Dall’autore di Non ti addormentare, un’altra perla di ambiguità psicologica e caleidoscopica tensione. S. J. Watson torna in grande forma con L’ultima scena, edito da Piemme.

Per girare un documentario sui piccoli villaggi di pescatori del Nord dell’Inghilterra, la regista Alex si trasferisce da Londra a Blackwood Bay, una località turistica un tempo fiorente, che ha subito gli effetti devastanti della crisi economica. Accolta in maniera non proprio amichevole, la giovane regista cerca di accattivarsi gli scontrosi abitanti facendoli partecipare in prima persona al progetto, invitandoli cioè a postare sul suo sito dei filmati girati da loro stessi. Alex pensa che la veridicità del lavoro ne gioverebbe, contribuendo altresì a interessare la poca gioventù del luogo. Ma i filmati che cominciano ad arrivare scatenano reazioni imprevedibili.

“Una parte di me vorrebbe rincorrerla, consolarla, un’altra vorrebbe dirne quattro alle sue carnefici, un’altra ancora continuare a tenere d’occhio Kat ed Ellie. E’ l’ultima a spuntarla; in fondo non ho consolazioni da offrire. D’altra parte la colpa è mia: nessuno avrebbe visto il video se io non l’avessi reso pubblico. Non ho premuto il grilletto, ma ho consegnato ai bulli le loro munizioni.” Pag. 174

Blackwood Bay, peraltro, nasconde dei segreti, legati alla scomparsa di due ragazze e la gente del luogo è estremamente reticente nel parlare di quei fatti, che invece ad Alex, inaspettatamente, cominciano ad interessare in maniera particolare.

Anche lei, in fondo, nasconde un segreto, quello della propria identità. Infatti la ragazza è affetta da un’amnesia retrograda che raramente le consente di mettere a fuoco e distinguere un reale ricordo dalla propria immaginazione. Non ricorda nulla del suo passato, men che mai da dove provenga e cosa abbia causato questo tragico aspetto della sua vita, ma Blackwood Bay le risuona via via sempre più familiare.

Mi volto. David sta ancora fissando le stelle. “Chi sei tu?”. Mi guarda dritto negli occhi. La sua espressione è indecifrabile, un misto di dolore, speranza, sfida. “Lo sai chi sono” dice. (pag. 181)

Chi è questo David, un nuovo o un vecchio amico? Un pericolo per Alex, perché a suo tempo accusato della morte di una delle due ragazze, o un alleato nella diffidenza generale?

“Torno ad osservare il mio riflesso. Il ricordo si fa confuso. E’ come se fossi due persone, allo stesso tempo. Una qui dentro, che guarda fuori. L’altra che da fuori cerca di scrutare l’interno. Una è la ragazza cresciuta a Blackwood Bay; l’altra, quella che ha fatto l’impossibile per lasciarsela alle spalle.” (pag. 353)

Mentre il documentario prende forma, anche i ricordi di Alex cominciano a modellarsi, fino al tragico finale.

Watson si riconferma grande maestro nella descrizione dei meandri della mente umana colpita da amnesia, ma credo che questa volta troppe elucubrazioni rischiano di confondere, poiché l’ambiguità di Alex è pressoché totale. Non è agevole, infatti, seguire il filo dei pensieri di un io-narrativo privo d’identità e completamente dissociato, alle prese con investigazioni molto complesse, come pure un po’ tortuosa è la via di seguire la scansione temporale dei Prima-Dopo-Adesso punteggianti la narrazione. Insomma, bisogna restare parecchio concentrati, anche se – per i solutori più che abili – l’enigma si può sciogliere già ad un terzo del cammino.

Ciò premesso, L’ultima scena è un thriller ben congeniato e destinato, con buona probabilità, a ripetere il successo di Non ti addormentare anche dal punto di vista cinematografico perché la prosa di Watson, ricca di dettagli e sfaccettature, è congeniale per ricostruire l’intera ambientazione in cui i personaggi si muovono. Un’ispirata Saoirse Ronan farebbe il resto.

Le note della Rossa

Il titolo originale del romanzo è Final cut, termine tecnico con il quale in cinematografia si intende l’operazione di taglio, in fase di montaggio finale del film, di alcune scene non perfettamente riuscite da parte del regista. Titolo quanto mai centrato per descrivere la genesi del tormentato documentario di Alex!

Incipit

La ragazza corre a perdifiato attraverso la brughiera. Sopra di lei è sospesa la falce già logora di una luna calante e in lontananza, alle sue spalle, le luci del villaggio irradiano un anemico alone giallo. Lei però tiene lo sguardo puntato davanti a sé. Vede solo la strada che si snoda ai suoi piedi, sente solo l’ansimo del suo respiro affannoso e i richiami striduli dei gabbiani che scendono in picchiata e poi riprendono quota. Se qualcuno la insegue, il vento non ne porta i rumori: niente urla, nessun latrato di cani. Forse è al sicuro. Può riprendere fiato, rallentare il passo e camminare. Ce l’ha fatta.

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L'ultima scena
  • Watson, S. J. (Autore)

Articolo protocollato da Monica Bartolini

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: [email protected]

Monica Bartolini ha scritto 99 articoli: