo di Maigret. Fu scritto a Ouistreham, nell’ottobre del 1931, e pubblicato da Fayard nel dicembre dello stesso anno. Nel 1937, il romanzo uscì anche a puntate sulla rivista “Police-Magazine” (dall’11 aprile al 20 giugno, dal n° 333 al n° 343), con il testo corredato da foto e disegni (si può vederne uno sulla pagina dedicata al romanzo La guinguette à deux sous, dalla Association des amis de Jacques Rivière et d’Alain-Fournier).

In Italia, il romanzo fu pubblicato da Mondadori con il titolo L’osteria dei due soldinel 1932, nella collana “I libri neri. I romanzi polizieschi di Georges Simenon” (n° 5 – dicembre 1932 – traduzione di Alberto Tedeschi). Fu ristampato nel 1935 nella collana “I Gialli Economici Mondadori” (n° 51 – 8 novembre 1935); nel 1947, 1952 e 1961 nei volumi “L’ispettore Maigret” degli “Omnibus Gialli Mondadori”.

Nel 1964, la casa editrice milanese ripubblicò il libro col titolo Maigret e l’osteria dei due soldi, tradotto da Guido Cantini, nella collana “I libri del Pavone” (numero 391, settembre 1964); riproposto nel 1968 nella collana “Le inchieste del Commissario Maigret” (I° Edizione – numero 52, febbraio 1968) e nel 1971 ne “Gli Oscar” (I° Edizione, numero 345, luglio 1971). Nel 1989, uscì una nuova edizione tradotta da Donatella Zazzi, sempre con il titolo Maigret e l’Osteria dei due soldi, nella collana “Oscar Gialli” (I° Edizione – gennaio 1989).
Nel 1994, Adelphi dà alle stampe il romanzo con il titolo La balera da due soldi, tradotto da Eliana Vicari, nella collana gli “Adelphi – Le inchieste di Maigret”.

TRAMA

Il detenuto Jean Lenoir, la notte prima di morire ghigliottinato, svela a Maigret di essere stato testimone involontario di un delitto. Una notte di alcuni anni prima, lui e un suo complice avevano visto un uomo gettare un cadavere nel canale Saint Martin. In seguito, Lenoir e il suo amico avevano ricattato per anni l’assassino, fino a che questi non aveva fatto perdere le sue tracce. Lenoir confida al commissario di aver rivisto, qualche mese prima, l’assassino in un’osteria sulle rive della Senna, ma non vuole aggiungere altro.
Maigret, senza niente in mano a parte la confessione di un condannato a morte, lascia per il momento da parte l’indagine. Qualche tempo dopo, mentre sta per partire per l’Alsazia, dove lo aspetta la moglie, si ferma in un negozio per comperare un cappello; qui ascolta per caso la conversazione di un uomo che parla dell’Osteria dei due soldi. Incuriosito, inizia a seguire l’uomo quasi per gioco. Si trova così a partecipare, quasi suo malgrado, a un finto matrimonio organizzato da un gruppo di allegri buontemponi proprio all’Osteria dei due soldi. Durante la festa, Maigret fa amicizia con un certo James, impiegato di banca e alcolizzato. Maigret conosce anche Madò, una bella ragazzotta di 30 anni, sposata con Marcel Feinstein, proprietario di una camiceria sull’orlo del fallimento. La ragazza si dimostra molto disinibita e passa da uno all’altro della compagnia. Il commissario intuisce che, in quel momento, è il mercante di carbone Marcel Basso a godere dei favori di Madò.  Ed è proprio quest’ultimo ad essere trovato con la pistola in mano, davanti al cadavere di Marcel Feinstein. La polizia arresta Basso, ma questi riesce a fuggire e a nascondersi a Parigi.
Nelle settimane che seguono, Maigret scoprirà che le cause dei due omicidi sono le stesse: il ricatto e un debito di denaro. Ma ciò che sconvolgerà di più Maigret sarà scoprire il nome dell’assassino…

Perché leggere La balera da due soldi?

In quest’opera, Simenon affronta alcuni temi che attraversano tutta la sua produzione letteraria e che sono tra loro interconnessi:

  • Il destino o caso;
  • L’incontro;
  • Il “passaggio della linea”.

Di solito sono Les romans durs ad essere anche definiti i romanzi del destino. Alain Bertrand, nel suo saggio Georges Simenon: de Maigret aux romans de la destinée, evidenzia come nei romanzi del destino, un evento fortuito mette in luce la precarietà e il falso equilibrio su cui si basa la vita di un uomo:

“Dans les romans de la destinée, un événement fortuit met en lumière la fausseté ou la précarité d’un équilibre de départ, essentiellement basé sur l’observance des règles prescrites par l’Autre.”

