Tra tutti i modi umanamente possibili per elaborare un lutto, lo scrittore canadese Tyler Keevil ne ha congeniato uno davvero rocambolesco nel suo Mentre il cuore batte ancora (HarperCollins). E, come direbbe Sherlock Holmes, Nulla è più innaturale dell’ovvio.
Eira è una giovane donna inglese, rimasta vedova da pochi mesi. Suo marito Tod è stato accoltellato al cuore da uno squilibrato sull’autobus, mentre stavano tornando a casa da una serata a teatro. Da quel momento tragico in poi, Eira non riesce a far altro che sopravvivere al suo dolore, vagando senza scopo. Nulla ha più senso per lei, nulla la stimola a reagire, neanche quando decide di recarsi a Praga, città che le ricorda la vacanza con Tod, durante la quale le aveva chiesto di sposarlo.
Ben presto farà il conto con la triste realtà che Praga non è affatto una panacea ai suoi mali: non lo è l’alloggio fatiscente presso l’affittacamere Marta, non lo è la scuola di Ceco e quello strambo studente canadese con il quale scambia qualche parola, né quel Mario, un tizio poco raccomandabile nel quale si è imbattuta la sera dell’arrivo in città. Ma Mario rimane colpito da lei, tanto da lusingarla con una richiesta un po’ strana: il suo aspetto da viaggiatrice del tipo migliore e il sangue freddo dimostrato durante un tentativo di aggressione, le possono far guadagnare parecchi soldi. Il tutto si ridurrebbe nel noleggiare un’auto, recarsi attraverso la Slovacchia in Ucraina e ritirare un pacco da riportare indietro, a scambio di una valigetta sigillata. Se seguirà le istruzioni tutto filerà liscio come l’olio, riducendosi ad un diversivo adrenalitico alla piatta vita che conduce ma, se qualcosa andasse storto, i capi di Mario si prenderebbero un’atroce vendetta.
Dal momento in cui Eira accetterà di mettersi alla guida per affrontare il viaggio, la sua vita sarà letteralmente sconvolta da tragici avvenimenti e grandiose opportunità per realizzare qualcosa che sa d’incredibile: l’epifania che il suo cuore è in grado di battere ancora.
Esegui gli ordini e trovi piacevole, in un certo senso, avere delle direttive, uno scopo. Essere attiva. (pag. 52)
Mettiamo subito in chiaro un punto: non vi svelerò un’acca della trama, nossignori, perché ci sono rimasta fin troppo male io stessa quando ad un certo punto della lettura (ero ancora a pagina 186) mi è saltato in testa di cercare sul web il titolo originale del romanzo e di imbattermi in una sinossi e una recensione che svelavano un particolare cruciale, ossia quale fosse la merce di scambio trasportata dalla protagonista.
Chiarire quel punto fin dalla recensione significa vanificare tutto il lavoro di cesello di Keevil nel costruire una partenza in sordina per un thriller tanto inusuale nella struttura, quanto potente nella riuscita. Quindi, vi tartasserò di tecnicismi per sviarvi dal cuore del romanzo.
Detto ciò, partiamo anche noi!
Viaggiatrice del tipo migliore. Rifletti su quell’espressione mentre fai la fila per il ritiro dei bagagli, osservando valigie che emergono da un buco nero sopra un nastro trasportatore e fanno tutto il giro come scarafaggi. Il funzionario ha improvvisato, per farti un complimento, e non sai esattamente cosa volesse dire ma puoi indovinarlo. Voleva dire che sei bianca, inglese, donna. […] Ti vesti in modo sobrio: jeans e magliette, scarpe comode. Sembri modesta, collaborativa, docile. E ovviamente non corrispondi al profilo razziale che non dovrebbe esistere ma esiste. Non hai la pelle nera. Non indossi un burka o un hijab o un vestito tradizionale. Non vieni da una nazione in crisi, con lotte e guerre civili. Non sei una rifugiata politica o un’attivista. Non sarai un problema.
Viaggiatrice del tipo migliore. Un commento apparentemente innocuo, ma ti resta in mente, e lo ricorderai quando loro ti avvicineranno e capirai che sei perfetta per il lavoro che loro hanno in mente. O almeno lo sembri. Perfetta in un modo superficiale, come se ti avessero dato una mano di vernice. Loro ti sottovaluteranno, non capiranno come sei nel profondo. Non si renderanno conto, finché non sarà troppo tardi, che apparire docile e obbediente è solo una maschera che tu sai indossare bene. Quando ti fa comodo. (pag. 24)
In senso del viaggio
Fin dall’inizio, dunque, una questione è fin troppo chiara: Eira è in viaggio verso il proprio destino, non verso una città che un tempo l’ha vista felice a fianco a Tod. Non parlo di destino in senso lato, ma proprio di punto di svolta necessitato della sua esistenza, giacché Keevil introduce un dettaglio sulla scelta di Praga che sembrerebbe insignificante se non letto in questa chiave: il nonno di Eira era nato a Praga e quando si è trattato di scegliere la destinazione ha pensato che per ritrovare sé stessa potesse essere una buona idea partire dalle radici, sperando che Praga le facesse risuonare qualcosa di ancestrale nell’anima. Ed eccola quindi alla dogana del Vaclav Havel a riflettere su quella strana affermazione, buttata a casaccio dal funzionario che le controlla il passaporto.
Ho scelto di proporvi questo lungo passo, perché per me rappresenta la citazione delle citazioni, il clou della psicologia della protagonista e il cuore vibrante dell’architettura del romanzo.
L’uso della seconda persona singolare
L’Autore delinea Eira con una profondità psicologica strabiliante e per fare ciò ha scelto di utilizzare un escamotage tecnico molto efficace: l’uso della seconda persona singolare. Ciò rende marionetta chi dovrebbe muoversi di moto proprio, lasciando intendere che Eira è agita più che consapevole, amplificando altresì il concetto che un deus ex machina invisibile guiderà le sue azioni di corriere.
Lascio però volutamente sospesa la questione, relativa al chi parla direttamente di Eira, raccontandone la storia: sé stessa in uno sdoppiamento di personalità dovuto allo stress o un’altra persona? Svelare quello significherebbe dirvi fin da subito se lei sopravviverà o meno, vi sembra mai possibile? Appunto!
Comunque, se siete arrivati a leggere la recensione fin qui, significa che siete lettori affezionati di Thriller Café e condividete con noi la grande passione per i thriller, dunque vi parlerò ancora più francamente del solito: superate il tedio dell’andamento volutamente lento e introspettivo della Prima parte (che potrebbe anche infastidirvi se prediligete thriller più serrati) e tenete d’occhio gli elementi che scardineranno i meccanismi diabolici della storia narrata perché sono tutti lì, in perfetta evidenza fin da subito. E vi assicuro che la partenza in sordina renderà ancor di più roboante il crescente, di rossiniana memoria, della seconda parte del romanzo!
Artifizi tecnici da suspense
Torniamo alla citazione di pag. 24.
Un commento apparentemente innocuo, ma ti resta in mente, e lo ricorderai quando loro ti avvicineranno e capirai che sei perfetta per il lavoro che loro hanno in mente. O almeno lo sembri.
Tyler Keevil è un professore alla Cardiff University di Scrittura creativa e si vede, anzi si legge alla perfezione! Credo che per il nostro Alfredo Colitto sia stato un vero piacere tradurre un testo così curato anche dal punto di vista sintattico. La mia sensazione generale è di estrema scorrevolezza dei periodi e precisione nei raccordi delle trame e sotto trame. Perché, parliamoci con franchezza, il fatto che ogni elemento del thriller ricombaci prima della parola FINE non è sempre scontato. Qui invece l’Autore è di caratura molto elevata e rende piacevole (e facile) seguire l’azione dei protagonisti con l’uso impeccabile della consecutio temporum e dei piccoli dettagli di incertezza inseriti ogni tanto. Insisto tanto su questa citazione di pag. 24 (di 246) perché ha in nuce tutta l’azione tragica futura. Eira è solo arrivata all’aeroporto di Praga per elaborare il suo lutto… bla … bla… bla… ma in un futuro abbastanza prossimo dovrà affrontare una decisione relativa a un lavoro losco che comporterà sicuramente un balzo in avanti dell’azione. Un thriller psicologico si costruisce proprio su basi solide di questo tipo.
La regina delle nevi
L’intermediario Mario soprannominerà Eira la regina delle nevi per il suo particolare modo distaccato e incisivo di rispondere agli stimoli esterni. Se in un primo momento questa espressione le risulterà indifferente (come tutto ciò che la contorna, in verità), le tornerà utile nei momenti di maggior pericolo e ne connoterà il razionale e calcolato agire. Forse un’eredità del nonno praghese? A lei piacerà pensarlo, giacché si renderà conto che di quel sangue freddo è stata dotata fin dalla nascita, anche se fino a quel momento della vita lo aveva usato solo a mo’ di corazza, per farsi scivolare le cose spiacevoli di dosso o come una maschera che tu sai indossare bene. Quando ti fa comodo.
Destinazione finale, Ucraina.
Eh beh, fa una certa impressione leggere di frontiere ucraine in questo momento storico, ma la verità è che Keevil ci regala due pagine magistrali (101 e 102) di parallelismo tra la cittadina ucraina dove Eira è diretta e qualsiasi altro posto lontano dai centri cosmopoliti che venga lasciato a marcire. Cita il Galles, dove attualmente vive, Detroit o le città minerarie dell’Inghilterra settentrionale, nella più completa inconsapevolezza che tre anni dopo a quando lui ha iniziato a scrivere questo romanzo, l’Ucraina avrebbe subito ben più estesa dell’immaginaria piccola cittadina di frontiera da lui descritta.
Il fantasma di Kafka
Non sembra anche a voi che i bagagli che emergono da un buco nero sopra un nastro trasportatore e fanno tutto il giro come scarafaggi, non evochino fin troppo La Metamorfosi?
Ebbene? Siete sopravvissuti a panegirici e tatticismi? Vi è venuta la voglia di correre a leggere Mentre il tuo cuore batte ancora di Tyler Keevil per capire come finirà il viaggio di Eira? Con tutto il mio cuore, spero di sì!
Who is who?
Tyler Keevil è uno scrittore canadese, autore dei romanzi Fireball (2010) e The Drive (2012), e della racconta di racconti Burrard Inlet (2014), oltre a saggi e sceneggiature.
Attualmente vive con la moglie e i figli in Galles, dove insegna Scrittura creativa all’Università di Cardiff.
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