Longanesi ha da poco pubblicato Madre d’ossa, l’ultimo, atteso noir di Ilaria Tuti, con protagonista l’amatissima commissaria Teresa Battaglia. Proverò a recensirlo per voi, cari avventori del Thriller Café, anche se già so che farlo non sarà impresa facile.
Nel cuore di una notte d’ottobre, una chiamata anonima sul suo cellulare personale porta l’ispettore Massimo Marini in mezzo alle montagne. L’uomo al telefono ha preannunciato una morte tragica, ma quando ha lasciato la sua casa e la sua compagna prossima al parto, l’ispettore non si aspettava certo di trovare, china sul cadavere di un giovane uomo in riva a quel lago isolato, Teresa Battaglia, la sua mentore, il suo capo (in teoria ex capo), in evidente stato confusionale. La donna, che da tempo lotta contro l’Alzheimer, sembra aver perso completamente la rotta: non lo riconosce, non collabora ed ha appena contaminato la scena di un crimine. Perché si trovi lì, come ci sia arrivata e quali fossero i suoi rapporti col cadavere non ancora identificato sono solo alcune delle molte domande a cui Marini dovrà rispondere quella notte, ma soprattutto, bisognerà chiedersi dove porta quello che vuol sembrare un suicidio, ma in realtà è solo la punta dell’iceberg, la prima di molte morti.
Teresa Battaglia è un’investigatrice eccezionale. Lo è perché ha una personalità complessa ed analitica che riesce a coniugare il profiling, il metodo scientifico nonché una grande cultura e sete di conoscenza, e l’empatia, la compassione, una profonda ed innata umanità. Teresa non giudica, non cerca colpevoli: lei vuole capire. Per questo usa tutto il suo acume, la sua intelligenza, ma anche il suo cuore nelle indagini che si trova a compiere, riuscendo a muoversi con immenso rispetto e senza preconcetti, non solo verso le vittime, ma anche nei confronti dei carnefici. L’ha sempre fatto in tutti i casi in cui l’abbiamo incontrata e non può fare a meno di farlo in questo, anche se non è più la Teresa di una volta, anche se la malattia le sta rubando il tempo, i ricordi, il controllo su di sé e su ciò che la circonda. Vuole capire, sì, quindi non accetta ostacoli che si frappongano tra lei e la conoscenza, tra la sua squadra e la verità. Per questo è intransigente, persino sprezzante verso il “sistema” di cui pure fa parte, ma che aggira con intelligenza ed astuzia. Questo ha trasmesso alla sua squadra, in particolare a Massimo Marini che questa volta dovrà operare in vece sua, giacché lei è troppo provata per fare da sola. La malattia è troppo avanti, troppo veloce e Teresa sa di non potersi fidare di nessuno, nemmeno di se stessa, specialmente in questo caso. “Affiorano ossa dalla terra” e per Teresa, Marini e la squadra sarà più arduo che mai giungere a capo di un mistero antico come il sangue che bagna quella terra magica di culti e di dee, quella madre accogliente e malvagia che, sin dal primo romanzo, Teresa Battaglia ci ha fatto conoscere ed amare.
“Madre d’ossa” è probabilmente il più difficile da leggere tra i romanzi di questa serie, perché è il più struggente: Teresa è fragile più che mai, nuda di fronte alla squadra che non riesce più a guidare come vorrebbe, ai veri e falsi amici, a noi lettori che, pur sapendo che avremmo dovuto dirle addio, non vorremmo che quel momento arrivasse. Eppure, dal fondo cui l’ha costretta la malattia, Teresa non si arrende e non permette a nessuno di farlo… neanche a noi di cedere alla commozione.
Simboli ancestrali, storia, archeologia, amore per una terra bella e ammaliatrice si uniscono ancora una volta ad un’indagine intensa, incalzante, spietata e prosciugante sull’inferno umano. Da leggere assolutamente, ma solo dopo aver letto gli altri volumi della serie nell’ordine in cui sono stati pubblicati: Fiori sopra l’inferno, Ninfa dormiente, Luce della notte, Figlia della cenere e Madre d’ossa.
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Articolo protocollato da Rossella Lazzari
Libri della serie "Teresa Battaglia"
Madre d’ossa – Ilaria Tuti
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