Nell’angolo più buio è un romanzo che segna l’esordio dell’inglese Elizabeth Haynes, già best seller in Inghilterra e nei numerosi paesi in cui è già stato pubblicato (e Amazon.co.uk Best book 2011). Lo recensiamo oggi su Thriller Café.
Titolo: Nell’angolo più buio
Autore: Elizabeth Haynes
Traduttore: Brovelli C.
Editore: Giano
Anno: 2011
Trama in sintesi:
2003: Cathrine Bailey è una ragazza come tante, che vive nella città di Lancaster, dove divide le sue giornate tra lavoro ed allegre serate di baldoria con le amiche di sempre. E’ la serate di Halloween e Cathy è più bella che mai: indossa un vestito di satin rosso che la fa sentire sexy e desiderata. In fondo è l’effetto che vuole ottenere, e colpisce nel segno attirando l’attenzione dell”uomo che cambierà per sempre la sua vita: Lee. 2007 : Cathrine Bailey è una donna che vive a Londra, dove si divide tra la casa e il lavoro. Non ha amici, non è capace di stare nei luoghi affollati ed è affetta da una sindrome di controllo compulsivo e frequenti attacchi di panico: Catherine vive prigioniera dalle sua paure che la portano a verificare, con un preciso rituale, che porte e finestre della sua abitazione siano perfettamente chiuse e sigillate. Catherine non si sente più al sicuro: perchè? Cosa le è successo? L’incontro con il suo vicino Stuart, per Catherine costituirà una svolta: lui la condurrà verso un lungo processo di guarigione per ritornare ad una vita libera da ossessioni e da paure, soprattutto dalla sua paura più grande che ha il volto e il nome di Lee Brightman.
La storia di Cathy è presentata come un diario sdoppiato nel tempo che alterna due piani temporali narrativi: abbiamo il racconto della Catherine ventiquattrenne quando nel 2003-2004 la giovane conosce Lee, se ne innamora perdutamente, ne accetta il lavoro, che lo porta a sparire per gironi, le sue manie di intrufolarsi nel suo appartamento, la sua gelosia: poi qualcosa sfugge al suo controllo e Catherine si ritrova vittima di brutali violenze dall’uomo che credeva non le avrebbe mai fatto nulla di male. C’è il racconto della Catherine del 2007, del tutto antitetica alla giovane spensierata di qualche anno prima. Il presente di Cathy è il tempo dei sopravvissuti, di quelli che giorno per giorno affrontano le conseguenze di un trauma devastante che ha lasciato nell’anima e sul corpo delle cicatrici indelebili. Ma è anche il tempo della rinascita, del riaffacciarsi alla vita attraverso un incontro inaspettato e nello stesso tempo destabilizzante, che sottrae la protagonista alle sicurezze della sua ossessiva routine. L’espediente narrativo del racconto diaristico sdoppiato nel tempo tiene incollato il lettore alle pagine: come Pollicino, l’autrice semina, lungo la narrazione, gli elementi via via necessari per ricostruire a ritroso il doloroso passato di Catherine, in cui risiedono le cause delle sue patologie compulsive. La Haynes con grande perizia riesce a condurci nelle pieghe di un animo umano bloccato dalle sue ossessioni, che non sono frutto di una mente allucinata, ma di una persona che ha subito un trauma profondo, ovvero quella della violenza, della tortura, della privazione delle propria libertà . Man mano che si va avanti nella lettura, il senso di angoscia e di soffocamento aumenta con quella della protagonista che senza saperne il motivo si ritrova invischiata in una situazione che mai avrebbe immaginato.
Se la Haynes riesce nella delicata impresa di descrivere con grande competenza il tema delicato della violenza domestica e delle conseguenze psicologiche che il trauma subito ha sulle vittime, meno riuscito è il contesto narrativo generale: i dialoghi non si distinguono per originalità, i personaggi, a partire dai protagonisti, appaiono intrappollati nel loro ruolo, non riuscendo a stagliarsi con maggiore spessore sulla narrazione. Anche lo stesso personaggio di Lee, a volte, sembra cadere nello stereotipo del genere; lo stesso dicasi per l’antagonista maschile di Lee, Stuart, che è così perfetto da sembrare in alcuni momenti “finto” e quasi stucchevole.
Vale comunque la pena leggere questo libro, non solo per come il lato psicologico della vicenda viene sviluppato, ma perchè è un libro che fa riflettere: Catherine è in fondo una donna come tante che, prima di Lee, non conosce la violenza, così come le sue amiche e i suoi amici. Eppure, inaspettatamente la violenza entra nella sua vita, proprio nel momento in cui pensa di aver trovato finalmente l’amore. Il male, dunque, non fa distinzione, può colpire chiunque e quando lo fa, la cosa è talmente scioccante che anche le stesse persone a noi vicine preferiscono credere altro piuttosto che la nostra verità. Ci si ritrova soli, isolati, e proprio quando si è messi al muro, relegati nell’angolo più buio della nostra disperazione, possiamo contare solo sulle nostre risorse per sopravvivere, proprio come fa Catherine, sull’orlo del precipizio.
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