Nel 1931, durante la depressione, Mildred Pierce è una casalinga con due figlie, Ray e Veda. Dopo la separazione da Bert, il marito inetto e donnaiolo, Mildred è costretta a lavorare come cameriera per sostenere la famiglia. Tiene, però, nascosta la cosa all’arrogante e aristocratica figlia Veda.
Quando Veda scopre che sua madre lavora come cameriera le fa una scenata. Mildred per difendersi le promette che la loro vita cambierà: ha intenzione di aprire un ristorante. In realtà, è stato l’atteggiamento sprezzante della figlia e la vergogna provata a spingerla a fare quella promessa, ma poi si rende conto che sua figlia Veda ha ragione.
Era implacabilmente decisa a farsi strada in qualche modo.
Indossò il pigiama, spense la luce e continuò a girare per la stanza nell’oscurità. Suo malgrado, la macchina di lusso, l’autista e il pianoforte a coda cominciarono a brillare davanti agli occhi, reali, non più immaginari…
Mildred s’inginocchiò accanto al letto e abbracciò con slancio la bambina. «Avevi ragione tu, cara, e io torto. Qualunque cosa dicano gli altri, non perdere mai quell’orgoglio, quel tuo modo di vedere le cose. Vorrei averlo anch’io… E non ti arrendere mai, mai»
«Non posso farci niente mamma; sento così!»
«Stasera è accaduta una cosa…».
«Dimmi»
«Non c’è niente da dire. Solo che ora lo sento, lo so; tutto andrà molto meglio, per noi. Avremo quello che vogliamo…
(James M. Cain, Mildred Pierce, Adelphi 2011, pp. 91-92)
Nel giro di qualche anno, Mildred diventa padrona di una fiorente catena di ristoranti. Tutto sembra andare per il meglio, ma la figlia Veda, per riuscire ad essere indipendente dalla madre, fa innamorare un ragazzo ricco e gli fa credere di essere incinta. Mildred scoperto l’inganno scaccia la figlia di casa, ma la perdona ben presto. Per riconquistarne l’affetto, compra una casa costosissima e sposa persino Monty, un aristocratico senza un soldo. Purtroppo le continue spese conducono Mildred e la sua attività sull’orlo del fallimento e la donna si troverà costretta a…
Perché leggere Mildred Pierce?
Nel 1934, James M. Cain (1892-1977) divenne famoso con The Postman Always Rings Twice (Il postino suona sempre due volte, Adelphi), un noir ambientato nel periodo della depressione. In un distributore di benzina lungo una statale, una donna e il suo amante decidono di uccidere il marito di lei, per impossessarsi di tutti i suoi averi. Di due anni dopo è l’altro capolavoro di Cain, Double Indemnity (La morte paga doppio, Adelphi), storia molto simile alla precedente ma ambientata a Hollywood.
Grazie a The Postman Always Rings Twice e Double Indemnity, Cain è considerato, dopo Dashiell Hammett e Raymond Chandler, il terzo grande scrittore “hard-boiled”.
I tre scrittori erano accomunati dal modo realistico in cui descrivevano la società americana in cui vivevano, la prosa scarna simile a quella delle cronache dei giornali e i dialoghi duri. Nei romanzi di Cain, però, il protagonista non è il detective. Egli predilige il racconto in prima persona del criminale, in questo caso un uomo, che il destino conduce ad un bivio: oltrepassare o no la linea invisibile che separa il bene dal male. Non manca naturalmente il diavolo tentatore, che assume le sembianze di una donna fatale e spregiudicata. Cain veniva così a rappresentare la natura ambigua e potenzialmente cattiva insita nell’animo di ogni uomo.
Mildred Pierce è il quinto romanzo di Cain, pubblicato nel 1941. Esso è preceduto da Serenade del 1937 (Serenata, Einaudi), opera dimenticabile da tutti i punti di vista. A differenza dei precedenti, The Postman Always Rings Twice, Double Indemnity e anche Serenade, la protagonista di Mildred Pierce è femminile e il racconto è in terza persona.
All’epoca Mildred Pierce sembrò un vero e proprio cambio di rotta di Cain. Tutti gli appassionati dello scrittore non si aspettavano questa specie di dramma familiare senza omicidio, condito con spruzzate di critica sociale. Il romanzo di Cain, però, possedeva tutte le qualità per essere un ottimo noir e questo non sfuggi ai cineasti di Hollywood: pare che Tom Chapman, assistente editor della Warner pensasse ad un omicidio già dal 1943. Fu così che, quando il romanzo fu sceneggiato per il cinema, il regista Michael Curtiz vi aggiunse i flashback, il mistero e un omicidio (Cfr. Donna M. Campbell, Taking Tips and Losing Class. Challenging the Service Economy in James M. Cain’s Mildred Pierce, in The Novel and the American Left: Critical Essays on Depression-Era Fiction, edito da Janet Galligani Casey, Univ of Iowa Press, 2004, pp. 1-2).
A volte basta una goccia di noir per tingere tutto un melodramma. In questo caso è stato sufficiente inventare un delitto come finale e metterlo all’inizio, raccontando tutto in flash-back. Il romanzo di James Cain, ritratto di una self made woman che in breve tempo da cameriera diventa proprietaria di una catena di ristoranti, è una piccola allegoria a due facce del sogno americano, dove il lato oscuro è rappresentato dalla figlia di Mildred, un mostro di venalità e di snobismo, che vive come un disonore il mestiere della madre.
(Oreste De Fornari, Classici Americani, Le Mani, 2011, p. 254)
Mildred Pierce, tra Noir e Melò
“È il film che meglio riassume il mélo anni quaranta, quando gli uomini erano al fronte e le signore andavano al cinema: nei panni dell’eroina del romanzo di James Cain, Joan Crawford…”
(Cfr. scheda Il romanzo di Mildred, in Melò. Dizionari del Cinema, Electa Cinema, 2008, p. 210)
È emblematico che uno dei film noir più famosi, girato dal grande Michael Curtiz, sia stato inserito nella raccolta Melò e non in quella Noir della collana i Dizionari del Cinema. Il film è un noir a tutti gli effetti, dalla stupenda scena notturna iniziale ai flashback, dalla voce fuori campo al contrasto espressionista tra la luce e l’oscurità della fotografia di Ernest Haller (vincitore dell’Oscar per la migliore fotografia per il film Via col vento). Ma Mildred Pierce è prima di tutto un romanzo incentrato sul rapporto madre-figlia, tipico topos del melodramma e, pur essendo stato stravolto dalla sceneggiatura di Ranald MacDougall, anche nel film è questo rapporto da soap opera ad essere al centro della storia. Ma questa fusione di melodramma e noir non era insolita in quegli anni, e il film di Curtiz è solo un esempio di una tendenza in atto a Hollywood.
Nella seconda metà degli anni quaranta, anche registi destinati a restare famosi per i loro melodrammi, come Vincente Minnelli, Douglas Sirk o John Stahl, finiscono coinvolti nella dilagante produzione noir, la cui pervasività investe gli «woman’s film» insinuando al loro interno vicende criminali. Addirittura, c’è chi ritiene che se il poliziesco hard-boiled, le storie di reduci e quelle di gangster costituiscono la via principale d’affermazione di una sensibilità noir declinata al maschile, il melodramma viene a esserne una sorta di corrispettivo al femminile: e Jean-Loup Bourget ipotizza che quest’impregnazione noir del melodramma sia dovuta anche al fatto che «melodramma e thriller hanno un antenato comune: il roman noir o gotico della fine del XVIII secolo e dell’inizio del xix secolo».
(Renato Venturelli, L’età del Noir. Ombre, incubi e delitti nel cinema americano, 1940-60, Einaudi, 2007, p. 215)
Romanzo e film, per quanto differenti, sono legati uno all’altro strettamente! Senza il romanzo non sarebbe mai stato girato il film, ma senza la versione cinematografica di Michael Curtiz il libro di Cain non sarebbe così conosciuto ai nostri giorni. Stessa considerazione può essere fatta per l’altro grande classico noir, Double Indemnity diretto da Billy Wilder.
Mildred Pierce, in ogni modo, è un romanzo molto più complesso dei precedenti di Cain, unendo il noir con il melò e il gotico. “Cain’s novel… starts out as social realism and descends into a surreally gothic melodrama…” (Cfr. Rereading: Mildred Pierce by James M Cain, by Sarah Churchwell).