(Editions du CEFAL, 1994, p. 72)

Nella saga di Maigret, avevamo già incontrato un romanzo in cui il caso è determinante allo svolgersi dell’azione: L’impiccato di Saint-Pholien. Ne La balera da due soldi è il destino a far incrociare, dopo molti anni, Jean Lenoir e l’assassino in un’osteria; è sempre il destino a far entrare Maigret in un negozio di cappelli dove un uomo sta parlando di quella stessa osteria; ed è ancora per caso che Maigret viene invitato ad un festa che si svolge nella balera da due soldi. In moltissimi romanzi, Simenon crea dei personaggi che appaiono in balia della sorte, senza che essi possano far nulla per modificarne il corso. Durante lo sviluppo della trama, un avvenimento, spesso all’apparenza insignificante, comporta una concatenazione di eventi a cui l’individuo sembra non riuscire a sottrarsi. Quasi come se il libero arbitrio fosse una pura chimera, e l’uomo fosse già predestinato ad un percorso ben definito.

Nella famosa intervista della RAI del 1963, Simenon dichiarò che:

“…viene il momento, vero, in cui un avvenimento esterno … rompe queste barriere … Ecco, prendiamo una guerra per esempio … prendiamo un bravo commesso di drogheria o un piccolo impiegato di banca, che aveva una vita tranquilla … e che non avrebbe mai commesso un reato … eccolo di colpo coi nervi tesi da una guerra durissima … gli capiterà probabilmente di compiere degli atti che non avrebbe mai e poi mai commesso … si può diventare eroe o assassino … potrebbe capitare anche a Maigret, anzi è proprio perché Maigret lo sa che guarda gli assassini con un occhio … certo non benevolo ma, tuttavia, con una certa comprensione …”

Si tratta di quello che in, altre occasioni, Simenon definisce il “passaggio della linea”.Si tratta del passaggio da una condizione di agiatezza e rispettabilità borghese ad una di perdizione che può condurre anche all’omicidio, ma anche il contrario. Simenon scrisse anche un libro intitolato Le passage de la ligne (purtroppo l’ultima edizione italiana è del 1961 – La linea della fortuna, Mondadori, I Romanzi di Simenon). Il protagonista, Steve Adams, è un uomo che attraversa una linea immaginaria: dopo esser stato un ladro e un arrampicatore sociale, egli torna ad essere povero ma in pace con se stesso. Per Simenon, esisteva appunto questa specie di linea: da una parte vi è la giustizia e il bene, dall’altra il male; oppure da una parte vi è la povertà e la disgrazia e dall’altra l’agiatezza e la fama. Simenon fu sempre assillato dalla paura di perdere tutto ciò che aveva (non dimentichiamo che visse negli anni delle due grandi guerre mondiali), di essere catapultato dall’altra parte della linea. Nel romanzo è Steve Adams stesso a fare una scelta: se prima l’aveva oltrepassata per abbandonare un’esistenza mediocre e insulsa, alla fine del libro la varca nuovamente per tornare ad essere se stesso. Più spesso, però, è il destino a decidere il passaggio della linea, e i personaggi sono solo delle vittime di una strana coincidenza, di un incontro inaspettato, o di un gesto all’apparenza senza importanza; e tutta l’esistenza può trasformarsi in una tragedia.

Un altro romanzo famoso dedicato al “passaggio della linea” è il bellissimo La fuga del signor Monde: è la storia di Lionel Monde, ricco e rispettabile imprenditore con famiglia. Un giorno, stanco del rapporto con la moglie, egli decide di lasciare tutto: sparisce dalla sua abitazione, va a vivere a Marsiglia, cambia identità, incontra una donna e cerca di vivere un’altra vita. Alla fine del romanzo, il destino gli farà incontrare la prima moglie e questo lo indurrà a riattraversare la linea.

