Qiu Xiaolong, scrittore e poeta cinese di lingua inglese (dato il trasferimento suo e della famiglia a St. Louis, ormai più di trent’anni fa) disegna in L’ultimo respiro del drago una nuova indagine per l’ispettore capo Chen Cao, protagonista già del suo esordio “La misteriosa morte della compagna Guan”, datato 2001 e capace di meritare l’Anthony Award per la miglior opera prima.
Come da tradizione per Xiaolong, il tratto più aderente alle classiche logiche del giallo e del thriller, pur molto curato, è anche un modo di raccontare la Cina, nel suo rapido e per certi versi imprevedibile mutare.
L’ispettore questa volta è alle prese con un serial killer decisamente atipico: colpisce vittime che non hanno apparentemente nulla in comune tra loro. Le modalità dell’azione però sono le medesime: l’assassino avvicina la potenziale vittima di primo mattino e la colpisce con un corpo contundente. Si ravvisa anche un’inquietante regolarità temporale: un delitto alla settimana.
E, più ancora, a colpire il commissario è un particolare: sulle scene del crimine si ritrova un genere particolare di mascherina per proteggersi dallo smog di Shanghai, del genere che viene di solito distribuito negli ospedali. Sembra non soltanto una parte dello schema delittuoso, ma anche un messaggio. Ma a chi potrebbe essere diretto?
A complicare ulteriormente l’indagine intervengono sottili pressioni da parte dei superiori di Chen: a breve a Pechino si terrà la sessione di apertura dell’Assemblea nazionale del popolo, sarebbe davvero sgradevole per l’immagine del governo che per allora crimini così eclatanti fossero ancora irrisolti.
Inoltre, per vie traverse nella vicenda farà la sua comparsa anche Shanshan, amore fugace eppure indimenticabile per Chen, divenuta ormai una celebrità sulla rete per le sue battaglie ambientaliste, orientate ad attirare l’attenzione sui danni prodotti alla salute dei cittadini dall’inquinamento.
Non sarà facile, neppure per un uomo brillante, colto ed equilibrato come l’ispettore capo, non perdere la bussola e cercare come di consueto di ottenere il miglior risultato possibile, un risultato al contempo efficace, eticamente robusto e che possa essere apprezzato da chi tiene tra le mani le leve del potere, e con esse la carriera di Chen e, forse, la reputazione di Shanshan.
Potrà contare però sul valido apporto dell’ispettore Yu: un uomo forse incapace di grandi slanci d’immaginazione, ma solido, modesto, leale. La trama ideata da Xiaolong si svela lentamente, in una quieta eppure inarrestabile progressione. Ogni parola, ogni gesto dei personaggi è sapientemente calibrato affinché il lettore possa sentirsi parte della storia e dell’ambiente. Ci si trova a fianco di Chen non soltanto mentre analizza i fatti, ma anche durante le sue poetiche digressioni, o mentre assapora uno dei suoi piatti preferiti; la stessa cura e attenzione è riservata anche agli altri personaggi del racconto.
La soluzione giunge inaspettata eppure, una volta che la si osserva più da vicino, anche i fatti all’apparenza più assurdi sembrano andare al proprio posto, componendo la soluzione come tessere di un mosaico. Risolvere i delitti però è soltanto una parte del gravoso compito che tocca all’ispettore capo Chen.
Attraverso tale soluzione, cercherà infatti di ristabilire per sé, per chi gli sta più vicino, per le vittime e persino, in una certa misura, per i colpevoli, una forma di equilibrio, che guardi non soltanto a un necessario ritorno alla normalità ma sappia strizzare anche l’occhio a una possibile forma di progresso ed evoluzione.
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