Da sempre specializzata in narrativa proveniente dal nord Europa e in particolare dai paesi scandinavi, Iperborea ha da qualche tempo aperto le proprie porte anche alla letteratura di genere, iniziando a pubblicare gialli e noir. Da qualche settimana, per i loro tipi è uscito Morte apparente, romanzo di Thomas Enger che sta riscuotendo un enorme successo e i cui diritti sono già stati acquistati dalle più prestigiose case editrici di ben 14 paesi.
Insomma, c’è grande attesa e grande fiducia in questo romanzo, e probabilmente non senza motivo. Se vi ho incuriosito, leggete la recensione che trovate qui sotto…
Titolo: Morte apparente
Autore: Thomas Enger
Editore: Iperborea
Anno di pubblicazione: 2011
Traduttore: Basso I.
Pagine: 372
Trama in sintesi:
Le cicatrici sul volto e il gelo nell’anima, il giornalista Henning Juul torna al lavoro ma non alla vita dopo il misterioso incendio in cui ha perso il figlio. Ad attenderlo il caso che ha sconvolto la pacifica Oslo, un delitto che richiama i rituali della Shari’a e ha il volto della giovane Henriette Hagerup. Polizia e media battono ogni pista plausibile, tutti gli indizi portano a Mahmoud, il fidanzato pachistano legato alle bande del narcotraffico, ma chi era veramente la bella studentessa di cinema, così ammirata, così intrigante nel suo talento anticonformista? E cosa nasconde il film sull’islam che stava girando insieme all’amica Anette? In un crescendo di tensione, la trama di morte si infittisce intorno a un’indagine che diventa per Henning un faccia a faccia con i propri fantasmi, fino al brusco risveglio che ha il cacciatore quando si accorge di essere la preda.
Se venissi al bancone del ThrillerCafè e mi chiedessi un cocktail adatto per gustare “Morte apparente”, romanzo d’esordio di Thomas Enger, la scelta ricadrebbe su un Bobby Burns.
Prendiamo anzitutto lo shaker e mettiamoci dentro quattro o cinque cubetti di ghiaccio. La temperatura del cocktail, si sa, fa la sua bella parte.
Henning Juul ha il gelo nell’anima, e non solo perchè il termometro di Oslo si ostina a non andare troppo oltre lo zero: Henning ha perso un figlio e ha vissuto gli ultimi due anni cristallizzando i pensieri, rimanendo bloccato nella morsa del ricordo, della disperazione, della paura.
Ma arriva il momento in cui decide di andare avanti, seppur con molta fatica, e rimettersi in carreggiata. Dopotutto, prima dell’incidente che gli ha portato via Jonas e che ha deturpato il suo volto, era un giornalista in gamba.
Qui aggiungiamo nello shaker del buon whisky. Che sia il caro vecchio Jack Daniel’s piuttosto che un Wild Turkey o un Four Roses, l’importante è che ti bruci le budella cinque secondi dopo aver mandato giù, non credi?
Henning torna dunque al lavoro ma si ritrova subito alle prese con un delitto efferato, una giovane studentessa è stata fustigata, mutilata di una mano, lapidata, su una collina dell’Ekeberg.
Henriette Hagerup ha fatto una brutta fine ma Henning non è convinto che il colpevole sia il fidanzato Mahmoud, come tutto potrebbe far pensare.
A questo punto tocca al vermouth dry. Dolce, dall’aroma forte, ma che sprigiona ugualmente lingue di fuoco.
Per Henning non è facile incontrare di nuovo l’ex moglie. Ancor meno facile è lavorare col nuovo compagno di lei ma è Anette, l’amica della Hagerup, che inizia a catalizzare la sua attenzione.
A cosa stavano lavorando Anette e Henriette? C’entra qualcosa con l’omicidio la sceneggiatura sulla quale le due stavano lavorando?
Henning Juul tenta di ricomporre faticosamente i pezzi del puzzle, cosa non semplice se una banda di delinquenti fa fuori il fratello dell’indiziato principale e poi cerca di togliere di mezzo anche lui.
Dunque è braccato, ora, ricorre a un suo vecchio e misterioso contatto tramite internet, prosegue cocciuto nelle indagini.
Aggiungiamo il Benedictine, adesso. Un tocco di digestivo per dar corpo al cocktail.
Henning, passo dopo passo, aiutato da Anette e dal misterioso contatto, arriva alla soluzione.
Ma è davvero la soluzione giusta?
Non resta che shakerare il tutto e poi versare in una coppa fredda.
E solo allora Henning Juul capirà chi è l’assassino di Henriette Hagerup.
Il cocktail è quasi pronto.
Ma prima lascia che ti dica qualcos’altro mentre rimesto delicatamente il tuo intruglio.
Thomas Enger è in gamba. La sua storia poggia su basi solide, ha tutto quello che dovrebbe avere un giallo di qualità, oltre a una ottima capacità narrativa.
Pensi che sia poco? Oh no, ti sbagli, non lo è. Protagonisti come Henning Juul non escono fuori poi tanto spesso.
Ecco, ora decoriamo il tutto con una striscia di scorza di limone, il tocco finale.
Ho bisogno di aiuto per scoprire chi ha ucciso mio figlio.
Beviti il tuo cocktail, amico.
Scommetto che tornerai a chiedermene un altro.
Gabriele Lattanzio
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