Scritto sei anni dopo Double Indemnity, Mildred Pierce è molto più ambizioso. Si tratta di un distacco e un’evoluzione allo stesso tempo. Se Double Indemnity e The Postman Always Rings Twicesono dei noir criminali ambientati nell’America della depressione che suggeriscono soltanto quanto sia malato il sogno americano, Mildred Pierce è un melò che critica con maggiore asprezza e lucidità i falsi miti della società americana. Pur rifuggendo da una esplicita critica della società, con il suo stile essenziale e cronachistico, Cain ci racconta la vita e i sogni delle persone e il loro naufragio di fronte alla cruda realtà. Mildred Pierce, ad esempio, mostra “the breakdown of the dream in the Depression of the thirties, while Double Indemnify shows the perversion of the dream of success” (David Madden, Kristopher Mecholsky, James M. Cain: Hard-Boiled Mythmaker, Scarecrow Press, 2011, p. 77).
Il rapporto morboso di Mildred e Veda…
La forza maggiore del romanzo, che lo rende un capolavoro, è il rapporto morboso e crudele tra Mildred e sua figlia Veda. Cain è riuscito con indubbia maestria a descrivere un rapporto estremo. L’amore così degradatamente masochistico di Midlred per l’odiosa e egoista Veda coinvolge il lettore a un livello psichico profondo, come solo i capolavori riescono a fare. Il momento cruciale del romanzo è sicuramente l’episodio in cui Mildred, approfitta che le sue figlie sono fuori città con il padre, per uscire con Monty. Quando ritorna dalla gita in spiaggia, Bert le annuncia cheRay, la figlia più piccola, sta male. La bimba morirà poco dopo. Ed è proprio in questo momento che Cain ci mostra il lato più oscuro di Mildred.
Squassata da profondi singhiozzi, Mildred si abbandonò infine al sentimento che aveva combattuto sino a quel momento: una gioia colpevole, frenetica, che le fosse stata strappata l’altra figlia, e non Veda…
Per espiare tutto questo era necessario un atto di suprema consacrazione. A un certo punto, durante la notte, Mildred capì la natura di quell’atto e finalmente trovò pace. O forse, anzi, trovò qualcosa di più della pace.
C’era un che di innaturale, di leggermente malsano nel suo modo di aspirare l’odore di Veda mentre consacrava il resto della vita alla bambina che era stata risparmiata e decideva che il ristorante doveva aprire quel giorno senza rinvii e avere successo…
(James M. Cain, Mildred Pierce, Adelphi 2011, pp. 139-140)
Tutto ciò che accade nel romanzo è collegato alle azioni di Mildred, e tutto ciò che fa Mildred è collegato a fare in modo che Veda sia felice, soddisfacendo ogni suo capriccio. Mildred compie azioni che vanno al di là dell’amore materno, soprattutto tenendo conto del carattere di Veda. Si tratta di un rapporto masochistico in cui la dominatrice è Veda, che fin da piccola dimostra il suo carattere viziato e indomito.
Mildred l’afferrò per le braccia, se la buttò su un ginocchio, sollevò con un gesto la vestaglia e con un altro abbassò le mutande e infine fece ricadere la mano nuda sulle natiche di Veda con tutta la forza che poteva darle la collera. Veda urlò e le addentò la gamba, ma Mildred si svincolò e continuò a sculacciarla fino allo sfinimento. Veda urlava come se fosse posseduta dai demoni.
Lasciandola finalmente scivolare a terra, Mildred si abbandonò sulla poltrona, ansante, soffocando la nausea che le montava nello stomaco… Le poche volte che aveva picchiato sua figlia non aveva ottenuto alcun risultato. Era impossibile domare Veda a suon di colpi. Dopo queste lotte, la vittoria rimaneva alla bambina; Mildred ne usciva ignobilmente disfatta, tremante. La conclusione era sempre la stessa. Mildred aveva paura di Veda, del suo snobismo, del suo disprezzo, del suo spirito indomabile, temeva più di tutto qualcosa che sembrava sempre covare sotto il tono scherzosamente affettato, sotto le pose della bambina: un desiderio freddo, crudele, volgare, di torturare sua madre, di umiliarla, soprattutto di ferirla. Mildred agognava da sua figlia l’affetto caldo che quella riservava a Bert, riuscendo solo a ottenerne una finzione teatrale, artefatta…
(James M. Cain, Mildred Pierce, Adelphi 2011, 89-90)
Il personaggio nuovo di Mildred Pierce
Il personaggio di Mildredè uno dei più bei personaggi femminili creati da uno scrittore, e non ha niente da invidiare a grandi figure letterarie quali Madame Bovary e Anna karenina. Rispetto ai precedenti romanzi, Il postino suona sempre due volte e La fiamma del peccato, in cui le due protagoniste sono un tipico esempio della dark-lady del genere noir, Mildred propone una visione nuova della donna da parte di Cain.
