La prima sensazione che si ha leggendo Jorg Juretzka è un misto di invidia e smarrimento.
Invidia perché Jorg Juretzka scrive dannatamente bene.
Smarrimento perché Maledetti Hippie! non è il solito Noir.
Per chi è da anni abituato ai vari Lansdale, Gischler, Reasoner e Neil Smith, l’opera di Juretzka appare come un corpo estraneo e dannatamente affascinante.
Come una donna all’apparenza misteriosa che affascina per il suo mutismo e per il suo viso irregolare.
Come una palla caduta dallo spazio e ritrovata in un campo di erba alta da due bambini che giocavano in bicicletta.
Una commistione di generi frullati assieme e versati sulla pagina in una melassa densa che amalgama il lettore, trascinandolo lentamente (ma, udite udite… inesorabilmente!) nella spirale di violenza sotterranea che è “Maledetti Hippie!”.
Kristof Kryszinski, detective incazzato con il mondo, viene spedito nel deserto andaluso in cerca del “Cucciolo”, l’amico Biker dall’animo ribelle e sempre pronto a menare le mani, di cui non si hanno più notizie da un po’ di tempo.
Sullo sfondo di una comune Hippie che è un’eccellente rivisitazione del pinocchiesco paese dei balocchi, dove tutto sembra dorato (e fumato) all’apparenza (e solamente all’apparenza), si inscena una crime story tanto affascinante quanto innovativa, che rompe i ponti con il passato prossimo del “film che si legge su carta” e riabbraccia la (pre)tradizione romanzesca, strizzando l’occhio al meccanismo narrativo proprio del giallo classico (vedi sotto la voce Simenon), non disdegnando incursioni nel western e nella dark comedy.
Gli elementi per divertirsi ci sono tutti: dagli hippie fattoni, all’amico (Scuzzi) stupido e svogliato, dall’amante scheletrica e drogata con un’acconciatura che ricorda Marge Simpson agli zingari annoiati che rapinano tutto ciò che si muove sulla strada.
Insomma, a leggere questo tedesco dal nome impronunciabile, c’è da divertirsi.
Come c’è da divertirsi a riscoprire che Meridiano Zero non ha perso la sua simpatia per il Noir anche dopo l’incorporazione subita ad opera di Odoya.
Certo, noi amanti del genere ci eravamo un po’spaventati a vedere pubblicati con il marchio MZ storie come “La Fabbrica delle Vespe”, che tutto si può definire tranne che noir.
Ma tutto è bene quel che finisce bene.
Uno scrittore tanto irriverente quanto innovativo, per un romanzo che sembra proiettarsi oltre la frontiera del Noir, ridisegnando trame ed ambientazioni, abbandonando il ritmo sincopato proprio del Gischler-Style per abbandonarsi ad una prosa lenta e claudicante, irregolare e proprio per questo dannatamente affascinante.
Una sorta di arancia meccanica difettosa, che si muove a scatti imprevedibili, incespicando in quella che potrebbe essere la nuova strada del noir.
Quanti saranno i coraggiosi scrittori che seguiranno questo tedesco dall’animo innovativo?
Non è dato saperlo.
Per ora si può solo sprecare un plauso per il coraggio.
Beati i geni, e coloro che hanno la spregiudicatezza di improvvisarsi tali.
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