A distanza di alcune settimane dalla presentazione, finalmente pubblichiamo oggi la recensione a un libro, Mary Terror, davvero in grado di suscitare paura e ansia in chi lo legge, di colpire duro, di lasciare storditi. Vale la pena leggerlo, a mio parere, e se volete vi spiego perché…
Titolo: Mary Terror
Autore: Robert McCammon
Editore: Gargoyle
Traduttore: Simone De Crescenzo
Anno di pubblicazione: 2010
Pagine: 410
Trama in sintesi:
Mary è una sopravvissuta. Negli anni 60 apparteneva a un gruppo terroristico noto come lo Storm Front. Oggi, latitante e segnata dalla vita, Mary “viaggia” nel tempo con l’aiuto dell’acido e rivive di continuo un passato che non ritornerà più. Ingabbiata nella sua allucinata solitudine, si lascia accecare dalla rabbia, mentre intorno a lei si fa strada l’edonismo materialista degli anni Ottanta. Un giorno, per caso, Mary legge un’inserzione pubblicata sulla rivista Rolling Stone e si convince del fatto che Lord Jack, l’allora leader del gruppo terroristico, anch’egli ancora latitante, la stia richiamando a sé per ricostruire lo Storm Front. Ma per Mary, Jack è anche l’uomo che lei non ha mai smesso di amare. L’uomo che sarebbe divenuto il padre di suo figlio, se solamente lei, ferita in uno scontro a fuoco con l’FBI, non avesse perso il bambino che portava in grembo. Quando Mary rapisce il figlio neonato di Laura Clayborne, per portarlo in dono al suo Jack, il destino delle due donne si congiungerà; e un passato fatto d’armi, odio e morte ritornerà a imperversare per le strade, da Atlanta fino alla California, insanguinando la scia lasciata dalla furia omicida di Mary Terror…
Ripubblicato da Gargoyle Books a distanza di quasi vent’anni dalla prima uscita in Italia per Interno Giallo, questo romanzo di Robert McCammon (che abbiamo intervistato non molto tempo fa) è uno di quei libri che stanno ben aldilà di un ipotetico spartiacque tra bei libri e libri che lasciano il segno. Sebbene con temi totalmente differenti, trovo immediato accostarlo a un altro titolo-shock pubblicato dall’editore romano lo scorso anno, La ragazza della porta accanto, di Jack Ketchum, non tanto per le somiglianze narrative quanto per le fotografie impietose che entrambi propongono di spaccati della società americana. Se nel libro di Ketchum sotto il mirino c’era la chiusura dell’ambiente rurale degli anni Cinquanta in cui violenza e soprusi possono germogliare e crescere indisturbati, in quello di McCammon la denuncia va contro gli esiti più radicali e insensati degli anni Sessanta e Settanta con i loro tanti cadaveri lasciati lungo la strada dall’opposizione di una libertà estremizzata a uno Stato demonizzato. Ma come pallonincini troppo gonfi, gli stessi sostenitori della guerra alle regole dello Stupratore di coscienze sono infine scoppiati da soli, o si sono sgonfiati ritirandosi in vagheggiamenti nostalgici e velenosamente risentiti. A questo vivere nell’ombra e nei ricordi, però, Mary Terror non si è ancora rassegnata, nonostante il suo corpo le ricordi ogni giorno il trascorrere del tempo, e con esso l’allontanarsi degli anni in cui il suo nome era inciso a lettere rosso sangue fin nelle carni dello Stato Maligno.
Mary brama un ritorno al passato, e quando un annuncio su un giornale le fa credere che il suo Lord Jack stia chiamando a raccolta i superstiti dello Storm Front di nuovo si accende in lei la miccia della lotta. Ma la donna non può tornare dal suo amato senza quel figlio che ha perso nell’ultima battaglia contro la polizia. Lui la rifiuterebbe, e non c’è quindi altra soluzione: rapire un bambino da portargli in dono.
E’ su questo evento che s’innesta l’anima più propriamente thriller del romanzo che oppone alla follia allucinata della protagonista la determinazione di Laura Clayborne, la madre del neonato rapito, che dall’angoscia per le sorti di suo figlio trae la classica forza della disperazione. Tra inseguimenti e sparatorie e vertiginose altalene psicologiche, la sfida tra le due si farà sempre più serrata, fino all’inevitabile scontro finale.
Mary Terror è dunque un romanzo che, col suo ritmo sostenuto e la sua eccezionale capacità di raccontare la follia, coniuga al meglio impronta di genere con profonde incursioni nelle contraddizioni di quel “sogno americano” che è in realtà un incubo. Un’opera che come dicevo in apertura lascia un segno nel lettore e che sicuramente consiglio di leggere.
Se poi le mie parole non vi bastano, ben più degne di considerazione sono sicuramente quelle spese sul suo sito da Antonella Beccaria, che ha curato la prefazione del volume. Sono certo che fugherà gli ultimi eventuali vostri dubbi, e che quando tornerete da queste parti mi direte che avevo ragione.
Ti è piaciuto l'articolo? Iscriviti alla newsletter
Inserisci la tua email e riceverai comodamente tutti i nostri aggiornamenti con le novità, le anticipazioni e molto altro.