Mildred è una donna frustata nelle proprie ambizioni che sogna un riscatto sociale per le proprie figlie e per questo abbandona il marito privo di ambizioni ed apre un caffè per proprio conto, per poter fare denaro ed assicurare un futuro luminoso a Veda ed alla sorellina.
(Gianni Di Claudio, Il cinema north by northwest. Storia del cinema giallo, poliziesco, gangster film, noir, spy story, thriller, Libreria Universitaria Editrice, 2001, pp. 206-207)
Mildred è una “synthesis of all of Cain’s women”, con una caratterizzazione più completa e convincente. Per Cain la femme fatale era ormai un luogo comune e ne aveva abusato fin troppo nei romanzi precedenti. Gli venne in mente così di scrivere una storia diversa, su “a venal American housewife, a ‘grass widow with two children to support,’ that great American institution that never gets mentioned on the fourth of July, who didn’t know she was using men, but imagined herself quite noble—this I thought a challenge.”
Mildred Pierce, infatti, rappresenta la donna moderna, intraprendente e forte, capace di evolversi e di rendersi indipendente dal tipico ruolo della casalinga. La capacità della donna di sopravvivere in un mondo patriarcale tornerà in un altro memorabile personaggio femminile molto simile a Mildred, quello di Carrie Selden in Root of His Evil. Entrambe iniziano come cameriere e sono costrette dalle circostanze e dalla debolezza del marito a prendere in mano la gestione della famiglia, a trovare dentro di loro la forza per risccattare la propria esistenza (Cfr. David Madden, Kristopher Mecholsky, James M. Cain: Hard-Boiled Mythmaker, Scarecrow Press, 2011, p. 52).
Verso la fine degli anni trenta, quando Cain sta iniziando a scrivere Mildred Pierce, lo scrittore aveva da poco conosciuto Kate Cummings, la cui amicizia gli fece comprendere quanto potesse essere eterogeneo il mondo femminile. Kate era una madre single che aveva sacrificato una promettente carriera di cantante per dedicarsi a sua figlia. Cain ebbe così prova di quanto potesse essere disinteressato l’amore materno. In Mildred Pierce, Cain sperimentò per la prima volta anche la terza persona, che forse meglio si adattava alla descrizione di un personaggio femminile come quello di Mildred. Mildred si differenzia dalle precedenti protagoniste dei romanzi di Cain, anche per il fatto che le sue aspirazioni non sono per se stessa, ma per i suoi figli. Mildred lavora duro in modo che Veda possa realizzare i suoi sogni (Cfr. This Woman’s Work. James M. Cain on the grass widow, by HILTON ALS).
Il personaggio di Mildred, però, non è così positivo come si può credere ad una prima superficiale lettura. Come tutti i grandi personaggi, Mildred è ambigua e non priva del suo lato oscuro. Cain stesso disse che Mildred era una “victim of the depression, a venal American housewife who didn’t know she was using men, but imagined herself quite noble” (vittima della depressione, un venale casalinga americana che non sapeva che stava usando gli uomini, ma si immaginava molto nobile” – cfr. Rereading: Mildred Pierce by James M Cain, by Sarah Churchwell).
Mildred e Veda sono molto simili in effetti, una è il doppio dell’altra e da questo forse nasce l’amore odio che le lega. Anche molta della critica cinematografica si è dedicata al rapporto madre-figlia, dal momento che il film di Curtiz gioca molto sulla somiglianza tra le due attrici, Joan Crawford and Ann Blyth.
Briefly put, Mildred’s story is equally Veda’s story, for Veda functions throughout as Mildred’s double as well as antagonist. Much film criticism has centered on the mother-daughter relationship, particularly since the film emphasizes the similarities between the two women through a variety of methods: two-shots framing the visually similar actresses Joan Crawford and Ann Blyth, shots repeated with both actresses, and so forth. Even in the book, however, Veda is a dark funhouse mirror, a distorted medium through which Mildred’s own actions appear exaggerated and refracted into more sordid versions of themselves.
