Grande ritorno per Daniel Cole, che a due anni di distanza da Ragdoll – uno degli esordi più interessanti di questi ultimi anni – torna con “L’uomo nell’ombra” che, anche se non è un seguito vero e proprio, riprende parte dei personaggi e delle situazioni del precedente romanzo.
Sono passati 18 mesi dalla chiusura del caso Ragdoll, William “Wolf” Fawkes è scomparso, e gli altri protagonisti delle vicende cercando di proseguire nelle loro vite: in questa nuova inchiesta è Emily Baxter la protagonista, e questa scelta è sicuramente tra gli aspetti più riusciti del romanzo. Baxter è scontrosa, irritabile e irritante, anaffettiva, ed è un personaggio perfettamente riuscito. Sarà per il suo talento nel lavoro, sarà per certe osservazioni sferzanti o per la fragilità umana che si intravede al di là della facciata da “poliziotto cattivo”: Cole tratteggia una protagonista femminile forte e non banale, a cui ci si affeziona quasi senza volere e che ci guida in una indagine che rimbalza tra Londra e New York con una narrazione che acquista velocità man mano che il racconto si sviluppa.
Mi chiamo Emily Baxter e quello che mi aspetta è un compito impossibile, un enigma che sfida qualsiasi comprensione. Sono una detective di New Scotland Yard, sono fatta per questo lavoro. O così ho sempre creduto. Ma fermare questi omicidi sembra qualcosa al di là delle mie forze, e perfino di quelle dell’FBI e della CIA. Tutto per un semplice fatto: non muoiono solo le vittime, muoiono ogni volta anche gli assassini. Sempre in coppia, omicidio e suicidio. Qui a Londra, ma anche oltre oceano, a New York.
In generale Cole costruisce personaggi ben riusciti, ad ognuno dei quali viene dedicata la giusta attenzione, raccontati attraverso tratti distintivi ben delineati che li rendono realistici: in particolare è riuscito nel ruolo di comprimario l’agente della CIA Rouche, che con Emily Baxter costruirà una rapporto sempre più solido ed empatico, non privo di qualche momento di umorismo che non stona nell’economia del romanzo.
La scrittura è veloce, intrigante e rende bene il crescendo di tensione della trama: l’autore preferisce centellinare gli indizi, sopratutto all’inizio, seminando anche qualche falsa pista, e mettendo quindi il lettore nella condizione di fare attenzione a dettagli che porteranno alla soluzione della storia: la morte contestuale di vittima e assassino – scelta narrativa originale – e la complessità degli omicidi fanno percepire chiaramente la presenza dell’uomo nell’ombra, un deus ex machina disturbato e brillante che sembra sempre essere un passo avanti.
Ritmi, personaggi, colpi di scena sono molto cinematografici, e non è difficile immaginare una trasposizione sul grande schermo di questo romanzo; forse in alcuni punti si avverte un po’ di forzatura, ma nulla di eccessivo che vada a rendere meno piacevole la lettura di questo thriller molto ben costruito.
Per chi avesse già letto Ragdoll, il cliffhanger del finale crea un’aspettativa sul finale del secondo romanzo e, pur senza renderlo banale o scontato, toglie qualcosa all’elemento sorpresa.
Per chi non l’avesse letto c’è invece una certa difficoltà a capire immediatamente i rapporti interpersonali e i riferimenti alle vicende pregresse che sono però parte importante del romanzo: Ragdoll è un ottimo romanzo, quindi in questo caso vale forse la pena di un veloce recupero per apprezzare fino in fondo L’uomo nell’ombra, recupero non indispensabile, ma sicuramente interessante per una visione più completa della storia.
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