A suffragare questa lettura de La balera da due soldi, secondo cui gli attori del dramma poliziesco sembrano essere travolti o “guidati” dal caso, vi sono altri due fondamentali episodi:

  • Il capitolo 6, intitolato “Ricatti”, è centrato sull’indagine scientifica della polizia che, verificando il chilometraggio e analizzando il materiale incastrato sulle scanalature delle gomme dell’auto, con cui sono fuggite la moglie e il figlio di Basso, cerca di scoprire il luogo in cui si nascondono. Non sarà, però, tutto questo impegno e dispiegamento di forze a condurre la polizia nel luogo dove si nasconde Basso, ma il caso. Il capitolo IX, infatti, mostra come il nascondiglio del fuggiasco, alla fine, venga scoperto per un colpo di fortuna. Questo episodio assume un valore emblematico, tenendo appunto conto di quanto succede nel capitolo VI: Simenon sembra quasi dichiarare che, per quanto l’uomo si impegni non potrà raggiungere il risultato sperato senza l’aiuto del destino.
  • James, ad un certo punto del romanzo, fa notare a Maigret come la vita di Basso sia improvvisamente cambiata: “E nel frattempo quel povero cristo di Basso viene braccato… La settimana scorsa era ricco… Aveva una bella azienda, un’auto, una moglie ed un figlio… Ora non può neanche mettere il naso fuori dal suo nascondiglio…”. James sottolinea come la causa di tutto siacollegato all’incontro con Madò: “In fondo qual è la causa di tutto? … Una donna come Madò, affamata di uomini… Basso si lascia intrappolare…”. Ed è sempre James che rammenta come quell’incontro sia stato frutto del caso: “Ecco! Mi è venuto in mente com’è iniziata la storia… Era una domenica… Nel giardino della villa si ballava… Basso stava ballando con la signora Feinstein… A un certo punto qualcuno li ha spinti e sono caduti per terra, l’uno nelle braccia dell’altra…”.

Lo stesso scrittore, nel suo saggio “Il romanziere“, sottolinea come il destino sia la molla suprema dei suoi romanzi.

“Mi riavvicinai all’uomo, all’uomo nudo, all’uomo faccia a faccia con il proprio destino che è, penso, la molla suprema del romanzo … Le prove sono lampanti … vorrei farvi sentire … che c’è un destino al quale è impossibile essere infedeli, c’è, come nel caso di ogni passione, una forza interiore contro la quale non possiamo nulla.”

(Tratto da Georges Simenon, L’età del romanzo, Lucarini Editore 1990, p. 31)

Di esempi di questo tipo ne potremmo fare a decine. Altri critici hanno già evidenziato l’importanza del destino e del “passaggio della linea” nei romanzi di Simenon. Ciò che, invece, non è mai stato fatto notare è come lo scrittore belga si inserisca in quello che Luperini Romano considera uno dei temi principali della letteratura occidentale: l’incontro (L’incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell’uomo occidentale, edizioni Laterza, 2007; saggio a dir poco stupendo, che invito caldamente a leggere). Luperini, partendo dall’esame dei Promessi sposi, per poi passare alle opere di Proust, Svevo, Musil, Pirandello, Joyce e Kafka, affronta il tema dell’incontro (quasi sempre tra un uomo e una donna), sostenendo che:

“… nel suo complesso la parabola di un secolo tracciata attraverso il prisma dell’incontro sembra indicare un percorso che presuppone ancora, nel suo momento di partenza, una fiducia nella libertà e nella responsabilità dell’uomo, nella sua capacità di confrontarsi con l’altro … e che testimonia, invece, nel suo momento di approdo – la grande stagione del romanzo e del racconto modernisti -, … la … sfiducia nella possibilità stessa dell’uomo di incontrarsi, di dialogare … di poter conoscere e dominare il mondo …”

(Luperini Romano, L’incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell’uomo occidentale,edizioni Laterza, 2007, p. 33)

Il saggio di Luperini è molto complesso e l’autore evidenzia, in modo alcune volte alquanto ostico, le sottili differenze tra autori anche dello stesso periodo. Quello che, però, conta è riscontrare come la poetica di Simenon si inserisca all’interno di un tema letterario che attraversa e segna l’arte europea, tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900, approdando alla fine ad una visione dell’uomo alla mercé dell’arbitrarietà del destino.

“… a cavallo fra i due secoli … l’uomo occidentale è sempre più ridotto al ruolo di spettatore passivo e l’incomprensibilità della storia e del mondo si è tradotta nella sensazione crescente di essere alla mercé di un potere estraneo e di una casualità incontrollabile.”

(Luperini Romano, L’incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell’uomo occidentale,edizioni Laterza, 2007, p. 33)

Simenon, però, non si ferma qui: spesso neisuoi personaggi il destino sembra, in qualche modo, guidato da necessità inconsce (si pensi a come James stringe amicizia con Maigret, quasi volesse che il commissario scopra la verità che egli nasconde). Nel saggio, Luperini dedica un capitolo al racconto Compimento dell’amore di Musil, sottolineando come il fortuito incontro della protagonista Claudine con un mediocre impiegato ministeriale si trasformi in una relazione, proprio a causa del bisogno inconscio della donna di fuggire dalla propria esistenza che ella sente vuota, e di provare ad essere diversa da ciò che è.