(Donna M. Campbell, Taking Tips and Losing Class. Challenging the Service Economy in James M. Cain’s Mildred Pierce, in The Novel and the American Left: Critical Essays on Depression-Era Fiction, edito da Janet Galligani Casey, Univ of Iowa Press, 2004, p. 12)
Questa somiglianza viene sottolineata da Veda, durante un duro confronto con la madre.
Gli occhi di Veda mandarono un lampo e Mildred desiderò di ritrattare, evitare una di quelle scene da cui usciva sempre battuta, umiliata, ferita. Ma sentiva dentro un furore nato dalla gelosia morbosa…
Disse con voce tremante: «Come hai potuto fare una cosa simile? Se tu amassi quel ragazzo non avrei niente da dire… Ma fingere di amarlo per farlo cadere in un tranello, per estorcergli soldi … come hai potuto?»
«Semplicemente seguendo le orme di mia madre»
«Che cosa hai detto?»
«Oh, non essere noiosa. Confronta tu stessa la data del tuo matrimonio e quella della mia nascita. L’unica differenza è che tu, allora, eri un po’ più giovane di me, un paio di mesi appena. Evidentemente è un vizio ereditario».
«Perché credi che abbia sposato tuo padre?»
«Credo sia stato lui, piuttosto, a sposare te. Se vuoi sapere perché penso che tu l’abbia lasciato fare, secondo me è per la stessa mia ragione, per i soldi».
«Quali soldi?»
«Mamma, non farmi perdere la pazienza. Adesso papà è sul lastrico, ma allora era piuttosto ricco e tu certo lo sapevi. Quando il danaro è sparito gli hai dato un calcio e dopo il divorzio, quando lui era così al verde che doveva mantenerlo la Biederhof, gli hai portato generosamente via l’unica cosa che gli rimaneva: questa tana bellissima, principesca, sontuosa in cui viviamo»
(James M. Cain, Mildred Pierce, Adelphi 2011, pp. 244-245)
Ho trovato scritto spesso che Mildred è un personaggio molto innovativo per l’epoca, rappresentando una donna in carriera indipendente e capace di sfondare in un mondo che sino ad allora era stato territorio esclusivo dell’uomo. È vero che la figura di Mildred risalta in modo ancora più evidente se messa a confronto con gli uomini del romanzo, soprattutto suo marito Bert. Cain, all’inizio del libro,riesce in poche pagine a rappresentare il tipico uomo medio americano, che la depressione ha reso insicuro, tanto da cercare, in una relazione sessuale extraconiugale,una specie di conferma del suo essere ancora un maschio. In realtà, ormai da tempo, il vero capo famiglia è Mildred. È lei che porta a casa i soldi vendendo le torte fatte in casa, è lei che decide che cosa è meglio per le sue figlie.
In realtà, il personaggio di Mildred non è così innovativo. Basti pensare che, nel 1933, venne pubblicato il romanzo Imitation of Life,scritto d’allora famosa scrittrice Fannie Hurst (1889-1968). Il romanzo racconta la storia di Bea Pullman, vedova e madre di una bambina, che si trova a dover sopravvivere nell’America della depressione. Insieme alla cameriera afro-americana, Dalila Johnston, anche lei madre single, Bea investe il poco denaro rimasto su un ristorante di frittelle. Con il tempo, il ristorante si trasforma in una catena nazionale, rendendo le due amiche ricche, anche se l’indipendenza economica e il successo commerciale non porteranno loro la felicità sperata. E pur essendo un romanzo che tratta del razzismo, “the novel’s narrative strategies… lead to more focus on the issue of the career woman than on race” (E. Ann Kaplan, Motherhood and Representation: The Mother in Popular Culture and Melodrama, Routledge, 2013, p. 164). Oltre a rappresentare una donna forte che riesce a cavarsela senza l’aiuto di un uomo, Imitation of Life pone al centro della storia il rapporto tra madre e figlia e la loro passione per lo stesso uomo. Le somiglianze con Mildred Pierce sono quindi notevoli. Dal romanzo, inoltre, furono tratti due grandi film: Imitation of Life diretto da John M. Stahl, nel 1934; Imitation of Life diretto da Douglas Sirk nel 1959 (per notizie sul romanzo e i due film, cfr. Julie Cary Nerad, Imitation of life, in Multicultural America: A Multimedia Encyclopedia, a cura di Carlos E. Cortés, SAGE Publications, 2013, pp. 1137-1138).
Il personaggio di Veda
Nel 1917, Cain insegnava a Easton ed è qui che accadde un episodio che rimarrà nella memoria del futuro scrittore e che lo influenzerà nella creazione di alcuni suoi personaggi femminili, soprattutto la “piccola” Veda.
“Lei fece la sua apparizione in una delle mie classi. Poteva avere, direi, dodici anni e, nel suo secondo giorno di scuola, portava dei calzettoni neri. Le sue gambe erano le più belle che avessi mai visto in una ragazza di dodici anni: seduta, le incrociava in un modo tale che io potevo avere un colpo d’occhio su Honolulu, come diceva Zsa Gabor, poi incrociava il suo sguardo con il mio…”
(Pasquale Fede, Le radici del noir fra letteratura e cinema, I grandi cataloghi e saggi n. 2, Fondazione Rossellini, 2009, p. 164)
L’episodio è molto importante perché la ragazzina invita Cainnella sua camera, per delle lezioni private, e il giovane professore rifiuta solo di fronte alla prospettiva di finire dietro le sbarre in una prigione. Cain affronta quindi personalmente quella lotta interiore, causata dal desiderio sessuale, che descrive in Frank del Postino suona sempre due volte e Walter deLa fiamma del peccato, quando incontrano Nora e Phyllis.
Il personaggio di Veda è meno presente di quello di sua madre, ma non meno importante. Come accennato, Veda è la causa diretta o indiretta di tutto ciò che accade nel romanzo. È molto bella e ha un grande talento per la lirica; è presuntuosa e orgogliosa fin dall’infanzia. E fin da adolescente sembra provare piacere nel far sentire in colpa sua madre e renderla infelice. Veda disprezza il modo in cui sua madre è diventata ricca, la considera una arrampicatrice sociale. Per lei sua madre appartiene alla classe operaia e ne i soldi né il matrimonio con l’aristocratico Monty potranno cambiare questa situazione. Mildred non solo adora sua figlia ma ne ammira anche il carattere e vorrebbe essere come lei. In un certo senso vorrebbe essere sua figlia.
Mildred l’adorava per la sua bellezza, il suo talento artistico e il suo snobismo, indizio di una personalità più raffinata della sua. Ma Veda adorava invece suo padre per le sue manie di grandezza e per i suoi modi eleganti; era perfino orgogliosa del suo disprezzo per ogni forma di lavoro redditizio. In tutte le meschine liti degli ultimi mesi era stata invariabilmente dalla sua parte e spesso aveva disarmato la madre con osservazioni altezzose.
(James M. Cain, Mildred Pierce, Adelphi 2011, pp. 21-22)
Veda rappresenta nel romanzo il male assoluto e supera in cattiveria anche la protagonista di La fiamma del peccato. In lei sembra che non vi sia interesse alcuno se non per se stessa. Nel genere noir la figura della donna fatale, cinica, sensuale e letale è uno dei temi portanti. James M. Cain, creando Cora, Phyllis e Veda è lo scrittore che forse più ha contribuito a creare la leggenda della dark-lady.
“Il romanzo di Mildred” di Michael Curtiz del 1945
“Grazie a una drammaturgia narrativa perfettamente dosata, una fotografia che mostra il declino della cultura californiana nella periferia degli anni ’40 e l’irresistibile interpretazione di Joan Crawford nel ruolo principale, il noir di Michael Curtiz regala suspense allo stato puro.”
(The Guardian, citato da Philipp Buhler, nella scheda Il romanzo di Mildred. Mildred Pierce, in Cinema degli anni 40, a cura di Jurgen Muller, Taschen, 2007, p. 282)
Il film di Curtiz è uno dei migliori noir prodotti da Hollywood. Nel 1946, Joan Crawford ottenne il Premio Oscar come miglior attrice protagonista. Il film ebbe anche altre cinque nomination, tra cui la migliore sceneggiatura non originale di Ranald MacDougall e la migliore fotografia in bianco e nero di Ernest Haller.
L’adattamento per il grande schermo non fu affatto facile. Alcuni dei temi principali, del romanzo – gelosia, tradimento, inganno e avidità – erano ideali per il genere noir, ma dovevano essere calati in un’atmosfera diversa e, al tempo stesso, la figura di Mildred doveva essere più positiva di quanto fosse nel libro di Cain.
