Elias Mandreu è un nome collettivo, che cela gli scrittori Andrea e Mauro Pusceddu ed Eugenio Annichiarico. Dopo alcuni anni dal loro ultimo romanzo, esce per Piemme l’ultimo lavoro che si chiama “Mantene s’odiu”, in italiano, dal sardo, “serba il rancore”. E ovviamente proprio in Sardegna è ambientata questa storia.
Ci sono un paio di delitti efferati commessi da un killer misterioso che si traveste con una maschera della tradizione folkloristica sarda e c’è un maresciallo dei Carabinieri, Mirko Stankovic, con il suo fido appuntato Gavino Cossiga che per competenza territoriale deve sbrogliare la matassa. In più, a complicare le cose, ci sono eventi successi cinquant’anni fa che gettano ancora le loro sinistre ombre sulla Sardegna di oggi. Insomma, tutti gli ingredienti di un giallo all’italiana come si deve.
Il luogo principale della scena è la Barbagia, che, come potrete immaginare, non è mai una meta molto ambita da chi non ha visto in quei luoghi i natali della propria famiglia. Ma Stankovic ne ha combinata una delle sue e così dal Sulcis dove si trovava viene catapultato proprio in Barbagia (o giù di lì, perché l’appuntata Deledda gli ricorda in continuazione che Siniscola non è in Barbagia, ma nelle Baronie) e si trova subito a dover fare i conti con gli omicidi di cui abbiamo parlato sopra.
Mandreu ci propone questa storia interessante che si alimenta di continui flash-back, in un gioco di raffronti tra presente e passato che ci aiuta a capire come siamo cambiati (e come è cambiata la Sardegna), rimanendo in fondo un po’ uguali a noi stessi. E ci propone soprattutto una fantastica nuova coppia di investigatori che nulla hanno da invidiare ai personaggi più famosi che calcano le scene letterarie di questi anni. Stankovic è un personaggio un po’ “manziniano”, ma senza marijuana, al suo posto ci sono le avventure amorose, che placano l’inquietudine del maresciallo. Nel complesso, difficile non innamorarsi a prima vista di questo carabiniere scassato e disordinato, ma dal fiuto e dal fascino irresistibili.
La Sardegna che fa da sfondo alla storia è una Sardegna poco luccicante, dove pullula il malaffare, la corruzione è la norma e dove si parla più dei luoghi oscuri e delle grotte per nascondere i bottini che non delle spiagge soleggiate. Una Sardegna dove predominano i furbi, dove gli immobiliaristi hanno fatto il sacco di una natura che peraltro pare più ostile che generosa. Dove le faide durano un secolo e, come dice il titolo, l’odio e la vendetta vengono gelosamente custoditi.
Il tema principale finisce allora per essere l’ingresso del personaggio che la fa da padrone: il maresciallo Stankovic. E come accennato, non è un brutto ingresso, anche se serve ancora un po’ di narrazione per costruire un carattere a tutto tondo, che qui è necessariamente solo accennato. Io poi devo dire anche che in questo gioco di rimando con gli anni Settanta ci ho letto molta nostalgia per quella generazione là. Non so se è un dato autobiografico, ma la Sardegna dei ribelli e delle primule rosse sembra piaccia di più di quella attuale a Mandreu. E oggi, pare un po’ come se gli ideali di quegli anni fossero stati traditi e nulla possa più essere come prima.
E poiché a Mandreu piace scherzare, che per quanto mi riguarda è una dote non indifferente, gioca anche con i nomi altisonanti, quelli che hanno fatto la Sardegna che fu (come Cossiga e Deledda) e che adesso per ovvi motivi non ci sono più. Quasi a volerci ricordare che dobbiamo finirla con l’isola raffigurata in cartolina e infarcita di luoghi comuni. Per vedere in faccia la vera Sardegna. Che ci piaccia o no quel che stiamo guardando.
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