“Anche l’unione col marito viene dichiarata da Claudine effimera ed inconsistente, priva di alcuna necessità. Infatti pur essendo felice col marito “era assalita talora dalla consapevolezza di una nuda realtà, quasi di una casualità; a volte pensava che doveva esserle riservato un altro, lontano modo di vivere”. Comincia così a definirsi il senso della causalità della realtà. Claudine sente che solo per un caso ha vissuto con quel marito, un altro caso l’avrebbe immessa in un’altra vita: nessuna necessità ha decretato la sua vita (come quella di qualsiasi altro), ed un lontano modo di vivere, lontano da quello realizzato, lei sente che le sarebbe stato concesso, se non fosse incappata nell’attuale marito.”

(Tratto dal bellissimo articolo Musil e la dialettica irrisolta di realtà e possibilità. Una lettura di “Il compimento dell’amore” di Aldo Riccadonna)

È evidente l’affinità del personaggio di Claudette con quello de La fuga del signor Monde, ma anche con quelli di molti altri romanzi dello scrittore belga; si pensi ad esempio aIl signor Gallet, defunto, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo. I collegamenti non finiscono qui: Luperini dedica alcune pagine a “À une passante” di Charles Baudelaire (“Les Fleurs du Mal”, XCIII), dove il grande poeta descrive il fuggevole incontro per strada con una donna misteriosa. Per Luperini, la poesia è una specie di archetipo del tema moderno dell’incontro con una donna “portatrice di una inquietante seduzione erotica” (L’incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell’uomo occidentale,edizioni Laterza, 2007, p. 25), ma anche di un’apparizione casuale e di un’epifania rivelatrice della “potenzialità” di ciò che potrebbe accadere e, al tempo stesso, di ciò che non accadrà. Da questo punto di vista, questa poesia e i romanzi e i racconti ad essa ispirati testimoniano la passività del protagonista, e quindi l’incapacità dell’uomo di cambiare il proprio destino. Luperini parla di un uomo “sempre più dipendente da pulsioni inconsce e dal potere del caso” (p. 11, op. cit.). Non è difficile notare l’affinità con molti dei personaggi simenoniani, uomini e donne che portano il destino dentro di loro, nel proprio carattere: le inclinazioni più intime sono, infatti, collegate al loro lato oscuro, e da esse scaturiscono le azioni, positive o negative che siano. Di questo avevamo già fatto cenno nell’articolo All’Insegna di Terranova, quando Maigret aveva detto: «… Si direbbe che chi è destinato a essere vittima di un dramma porti scritta in faccia la propria condanna…».
Non vi è alcun dubbio, dunque, che i romanzi di Simenon si inseriscano esattamente nella fase finale dello sviluppo del tema dell’incontro, trattato da Luperini nel suo saggio.

“Se il caso regna sovrano, a provocare e a regolare la dinamica dell’incontro sembra agire la forza di un destino interiore, come un flusso profondo o un condizionamento interno che marca la vita a nostra insaputa. È questa forza che fa dell’incontro e della persona fortuitamente incontrata una mera funzione di un processo del tutto soggettivo e di una ricerca restata sino allora a uno stato prevalentemente inconscio.”

(Luperini Romano, L’incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell’uomo occidentale,edizioni Laterza, 2007, pp. 167-168)

Maigret – Lo “scatto della serratura” e il suo metodo di indagine

In questo romanzo, Simenon si sofferma più volte a descrivere la tecnica investigativa del suo Maigret, basata sull’intuizione:

Quando arrivarono davanti alla balera da due soldi, Maigret non aveva ancora sentito il primo «scatto della serratura», come era solito dire … non aveva avvertito quello stacco, quella leggera stretta, insomma quello scatto della serratura che gli consentiva di entrare nell’atmosfera di un caso

Simenon si sofferma, inoltre, sulla tecnica usata da Maigret per entrare in contattocon i personaggi del dramma e con il luogo in cui si è svolto il delitto:

All’inizio il poliziotto deve prendere contatto con un’atmosfera nuova, con persone di cui fino al giorno prima ignorava l’esistenza, con un piccolo mondo sconvolto da un dramma … Non ci sono punti di riferimento, e spesso nemmeno un vero punto di partenza.Si resta a guardare la gente che si agita …