Il romanzo di Mildred è forse il capolavoro di un filone secondario (ma non trascurabile) del cinema del periodo, quello dedicato alle donne forti e indipendenti. Donne che reagiscono alle tensione e al pericolo senza gettarsi nelle braccia di un uomo ma facendo affidamento solo sulle proprie forze.
(Alberto Guerrri, Il film noir. Storie americane, Gremese Editore, 1998, p. 77)
Il romanzo si apre con la descrizione di un tranquillo sobborgo americano, con un marito che si occupa del giardino. Quando poco dopo, l’uomo entra in casa e inizia a discutere con la moglie, che lo accusa di avere una relazione extraconiugale e di non fare niente per trovare un nuovo lavoro, il lettore rimane stordito. L’immagine quasi idilliaca iniziale viene spazzata via, quando viene rivelata la triste realtà che si cela dietro la superficie solare e tranquilla di “un prato uguale a migliaia d’altri nella California del Sud… la casa, un villino spagnolo dai muri bianchi e dal tetto di tegole rosse, somigliava a tante altre” ((James M. Cain, Mildred Pierce, Adelphi 2011, p. 9).
Michael Curtiz rinuncia a questa critica sociale. Sceneggiatore e regista trasformano il romanzo di Cain in un poliziesco con omicidio, che fornisce anche un finale morale e punitivo nei confronti del materiale incestuoso e pedofilo del libro (Cfr. David Madden, Kristopher Mecholsky, James M. Cain: Hard-Boiled Mythmaker, Scarecrow Press, 2011, pp. 150-151).
Il film, come accade a molte pellicole noir dell’epoca, parte dalla fine, con una sequenza notturna che mostra un omicidio, e continua raccontando la storiacon un lungo flashback, con la tipica voce fuori campo. Prelevata dalla polizia, Mildred inizia a raccontare la storia della sua vita, a partire dal giorno della separazione dal marito, ricollegandosi al romanzo di Cain. Il romanzo perde in parte la sua carica melodrammatica ma ne guadagna in suspense e in ritmo (Cfr. Wheeler Winston Dixon, Film Noir and the Cinema of Paranoia, Edinburgh University Press, 2009, pp. 18-19).
Cain non fu felice della trasformazione del suo romanzo e rifiutò anche di collaborare alla sceneggiatura. Lo scrittore disse che il libro raccontava “la lotta di una donna contro una grande ingiustizia sociale. . . la necessità di una madre di sostenere i suoi figli, anche se il marito e la comunità non le davano la minima assistenza” e che inserire un omicidio rendeva la storia simile a molte altre (Cfr. Donna M. Campbell, Taking Tips and Losing Class. Challenging the Service Economy in James M. Cain’s Mildred Pierce, in The Novel and the American Left: Critical Essays on Depression-Era Fiction, edito da Janet Galligani Casey, University of Iowa Press, 2004, p. 2).
Mildred Pierce, lo sceneggiato con protagonista Kate Winslet
Se Cain fu contrariato dal modo in cui fu stravolto il suo romanzo nel 1945, sarebbe stato molto più felice sicuramente nel vedere la trasposizione della HBO del 2011; la miniserie, in cinque parti, per la regia di Todd Haynes.
Mildred Pierceha vinto ben cinque Premi Emmy su 21 nomination, tra cui la miglior scenografia e colonna sonora in una miniserie o film TV. Kate Winslet ha vinto il Primetime Emmy Awards come miglior attrice in una miniserie o film tv nel 2011 e l’anno successivo il Golden Globe.
Nel cast molti bravi attori, tra cui Evan Rachel Wood nella parte di Veda e Guy Pearce in quello dell’aristocratico decaduto. Su tutti la magistrale Kate Winslet, che non fa rimpiangere la grande Joan Crawford, anche se le due interpretazioni sono molto differenti.
La serie si contraddistingue per la cura del dettaglio storico, la fotografia, le musiche, e per il fatto che, rispetto all’adattamento di Curtiz del 1945, è molto fedele al testo di Cain (Cfr. David Madden, Kristopher Mecholsky, James M. Cain: Hard-Boiled Mythmaker, Scarecrow Press, 2011, pp. 151-152). Se ne distacca nella parte finale e nella descrizione di Mildred: mentre nello sceneggiato, Kate Winslet è sempre molto bella, nel romanzo Mildred con l’età si ingrassa e beve spesso.
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