massimo carlottoE’ il 20 gennaio 1976, intorno alle 17.30. Un ragazzo di diciannove anni di nome Massimo Carlotto sta passando vicino alla casa della sorella, nel pieno centro di Padova. Nello stesso palazzo abita anche una ragazza di nome Margherita Magello, di 25 anni, sua amica. Il ragazzo sente delle grida, si ferma. Capisce che provengono dalla casa di Margherita, allora un po’ titubante sale sino al primo piano e la chiama per nome. Quando entra nell’appartamento si trova davanti uno spettacolo raccapricciante. Margherita è stesa per terra, mezza nuda, il corpo martoriato da più di cinquanta coltellate. La cosa più atroce è che è ancora viva. Carlotto si getta su di lei, ne coglie gli ultimi rantoli. Poche frasi slegate, e poi il suo nome, ripetuto forse in un ultimo sprazzo di lucidità. La morte arriva in quel momento.
Lui si alza, sconvolto. Si accorge che nel tentativo di soccorrere Margherita si è sporcato di sangue. E’ preso dal panico. Corre a casa, parla del fatto con persone a lui vicine. Decidono che deve immediatamente andare dai Carabinieri a raccontare quello che ha visto, perché un assassino è in libertà, e dev’essere catturato. Il ragazzo va, depone, gli uomini in divisa lo guardano senza alcuna indulgenza. Lentamente si rende conto che il suo racconto può essere facilmente letto in un’altra chiave: il tentativo dell’assassino di crearsi un alibi postumo. Lui era lì, ha gli abiti sporchi di sangue, lui la conosceva. E poi il ragazzo è di Lotta Continua, e quelli sono gli anni 70.
Ben presto le indagini si indirizzano su un’unica pista, e il ragazzo diviene il solo sospettato per l’omicidio della povera Margherita. Inizia così una delle più intricate e paradossali vicende giudiziarie d’Italia, e soprattutto la lunga odissea personale di Massimo Carlotto. Il suo caso è stato definito, non senza un pizzico di amara ironia, un vero e proprio esempio di “sfiga processuale”. Vediamo perchè: viene prima assolto, poi condannato in Appello e in Cassazione. Tre anni di latitanza, poi un lungo ed estenuante periodo in carcere. Nel 1989 si decide per la revisione del processo, avviato l’anno dopo ma subito interrotto. Nel 1989 infatti era entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale. Dunque il dubbio: Massimo Carlotto deve essere giudicato con il codice nuovo o con il vecchio? Un anno per decidere. Nel corso del quale cambiano i giudici della Corte d’Appello. Un assoluzione annunciata si trasforma nell’incubo di una nuova condanna, confermata ancora in Cassazione. L’epilogo tragicomico di tutto questo arriva nel 1993. Scalfaro concede la grazia, ponendo fine ad un imbarazzante balletto che ha trasformato per sempre la vita di un uomo.
Se è vero quello che dice Gabriel Garcia Marquez, e cioè che bisogna passare la prima parte della propria vita vivendo, e la seconda raccontando, allora Massimo Carlotto di cose da raccontare ne avrà fino alla fine dei suoi giorni. L’incontro con la scrittrice e talent scout Grazia Cherchi dà a Carlotto gli strumenti per trasformare l’inferno del suo passato in un prolifico futuro, e il diario della sua vita in materiale per romanzi. Pubblica Il Fuggiasco, dove racconta la sua vicenda con particolare riferimento agli anni di latitanza, di cui offre una descrizione acuta e dettagliata: dai sistemi di mimetizzazione alla variegata giungla umana che in quei lunghi anni lo accompagna, amandolo o tradendolo o tutte e due le cose insieme. Il suo stile asciutto, diretto, mai indulgente verso il sentimentalismo, danno già l’idea del suo pregiato pedigree. L’anno successivo pubblica La verità dell’Alligatore, dando così vita al suo personaggio più famoso e probabilmente amato dal pubblico: Marco Buratti, alias l’Alligatore, un investigatore con la passione per il blues e per il calvados. Ha un passato da detenuto, condannato per un delitto mai commesso, e in carcere si è fatto la nomea di persona fidata, accumulando crediti che di tanto in tanto fa valere nella sua professione. Lo affianca Beniamino Rossini, attempato contrabbandiere che si vanta di appartenere alla vecchia guardia dei criminali, quelli che ancora conservano un codice etico e un senso personale di giustizia.
Ed è proprio il concetto di giustizia il crinale lungo il quale si muovono i personaggi di Carlotto, attraverso la proposizione di uno schietto messaggio: non contano le divise che indossi o i titoli che hai davanti al nome, ma le azioni che fai, ciò che lasci dietro di te.
I successivi libri dell’Alligatore ribadiscono questa filosofia di fondo. Carlotto racconta le gesta dei suoi personaggi immergendoli in atmosfere da noir francese, locali pieni di fumo e musica, donne con poche speranze e molti rimpianti, uomini che cercano se stessi nel fondo di una bottiglia. E una malinconia sottesa in certe descrizioni in bilico tra il sogno sudamericano e l’ironia d’acciaio dei migliori hard-boiled, come quando, parlando del calvados, dice che “ha il pregio di metterti subito a tuo agio con la vita e il difetto di stenderti senza preavviso “.
Dal 2001 in poi abbandona l’Alligatore. Esce Arrivederci amore ciao, spietato romanzo dove si racconta dell’ex terrorista Giorgio Pellegrini e della sua lunga corsa verso la riabilitazione, istituto giuridico che permette la cancellazione dei precedenti dal casellario giudiziale, dopo cinque anni di buona condotta a partire dall’esecuzione o estinzione della pena principale. La riabilitazione nasce per dare ai criminali una seconda opportunità. Presuppone, da un punto di vista etico, la resipiscenza, dimostrabile attraverso una condotta impeccabile. Ma la legge non ha i mezzi per indagare l’animo delle persone, e in ciò sta la differenza tra norma e sostanza. Pellegrini non si pente, anzi semina dolore e morte lungo il suo cammino, proiettato verso uno scopo per raggiungere il quale bandisce ogni scrupolo. Si riabilita, ma a prezzo di peccati inenarrabili. E in questo libro che Carlotto raggiunge probabilmente l’apice della sua forza narrativa. L’abilità con cui descrive il cinismo chirurgico del protagonista, la sua assenza di pietà, le regole assurde di un mondo alla rovescia, è il suggello al suo talento di scrittore. E il messaggio affermato con prepotenza è chiaro: in questo mondo reale, ogni ottimismo è bandito. Leggi ed etica sono armi spuntate di fronte al marcio che mangia il cuore di certi uomini.
Dopo Il maestro di nodi, L’oscura immensità della morte e Nordest, Carlotto salda un vecchio debito e pubblica La terra della mia anima. Il suo creditore è proprio Beniamino Rossini, personaggio veramente esistito e suo vecchio compagno di carcere, che strappò a Carlotto la promessa di scrivere della sua vita il giorno in cui l’avessero sepolto. Così accade. Vecchi e nuove criminalità si scontrano, generazioni a confronto, padri e figli. E alla fine, per Beniamino, la sensazione che anche il suo non sia più un paese per vecchi.
Massimo Carlotto vive ora a Cagliari. Nessun taglio poteva essere più netto, confrontando il sole della Sardegna con le nebbie del nordest. Continua a scrivere, tra un’incursione nel fumetto e una nel teatro, e si diletta anche nello scoprire e appoggiare nuovi autori, così come lui stesso fu scoperto e appoggiato. Perdas de Fogu, ambientato in Sardegna e scritto a più mani assieme al collettivo di autori riuniti sotto il nome “Mama Sabot”, e l’Albero dei Microchip, insieme a Francesco Abate, sono i suoi romanzi più recenti.

Cristiano Idini

Bibliografia di Massimo Carlotto

Serie dell’Alligatore
1995 La verità dell’Alligatore
1997 Il mistero di Mangiabarche
2000 Nessuna cortesia all’uscita
2002 Il maestro di nodi
2007 Dimmi che non vuoi morire
2009 L’amore del bandito
2015 La banda degli amanti
2015 Per tutto l’oro del mondo
2017 Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane

Altri libri
1994 Il fuggiasco
1999 Le irregolari
2001 Il corriere colombiano
2001 Arrivederci amore, ciao
2004 L’oscura immensità della morte
2004 Niente più niente al mondo
2005 Nordest (a quattro mani con Marco Videtta)
2006 La terra della mia anima
2007 Mi fido di te (a quattro mani con Francesco Abate)
2008 Cristiani di Allah
2008 Perdas de Fogu (a più mani con i Mama Sabot)
2009 L’albero dei microchip (a quattro mani con Francesco Abate)
2011 Alla fine di un giorno noioso
2012 Respiro corto
2013 Cocaina (con Giancarlo De Cataldo e Gianrico Carofiglio)
2013 Le Vendicatrici. Ksenia (con Marco Videtta)
2013 Le Vendicatrici. Eva (con Marco Videtta)
2013 Le Vendicatrici. Sara (con Marco Videtta)
2013 Le Vendicatrici. Luz (con Marco Videtta)
2014 La via del pepe
2014 Il mondo non mi deve nulla
2016 Il Turista
2018 Sbirre (con De Cataldo e de Giovanni)

Fumetti
2004 L’ultimo treno (Carlotto/Palumbo)
2005 Arrivederci amore ciao (Carlotto/Crovi/Mutti)
2007 Dimmi che non vuoi morire (Carlotto/Igort)
2007 Tomka, il gitano di Guernica

Cinema. Dai libri di Carlotto sono stati tratti i seguenti film:

2003 Il fuggiasco, (di Andrea Manni, con Daniele Liotti)
2005 Arrivederci amore, ciao (di Michele Soavi, con Alessio Boni)

Sito ufficiale
Wikipedia

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Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

Giuseppe Pastore ha scritto 1638 articoli: