Oyinkan Braithwaite ha studiato scrittura creativa e giurisprudenza alla Kingston University di Londra e lavora nel mondo editoriale.
Ha pubblicato racconti in diverse antologie e riviste. Nel 2016 è stata finalista al Commonwealth Short Story Prize. Con Mia sorella è una serial killer, che è stato tradotto in più di trenta paesi, ha vinto il Los Angeles Times Book Prize per il miglior Crime Thriller, il Morning News Tournament of Books ed è stata finalista al Women’s Prize for Fiction.
“Quando mi ha chiamata, stavo per mettermi a mangiare. Avevo già disposto tutto sul vassoio: la forchetta a sinistra e il coltello a destra. Avevo piegato il tovagliolo a forma di corona, collocandolo al centro del piatto. Il film era in pausa ai titoli di testa e il timer del forno aveva appena suonato, quando il cellulare ha cominciato a vibrare forte sul tavolo. Ora che ritorno a casa, la cena sarà fredda.”
Inizia così Mia sorella è una serial killer, che narra la storia di due sorelle diversissime tra loro. Korede, personaggio principale e io narrante, è precisa, puntigliosa e maniaca della pulizia, ma è anche tanto, forse troppo, legata alla sorella Ayoola. Quest’ultima, superficiale, egocentrica e bellissima, ha un piccolo difettuccio: uccide, con il coltello del padre, i suoi fidanzati.
Il romanzo si apre con l’uccisione di Femi e con la richiesta di aiuto di Ayoola alla sorella. Korede, come sempre, accorre e con guanti, stracci e candeggina ripulisce appartamento e bagagliaio. Anche questa volta Ayoola ha una spiegazione: mi voleva picchiare.
A giocare un ruolo del tutto inaspettato in questa strana vicenda è un professore in coma. Un paziente con cui Korede, che è infermiera, si sfoga quotidianamente. Insomma, chi è che può andare da un terapista e raccontare che la propria sorella è una serial killer?
Tutto sembra filare liscio fino a quando nella trappola seduttiva di Ayoola cadrà Tade, un medico collega di Korede e del quale lei è segretamente innamorata.
Come si comporterà, a questo punto, la nostra protagonista? Quale amore sceglierà: quello di Tade o quello della sorella?
Ulteriore colpo di scena lo si avrà quando il paziente in coma, quasi irreversibile, si sveglierà. Ricorderà le confidenze di Korede?
Questo romanzo d’esordio, affilato, graffiante, ironico e sfrontato, lancia Oyinkan Braithwaite come una delle voci più promettenti della letteratura nigeriana.
La struttura narrativa presenta capitoli brevi, a volte brevissimi, e frasi lapidarie condite di sarcasmo.
La trama è piuttosto anticonvenzionale dal momento che riesce a sovvertire tutti i ruoli tradizionali solitamente assegnati alle donne in questo genere di romanzi.
Unico difetto, a mio avviso, è il fatto che la storia presenti solo il punto di vista di Korede. Avrei voluto sapere qualcosa di più di Ayoola, entrare nella sua mente perché come spesso accade dietro a libri frizzanti si nascondono temi profondi: anche qui c’è violenza, insicurezza, sopraffazione e amarezza.
Un romanzo ben scritto in cui ritroviamo parecchi aspetti della cultura nigeriana (in primis la corruzione diffusa a Lagos) e la storia si snoda in un arco temporale discontinuo, con numerosi flashback che ci portano a intravedere l’infanzia violenta vissuta dalle sorelle.
Una relazione ambigua, inarrestabile, schizzata, in cui le parti di vittima e carnefice continuano a scambiarsi e a sfumare dolcemente l’una nell’altra.
La prosa della Braithwaite è potente e magnetica e il suo thriller è un romanzo diabolicamente divertente, malizioso e fruibile, che tiene il lettore incollato dalla prima all’ultima pagina… ma al tempo stesso non lesina critiche e si scaglia potente contro il sistema patriarcale, in tutte le sue degradanti e disgustose sfaccettature.
Ottima lettura.
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