Marc Pastor, che ho conosciuto alla recente presentazione dell’edizione inglese di questo noir ambientato a Barcellona, è un personaggio originale – lavora come crime scene investigator con la polizia di Barcellona – come i romanzi che scrive, in catalano fra l’altro. Non cercate quindi i tratti tipici del poliziesco in “La Maledetta“: nessun omicidio nelle prime 250 parole, anche se un cadavere viene riesumato molto presto, nessun mistero su chi sia il colpevole, niente hi-tech stile CSI, l’anno di grazia è il 1911, ed un’inchiesta che procede a singhiozzo. Eppure la storia mi ha “preso” fin dall’incipit, con le parole di un narratore a dir poco straordinario. Il ritratto che Pastor fa di una Barcellona che si fiuta e si tocca con mano, come Parigi nei romanzi di Maigret, mi ha affascinato, così come il cast di personaggi curiosi ed esuberanti. E mi è piaciuto il finale, triste, dolce-amaro ed anticonvenzionale, che non parla solo della cattura dell’assassino…
Come ammette l’autore stesso, è difficile parlare di questo romanzo senza svelarne le sorprese, ma è una storia con molti pregi, fra i principali l’appeal cross-genre, l’originalità dei personaggi e l’eleganza della prosa. Il lettore viene gettato a capofitto in un mix di true crime e narrativa di suspense, con una spruzzata di horror gotico ed il condimento di scene d’avventura quasi in stile western (inclusa una sparatoria degna dell’OK Corral, dall’esito che vorrei raccontare… ma non posso!).
Un vampiro seriale è apparentemente a piede libero a Barcellona, e rapisce i bambini di prostitute e di famiglie povere, succhiando loro il sangue prima di ucciderli. Un’indagine molto fuori dall’ordinario per il cinico ispettore Moises Corvo ed il suo partner ulceroso Juan Malsano (nomen omen…), in cui però i due si impegnano anima e corpo. Si muovono dalle zone più equivoche della città a quelle dorate dei passatempi – innocenti o perversi – dei ricchi e famosi, creando notevole scompiglio in entrambe, finché lo stato maggiore della polizia non ordina loro di lasciar perdere.
Ma è tale il male che, letteralmente, trasuda dai misfatti del killer, e le sue vittime sono così indifese, che Corvo non ha alcuna intenzione di obbedire, sovvertendo insieme a Malsano tutte le regole e rischiando la vita pur di mettere fine all’orrore.
L’abilità di Pastor nel gestire la trama sta nella sua capacità di narrare scene macabre o dipingere atmosfere intense con una prosa efficace ed essenziale, degna di Simenon. Non un vocabolo in più del necessario, e sempre quelli giusti per farci annusare il marciume del ventre molle di Barcellona, o sentire la rabbia che spinge inesorabilmente l’ispettore Corvo ad andare avanti. Corvo è un poliziotto poco ortodosso e non proprio senza macchia: ha vizi e virtù come tutti ma ha anche il coraggio, e l’onestà, di metterci la faccia, e non solo. Mi ricorda il John Rebus di Rankin, o l’Eberhard Mock di Krajewski, di cui è quasi contemporaneo, ma è sempre e comunque originale: un personaggio molto riuscito.
In effetti la lista di personaggi interessanti in questo romanzo è lunga, e ne citerò solo altri due: il male in persona, la puttana della porta accanto Enriqueta Martì, ahimé vissuta realmente, e le cui ossessioni Pastor dipinge con tratto sicuro. Ed il suo “aiutante” occasionale, BoccaNera: uno sciagurato ragazzotto, tanto inetto quanto grezzo, un Quasimodo senza speranza ed un personaggio relativamente minore, che è però un riuscito paradigma del triste spreco che l’ignoranza può provocare nei giovani.
Un altro esempio dello sguardo acuto – spesso colorato di umor nero – con cui Pastor vede la realtà della vita, e di cui “La Maledetta” è ricco, per la soddisfazione del lettore.
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