Istinto e immersione sono, secondo Simenon, anche alla base della creazione artistica; come se, scrivendo i romanzi di Maigret, l’autore si fosse ispirato al suo lavoro di scrittore. Ecco come viene descritta dallo stesso Simenon la creazione artistica, in una lettera inviata a Fellini:

“Come me, lei è un istintivo … e quel che ha involontariamente registrato sin dall’infanzia, quel che ancora oggi continua inconsciamente a registrare, lo restituisce con una forza centuplicata … Siamo come spugne, assorbiamo la vita senza saperlo e la restituiamo poi trasformata, ignari del processo alchemico che si è svolto dentro di noi.”

(Tratto da Carissimo Simenon Mon cher Fellini. Carteggio di Federico Fellini e Georges Simenon, Adelphi 1998, p. 41)

James e Maigret

James è certamente il personaggio più affascinante del libro, e non solo perché è il più popolare fra quelli che frequentano la balera o perché è lui ad essere “il trait d’union fra tutti”. Simenon crea un personaggio complesso e molto vero: in mezzo agli altri è l’anima della festa; a casa è un marito annoiato; in compagnia di Maigret un filosofo meditabondo e ironico.

«Tutti! Si annoiano! E non potrebbe essere altrimenti! La vita è una gran scocciatura per chiunque! … ». L’assurdo era che pronunciava quelle parole con un’aria beata, sdraiato in fondo alla barca, mentre il sole gli faceva luccicare la testa calva e liscia.
James e Maigret diventano amici quasi per caso, istintivamente. Maigret torna spesso alla Taverne Royale, dove sa di trovare James seduto a bere un pernod; non per scopi investigativi ma per il piacere della sua compagnia.

Ormai era diventata un’abitudine… Fra i due uomini non cominciava forse a nascere un sentimento simile all’amicizia? Quel giorno non parlarono del delitto. Maigret si bevve i suoi tre pernod.

La casa e l’incontro con la moglie di James rivelano a Maigret un altro lato del suo nuovo amico:

… quando James si alzava, si aveva l’impressione che quel posto fosse troppo piccolo per lui, che fosse rinchiuso in una scatola … Senza sapere perché, Maigret ebbe la certezza che prima del suo arrivo non vi fosse alcun contatto fra lui e sua moglie … due mondi separati, due vite che scorrevano parallele senza mai incontrarsi.

È da notare come la descrizione della vita di James sia molto simile a quella di Maigret: un appartamento, una moglie fedele che lo aspetta a casa, un lavoro tipicamente borghese come impiegato presso una banca, la passione per il bere. Sembra quasi che Simenon vogliafar notare che anche un uomo come Maigret potrebbe superare quella “linea” immaginaria di cui abbiamo parlato. Per questo forse Maigret prova simpatia per James, perché istintivamente lo sente molto affine.

Curiosità – Simenon e la polizia scientifica

In questo romanzo, abbiamo già accennato come il capitolo VI, intitolato “Ricatti”,sia centrato sull’indagine della polizia scientifica che analizza i residui di materiale, incastrato sulle scanalature delle gomme di un’auto.
Simenon negò spesso di essersi mai interessato ai metodi scientifici usati dalla polizia francese. In realtà, tra il 1920 e il 1921, quando era ancora cronista presso la Gazette de Liège, frequentò una serie di lezioni sulla nuova scienza forense presso l’Università di Liegi. È importante sottolineare che, solo pochi anni prima, nel 1910, Edmond Locard, fondatore del primo laboratorio di medicina legale a Lione, aveva inventato il sistema di rilevamento delle impronte digitali che avrebbe sostituito le tabelle che riportavano le conformazioni dell’orecchio umano. Locard è famoso ancora oggi per il Principio dello Scambio, o Teoria di Locard: secondo questa teoria, quando un criminale entra in contatto con un oggetto o un’altra persona, lascia sempre delle tracce, mentre l’oggetto o la persona lasciano sempre delle tracce sull’autore del crimine. L’Analisi della Scena del Crimine contemporanea si basa ancora su questa teoria.
Quanto fu influenzato da quelle lezioni universitarie il giovane Simenon? Difficile dirlo. Certamente più di quanto egli abbia mai ammesso. Tralasciando l’analisi delle scanalature delle gomme dell’auto, mi pare molto più interessante il modo in cui il commissario è solito immergersi nell’atmosfera del delitto e interessarsi alla vittima e al suo passato.

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Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: