Un singolare esordio narrativo dalla Norvegia, thriller a tinte cupe di Silje O. Ulstein che in patria ha entusiasmato la critica.
Liv trascorre le sue giornate tra studi di infermieristica e serate passate tra eccessi alcoolici, canne ed heavy metal con i suoi due coinquilini: l’unico vero conforto sembra derivare da Nero, un piccolo pitone moluro che sembra essere l’unico in grado di offrirle un po’ conforto dal disagio di una vita malvissuta e i ricordi di una infanzia devastata.
Mariam è una donna borghese, elegante, ma un giorno per un banale litigio lascia la figlia Iben al centro commerciale e la ragazzina scompare.
Roe è un poliziotto irreprensibile, che rifiuta la vicinanza dei colleghi per non rivelare nulla delle passate tragiche vicende personali.
Cosa lega queste tre persone? Che fine ha fatto Iben?
Le opere prime sono sempre un rischio: in un’opera prima l’autore deve trovare il proprio posto nel panorama editoriale già saturo e competitivo, deve puntare in alto, dimostrare profondità e originalità per lasciare un segno nella memoria collettiva, in attesa che il secondo romanzo confermi o smentisca l’accoglienza di pubblico e critica.
Memorie di un rettile non scansa questo rischio: la storia è solida, la scrittura è sicuramente talentuosa e Silje O. Ulstein è abile nell’approfondimento psicologico dei suoi personaggi: la sensazione che vi sia un qualcosa di manieristico e forzato non lascia però mai davvero in lettore, almeno nella prima parte, dove il romanzo arranca prevalentemente nella descrizione delle vite dei protagonisti senza che si riesca davvero a vedere una connessione tra gli stessi e tra i diversi piani temporali nei quali si svolgono le storie.
Ulstein si avventura alla ricerca di metafore sul male che evolve e cambia pelle e sull’eros, utilizzando come figura retorica il serpente. Scelta non proprio inaspettata – una storia che coinvolse due amanti, un serpente e una mela ebbe già alcuni secoli fa un notevole impatto culturale – ma che comunque poteva in ogni caso essere sfruttata con maggiore profondità: che poi Liv nutra Nero con cuccioli che si fa regalare con l’inganno non aiuta a empatizzare con un personaggio che la vita ha abusato e che meriterebbe forse uno sguardo più accogliente.
Dove il romanzo prende ritmo è nella seconda parte, dove le indagini prendono il sopravvento: il flusso del testo scorre fluido, il romanzo riesce a sorprendere e le connessioni tra gli eventi presenti e passati diventa evidente. Quello che ne esce è quindi un buon thriller psicologico che racconta di una società attraversata da correnti sotterranee oscure fatte di pulsioni e fascinazione nei confronti del male.
Nel complesso Memorie di un rettile è un romanzo che osa, ma non osa fino in fondo: dà voce a Nero – antropomorfizzandolo – ma è una voce narrante che ha poco spazio nell’economia complessiva del racconto, dà spazio a tante – forse troppe – storie crudeli senza spingerle davvero oltre il limite in cui la banalità del male diventa il Male.
Sarà interessante leggere il prossimo romanzo dell’autrice, magari un po’ più libero di esprimere il talento della Ulstein e perché no, libero da alcune forzature stilistiche (e dai corsi di scrittura creativa …).
Silje O. Ulstein , dopo aver ottenuto un master in letteratura all’Università di Oslo, Silje O. Ulstein (1984) ha seguito un corso di scrittura creativa all’Accademia di Bergen. Memorie di un rettile è il suo primo romanzo. Già definito in Norvegia “il migliore giallo d’esordio da decenni”, ha conquistato in breve tempo gli editori di tutto il mondo.
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- Editore: Marsilio
- Autore: Silje O. Ulstein , Giovanna Paterniti