Nero Riflesso è l’opera prima di sei mani riunite sotto lo pseudonimo di Elias Mandreu. Un riuscito meccanismo noir, raccontato con una scrittura agile e piacevole che cattura il lettore senza mai un momento di stanca.
Titolo: Nero Riflesso
Autore: Elias Mandreu
Editore: Il Maestrale
Anno di pubblicazione: 2009
Pagine: 555
Trama in sintesi:
La storia prende l’avvio quando il commissario Nero Di Giovanni, dopo lungo tempo passato a Roma, ritorna in Sardegna a comandare la Squadra Mobile di una non meglio precisata città.
Il suo arrivo fa rumore tra le alte sfere delle forze dell’ordine, e scompiglia un po’ i piani di tutti, dal Questore al commissario in pectore, che si vede sfuggire via sotto il naso la promozione.
Ma qual è il senso di quel ritorno? E cosa si nasconde, se qualcosa si nasconde, dietro quell’incarico imposto dall’alto?
Come se non bastasse, in coincidenza con il suo arrivo strani fatti iniziano ad accadere. Omicidi eccellenti, nomi importanti della politica e degli affari iniziano a tremare, in un ordito complicato il cui intreccio sembra destinato a rimanere nell’ombra…
Un noir ottimamente costruito, questo Nero Riflesso. Un meccanismo a orologeria che si svela capitolo dopo capitolo, paragrafo dopo paragrafo, dando al lettore gli elementi per riscostruire il puzzle con quell’avarizia sufficiente per indurlo a non smettere mai di leggere.
Il commissario Di Giovanni è un uomo la cui vita è stata recentemente distrutta, e che vive come una punizione il dover ritornare a quel passato che si era con soddisfazione lasciato alle spalle.
Il suo personaggio rimane in bilico tra l’eroe e l’anti-eroe. Non il cinico e disilluso poliziotto-clichè dei noir da manuale di scrittura, ma nemmeno l’infallibile detective per cui la brillante soluzione del mistero è solo una questione di tempo. Si muove in un territorio estraneo eppure familiare con la cautela di chi sa che un passo falso può essere fatale, subisce gli eventi più che dominarli, arriva alla verità quasi inciampandoci sopra.
Nero Riflesso, a ben vedere, è costruito su stereotipi del genere: c’è l’eroe che ritorna al suo luogo d’origine (e dunque a un passato che credeva di essersi lasciato alle spalle); c’è il reincontro con il suo vecchio ma mai completamente dimenticato grande amore; c’è l’amico di sempre, pronto ad ospitarlo a casa e a fargli da spalla (in senso anche tecnico, ed è divertente a questo proposito il dialogo a metà libro in cui i due si dipingono per quello che sono, ovvero “eroe” e “spalla”, in una sorta di esplicito meta-testo); c’è la donna fatale a cui non si può resistere e infine c’è l’effimera vittoria finale, che lascia più amaro in bocca di quanta soddisfazione porti.
Stereotipi, sì, ma adoperati con maestria. Dosati in maniera esperta e con nessuna concessione alla banalità, a dimostrazione che le regole per un scrivere un buon libro noir sono sempre le stesse, a disposizione di tutti. Basta saperle usare.
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