Eric Emmanuel Schmitt, classe 1960, belga, è uno dei massimi autori in lingua francese contemporanei, drammaturgo, romanziere, sceneggiatore cinematografico. Il suo dramma “Il visitatore” è stato uno dei massimi successi teatrali degli ultimi decenni, fruttando all’autore il prestigioso premio “Moliere”. Schmitt, tuttavia, non ha mai scritto thriller, il romanzo che presentiamo costituisce un “unicum”, e in effetti la definizione di thriller gli sta molto stretta, perché “L’uomo che guardava attraverso i volti” è anche molto altro. Potremmo a giusto titolo inserirlo nel genere della narrativa fantastica, forse anche horror, ma soprattutto è un libro che propone al lettore una riflessione filosofica di approfondimento del rapporto dell’uomo con la violenza; quella del terrorismo di cui parla la trama, ma anche in senso più ampio. Sicuramente originalissima e geniale è l’invenzione della figura del protagonista, Augustin Troillet, un ultimo fra gli ultimi, venticinquenne cresciuto orfano che vive alla giornata: mangia, quando gli capita, raccattando avanzi di cibo che la gente butta via uscendo dai fast food, dorme in edifici abbandonati o alla stazione e nei bagni di questa si lava. Augustin ha un lavoro, però non ha un reddito. Il suo sogno è diventare scrittore, intanto è stagista non retribuito nella redazione di un quotidiano della citta belga di Charleroi, dove è ambientata la storia. Ma in redazione la sua vita è dura: alto, esile, smunto (per la denutrizione), spesso assonato per la precarietà delle sue notti, Augustin tra i colleghi suscita disagio, che spesso si traduce in repulsione. Viene poi costantemente tartassato dal cinico e arrogante direttore del giornale, che gli riserva i compiti più sgraditi e faticosi. Infatti l’avventura di Augustin comincia una mattina in cui il suo capo lo ha “mandato per strada”, servizio che appunto consiste nell’andare in giro per la città in cerca di notizie, fatti interessanti; che giusto quella mattina non mancheranno. Tuttavia, per comprendere il prosieguo della narrazione, dobbiamo soffermarci su quella che è la più singolare caratteristica del giovane: Augustine Troillet ha dei poteri extrasensoriali, vede e ascolta persone morte e, a volte, fissando un volto è in grado di conoscere il destino della persona che osserva. Per questo, quella mattina, quando in centro città la sua attenzione viene attratta da un giovane dai tratti magrebini che cammina esitante, indossando un giaccone troppo più grande della sua misura, Augustine non può fare a meno di vedere anche una strana figura, una sorta di omuncolo vestito con abiti islamici che sembra stare appollaiato come un corvo sulla spalla del giovane, parlandogli incessantemente. L’omuncolo ovviamente lo vede solo Troillet. Ma tutti vedranno e subiranno la terribile esplosione che il giovane arabo provocherà di lì a poco, aprendo il suo giaccone non a caso troppo ampio e attivando la bomba che reca nella cintura: un kamikaze islamico, un attacco terroristico.
Augustine si risveglia in ospedale, dove sotto shock è stato ricoverato per accertamenti. La degenza ha aspetti positivi, perché garantisce all’affamato stagista tre pasti al giorno. C’è però il problema che ora tocca a lui, unico superstite, riferire cosa ha visto in quella piazza. Prima dovrà relazionare al suo direttore che, improvvisamente divenuto premuroso, va a trovarlo per avere il suo resoconto in esclusiva. Poi sarà la volta della polizia. Di fronte alle incalzanti domande, per Troillet si apre un dilemma: deve riferire dell’omuncolo, cioè deve rivelare il suo segreto, che è in grado di vedere ciò che nessun altro può vedere? In questo caso il rischio di essere trasferito dall’ospedale al manicomio sarebbe molto alto. . Perciò Augustine decide di ritoccare leggermente la sua visione, trasformando l’omuncolo in un imam islamico in carne ed ossa. Dunque il quadro è chiaro: il giovane islamico è stato fino all’ultimo istigato e persuaso dal vecchio fondamentalista che, abbandonando il martire al suo sacrificio, si è in tempo dileguato facendo perdere le proprie tracce. In realtà non esiste nessun vecchio. Troillet ha solo visto un’emanazione della psiche del terrorista. Ma il suo racconto pone le indagini su una falsa pista e da ciò discenderanno conseguenze imprevedibili e la storia prenderà il volo verso straordinarie prospettive di riflessione filosofica e spirituale. Schmitt ci consegna un grande romanzo, ricco sia di tensione che di poesia, una storia che ci appassiona e, soprattutto, ci interroga.
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