Oggi, chi si ferma al Thriller Cafè, si sentirà raccontare la storia dell’ultimo romanzo di Michele Navarra: “Nella tana del serpente”, da poco uscito per Fazi editore. Il serpente in questione non è l’animale velenoso, ma è la costruzione romana de “Il Corviale” che del serpente ha la forma. Per chi conosce Roma, non servono ulteriori spiegazioni su cosa sia questo enorme edificio. Per chi invece non lo sapesse, Corviale è una costruzione degli anni settanta del Novecento, tipico esempio di edilizia residenziale popolare, costruita alla periferia Nord-Ovest di Roma, al tempo in cui si credeva che la rigenerazione urbana delle zone periferiche passasse per questi grandi casermoni in stile razionalista (ce ne sono in ogni grande città).
Corviale è il protagonista del nostro romanzo. Con la sua vita fatta di enormi contraddizioni. Persone perbene che non intendono arretrare di un solo millimetro per la salvaguardia della loro dignità, ma anche spazio aperto per la disperazione, la miseria, la delinquenza, che ai giorni nostri passa soprattutto per lo spaccio di droga. Protagonista è anche l’avvocato Alessandro Gordiani, alter ego abituale di Navarra nei suoi romanzi (per chi non lo sapesse Navarra è avvocato di professione, oltre che scrittore). L’avvocato si trova a difendere un abitante di Corviale accusato di omicidio, un omicidio avvenuto proprio nei meandri del “serpentone”.
L’ambiente nel quale matura l’omicidio è proprio quello dei piccoli spacciatori di periferia. Bande rivali che si fronteggiano, bulli e bravate. Una di queste bande è fatta da ragazzi immigrati, che sono in lotta con gli italiani per il controllo dello spaccio. Le lotte sfociano spesso in risse, in piccole rivalità e in una di queste occasioni ci scappa il morto e il primo accusato dalle forze dell’ordine chiamerà in causa proprio l’avvocato Gordiani per essere difeso.
Navarra ci regala un buon legal thriller all’italiana, come nel suo costume. Ciò che interessa l’autore non è tuttavia soltanto il dipanarsi dell’indagine, che è comunque ben delineato, ma anche l’emergere della profondità psicologica dei personaggi, che viene indagata con estrema cura, quasi a voler restituire a normali ragazzi di periferia, una dignità umana a tutto tondo, a prescindere dalle sfortune che hanno incontrato nella loro vita. Tutto questo non sarebbe possibile se non ci fosse una profonda conoscenza dell’ambiente sociale romano, da Navarra ricostruito in modo molto efficace, in particolare per quanto riguarda Corviale (compaiono nel romanzo riferimenti anche a iniziative sociali realmente esistenti, quale per esempio Calciosociale, che qui segnaliamo come meritoria e degna di attenzione).
Alla fine, al di là dell’evoluzione dell’intreccio (molto buona) rispetto alla quale non facciamo ovviamente alcuna anticipazione, ne emerge un quadro un tantino amaro di questa periferia romana e anche, a dire il vero, del sistema della giustizia. Non c’è spazio per eroi che abitano questi luoghi. E non ci sono eroi neanche tra le forze dell’ordine, tra gli avvocati, men che meno tra i magistrati, sferzati ampiamente in tutto il romanzo (l’ottica è sempre quella del difensore). Se ne deve essere accorto anche Navarra, che recupera un po’ di ottimismo con l’ultima parte del romanzo, nella quale celebra il suo amore per Roma con le bellissime strofe dei cantautori (romani) e soprattutto con la nota finale. Una nota tutta dedicata al Serpentone, che ci spiega cosa aveva in testa chi in quegli anni aveva immaginato queste avveniristiche costruzioni, restituendoci un po’ speranza rispetto al fatto che, forse, un giorno, queste mitiche “città del sole” possano esistere anche nella realtà.
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