Piera Carlomagno, di origini lucane, nasce a Salerno e si laurea a Napoli in Lingua e Letteratura Cinese. È una giornalista professionista e dopo essere stata cronista di giudiziaria per molti anni ora collabora con “Il Mattino” di Napoli. Affianca alla sua professione di giornalista la sua passione per la scrittura e soprattutto per i gialli/noir. Fin dalle sue prime opere pubblicate si è distinta, per originalità e competenza, nel panorama noir ottenendo numerosi premi e riconoscimenti di tutto rispetto. Tra questi possiamo ricordare: finalista al Premio Tedeschi del Giallo Mondadori 2011 con Le notti della macumba; Premio Garfagnana in Giallo sezione ebook 2014 con L’anello debole e infine con Intrigo a Ischia ha vinto il Premio Speciale Giuria Garfagnana in Giallo 2017 sezione Master, il Premio Speciale Giuria Costa D’Amalfi Libri 2017 e la Menzione Speciale Giuria Premio Giallo Garda 2017. Nel 2019 con Una favolosa estate di morte (Nero Rizzoli) dà vita al personaggio seriale di Viola Guarino, un’anatomopatologa, profiler ed esperta della scena del crimine. Recensisco qui ora per voi, attenti lettori di Thriller Café, il secondo libro della serie e precisamente Nero lucano (Solferino, 2021).
Leda Montessori, varesina, giunge come è solita fare diverse volte all’anno in Basilicata per raggiungere il marito, l’ingegner Brando Carbone, che l’ha preceduta di qualche giorno per occuparsi della chiusura di un affare milionario. Donna Leda, come viene soprannominata da queste parti, arriva così a Grottole nel materano, paese natio del marito, e ci giunge come sempre a malincuore e carica di diffidenza. Sentimenti questi dovuti al fatto che quel paese lei proprio non lo ama e non lo capirà mai perché, a suo avviso, respingente e ostile a iniziare dal dialetto. Al suo arrivo nella bellissima ma odiata casa affacciata sulla Diruta, la chiesa caduta che i grottolesi chiamavano monumento, non trova però, in quel gennaio tempestoso, alcuna traccia del consorte. Che fine ha fatto il facoltoso e ambiguo Brando Carbone se lo domanda anche l’affidabile ed efficientissima segretaria Lia Guidi che non si capacita della scomparsa dell’ingegnere che doveva concludere un affare importantissimo con partner giapponesi, collegandosi via Skype con Tokyo, lasciandola, così, in un mare di guai.
Contemporaneamente il procuratore della repubblica di Matera, Corrado Basile, viene avvisato del ritrovamento di un cadavere orribilmente sfregiato (con la testa spaccata esattamente a metà quasi come fosse una noce di cocco) in località San Giuliano. Al cospetto del cadavere giungerà anche la nostra Viola Guarino chiamata non solo perché patologa forense ed esperta della scena del crimine ma anche perché “era infallibile, non solo nell’esame dei cadaveri, ma anche nella lettura delle anime. Non era solo un medico legale punto e basta infatti era anche un’anima inquieta che celava con difficoltà i suoi tumulti interiori e dove arrivava era sempre preceduta da chiacchiere e dicerie”. Queste dicerie erano collegate alla sua famiglia d’origine: la nonna materna, Mariarìt per i materani, era una famosa lamentatrice funebre (apparteneva cioè a coloro che con rituali e pianti ricordavano le virtù del morto ed aiutavano i parenti nell’elaborazione del lutto) richiesta da tutti perché curava ogni dettaglio dello “spettacolo” con cui rendeva memorabile ogni funerale, per questo era diventata cummà Menghina, mentre il nonno farmacista, detto ‘u baraun, era noto in paese perché oltre ai comuni medicinali vendeva personalissime pozioni, conservate in anfore di porcellana, come infallibili rimedi per i dolori, le insonnie, le febbri improvvise… Così i paesani sia a causa di questa sua stravagante famiglia sia per la sua particolarità di affiancare alla conoscenza del male, vissuta sul campo e studiata sui libri, l’intuitiva introspezione dell’animo umano e infine sia per il suo abbigliamento un po’ stravagante e per il suo comportamento disinibito l’avevano soprannominata “la strega” anche se lei poteri magici proprio non ne possedeva e il suo “arrivare sempre prima degli altri” e “vedere cose che altri non vedono” è solo frutto di caparbietà, innata capacità osservativa, intuito, deduzione logica e grande sensibilità. Ben presto però, a Montalbano Jonico, viene ritrovato un altro cadavere e subito le analogie tra i due morti appaiono numerose: stesso colpo alla testa, in entrambi i casi viene ritrovata una cartina della Basilicata con indicate alcune località tra cui le due del ritrovamento dei corpi, entrambi erano da poco ritornati in Basilicata dopo un lungo periodo trascorso, per affari, altrove… Viola, il vicequestore De Salvo e l’affascinante e sfuggente sostituto procuratore Loris Ferrara dovranno così districare una matassa piuttosto ingarbugliata che li porterà passando attraverso diverse sfumature di nero e di rosso e grazie a flashback del passato a scoprire corruzioni, misteri, inganni, segreti e intrighi. Ma chi è l’assassino o meglio chi è il serial killer? E quale movente lo spinge a compiere dei crimini così efferati lasciando, sulla scena del crimine, indizi come fosse una caccia al tesoro?
Con una scrittura alta e letteraria, elegante e raffinata, Piera Carlomagno ci consegna uno straordinario noir moderno in cui i lati oscuri dell’animo umano si intersecano a quelli altrettanto oscuri di una terra, la Basilicata, bellissima ma dove “nulla è come appare”.
“Una terra per pochi eletti e di pochi uomini, che vivono un’eterna guerra difensiva, arroccati tra mura immaginarie e confini discutibili, abitanti di una terra di mezzo che sembra un’isola, con lo sguardo dignitoso di chi ha poco, ma se lo fa bastare, di chi continua a dare molto e a ricevere di meno.”
I personaggi di Nero lucano sono quasi tutti femminili: donne forti, ambigue, languide, vendicative ma anche fragili sempre in bilico, da una parte, tra modernità, desiderio di rivalsa e di affrancamento da un mondo maschile che le vuole sottomesse e dall’altra ancorate alle tradizioni antiche, arcaiche che affondano le radici anche in rituali magici (e Viola incarna nella sua personalità perfettamente tutte queste mille sfaccettature).
Con una trama avvincente e intrigante ma anche torbida e conturbante l’autrice ci conduce per mano all’interno di una Lucania bellissima e godibile con tutti i sensi. Infatti con la vista possiamo, ad esempio, ammirare i calanchi, gli straordinari Sassi di Matera ma anche tutta la natura selvaggia e incontaminata…; con l’udito ci sembra quasi di ascoltare la musica jazz o uno dei primi album di Vasco Rossi…; con il gusto immaginiamo di assaggiare alcuni piatti tipici come i segnalet, il baccalà alla lucana, fave e cicoria, frittata di lampascioni… e il tutto magari annaffiato con un profumatissimo Matera Greco; e poi ci sono i profumi da quelli lasciati da un temporale improvviso a quelli dei fiori e delle erbe di montagna…
In conclusione questo libro, che un po’ è indagine criminologica e un po’ è denuncia sociale e politica, ha un ritmo incalzante che ci conduce in un battibaleno all’ultima pagina quando entusiasti vorremmo incontrare di nuovo Viola in un’altra avventura e magari sorseggiare con lei, perché no… un Amaro Lucano.
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