L'ultima vita - Peter Mohlin e Peter Nystrom

Un nuovo investigatore si affaccia nel nutrito panorama letterario, con le premesse perché sia qualcuno al quale affezionarsi.

John Adderley è stato sotto copertura per molto tempo, e ora che il suo incarico per l’FBI si è concluso è tempo che entri nel programma di protezione testimoni, il più lontano possibile dalla vendetta della mafia nigeriana che ha contribuito a colpire duramente.

Entrare nel programma vuole dire tagliare i ponti con tutto: famiglia, amici, luoghi conosciuti. John però ha già scelto come destinazione la Svezia, e più precisamente l’unità appena formata che si occupa di cold case, e per un motivo molto personale: il primo caso che viene riaperto aveva visto il fratello – che John non vede da molti anni – come principale indiziato. Emelie Bjurwall, ereditiera di una ricchissima famiglia locale, sparì da una festa senza lasciare traccia.  Tuttavia il corpo della ragazza non venne mai trovato e il presunto delitto rimase irrisolto. Anni dopo il fratello di John rischia di essere di nuovo messo sotto accusa: Adderley dovrà forzare le regole e camminare sul filo del rasoio per poter aiutare il fratello senza svelare la propria identità, e l’unico modo per riuscirci è risolvere il caso.

L’ultima vita è stato definito dalla stampa svedese “un thriller perfetto”, e a ben vedere questo romanzo d’esordio della coppia di autori Peter Mohlin e Peter Nystrom ha proprio tutto: ritmo, tensione, una trama interessante e ottimi personaggi. Non male, per un’opera prima.

Sul sito dell’editore si trova un breve e simpatico video dei due autori di presentazione nel quale raccontano cosa volessero ottenere: un romanzo con una storia forte, personaggi con un certo spessore psicologico, atmosfere da noir nordico ma con una certa dose di romanzo americano. E oggettivamente non c’è che dire, ci sono davvero riusciti.

Il romanzo si svolge su due piani temporali, l’anno della sparizione di Emelie e quello della riapertura delle indagini: ma i due piani si fondono armoniosamente evitando di sembrare due racconti differenti che si ricongiungono nel finale. I personaggi sono ben delineati psicologicamente, e i due piani temporali permettono di vedere come nel tempo questi si siano evoluti, sia che si tratti della famiglia assente e disfunzionale di Emelie sia che si tratti degli investigatori sul caso: i ritratti che ne escono sono spesso impietosi, ma mai banali e perfettamente plausibili nelle emozioni e nelle azioni.

Le opere prime rischiano spesso di essere didascaliche o ridondanti, soprattutto laddove l’intento è di inaugurare una serie e di conseguenza c’è la necessità di rendere intrigante il protagonista, presentare la squadra, definire il contesto. La scelta di legare strettamente l’indagine principale alle vicende personali di John Adderley rende tutto molto fluido e perfettamente funzionale al racconto: seguiamo lo sviluppo della indagine contemporanea e le lacune della prima, ma nello stesso tempo veniamo a conoscenza delle vicissitudini della disastrata famiglia di John e dei motivi che lo hanno portato ad abbandonare la Svezia, conosciamo meglio il protagonista e la sua abilità investigativa maturata nell’FBI ma comprendiamo anche che le tensioni familiari gli fanno commettere degli errori.

Il risultato è un noir appassionante, che si legge molto volentieri grazie a un ritmo veloce e per alcuni versi anomalo rispetto ai crime del nord Europa, dei quali mantiene però a tutti gli effetti le atmosfere: John Adderley è un protagonista affascinante e non banale, così sospeso tra gli USA e la Svezia, ma nell’insieme i personaggi di contorno sono ben delineati e si intuisce avranno un ruolo nei prossimi capitoli della serie. E il cliffhanger finale è semplicemente perfetto per il romanzo.

Peter Mohlin e Peter Nyström sono amici da sempre, cresciuti in un piccolo paese della Svezia: giornalista l’uno e sceneggiatore e autore teatrale l’altro, hanno con questo romanzo già premiato in patria realizzato il loro desiderio d’infanzia di scrivere un giallo insieme.

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Articolo protocollato da Marina Belli

Lettrice accanita, appassionata di rugby e musica, preferisco – salvo rare eccezioni – la compagnia degli animali a quella degli umani. Consumatrice di serie TV crime e Sci Fy, scrittrice fallita di romanzi rosa per eccesso di cinismo e omicidi. Cittadina per necessità, aspiro a una vita semplice in montagna o nelle Highland scozzesi (a condizione che ci sia una buona connessione).

Marina Belli ha scritto 146 articoli:

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