New Iberia Blues - James Lee Burke

Torna Dave Robicheaux nella sua ventiduesima indagine dal titolo New Iberia Blues, scritto magistralmente da James Lee Burke ed edito da Jimenez. Per calarci nell’atmosfera del profondo Sud, caro Barman, ci vuole un buon Johnny Walker red label, il preferito da Burke.

Ero sicuro di aver visto un’enorme croce di legno ondeggiare sull’acqua. C’era qualcuno legato sopra, le braccia distese sulla trave orizzontale, le ginocchia e le caviglie piegate letteralmente sulla base. La croce si sollevò sul mare gonfio, la parte alta spunta da un’onda. Rimasi senza fiato. Vidi la persona sulla croce. Era una donna nera e indossava un vestito viola avvolto intorno al corpo come un fazzoletto.

Il corpo di Lucinda Arceneaux, un’attivista per i diritti umani, figlia di un pastore evangelico, viene recuperato al largo di Cypramort Point. Quando scatta l’allarme Dave Robicheaux è ospite nella villa prospiciente il mare del suo amico d’infanzia Desmond Cormier, tornato a New Iberia da eroe perché affermatosi a Hollywood come regista. Non c’è molto tempo per i revival e i convenevoli, però, perchè Robicheaux è catapultato in un’indagine davvero complicata, condotta dallo sceriffo Helen Solleau.

In Louisiana meridionale la religione è una questione complessa. Non tutto ha origine a Gerusalemme o a Roma. Una fetta proviene dalle isole caraibiche o dall’Africa occidentale. Per molti bianchi poveri e persone di colore il gris-gris – la cattiva sorte o un incantesimo malefico – può essere evitato solo indossando una croce perforata su un cordoncino attorno alla caviglia.

Proprio una catenina, rinvenuta alla caviglia del cadavere della Arceneaux, sembra indirizzare le indagini verso un movente di stampo fanatico-religioso, complicata dal fatto che la vittima era in contatto con un ergastolano, evaso da pochi giorni di prigione, accusato di aver bruciato vive la moglie e la figlia dentro la propria casa. Hugo Tillinger, però, si professava innocente e la Arceneaux stava cercando di fargli ottenere la revisione del processo con il tramite dell’associazione dei diritti umani con la quale operava.

L’indagine si complica ulteriormente quando viene rinvenuto il corpo di un uomo appeso a testa in giù, nella medesima posizione dell’arcano dei tarocchi “L’appeso”.

Io ero tre volte vedovo e vivevo con mia figlia adottiva Alafair in una casa stretta e lunga su East Main, a New Iberia. Quando rincasai da Weeks Bay, andai dritto a letto e non raccontati a Alafair dove ero stato e quello che avevo visto. Lo feci la mattina dopo.

Robicheaux sente le sue certezze venir meno, nel tentativo di proteggere anche il suo nucleo familiare, si appoggia al suo migliore amico e spalla di tante avventure, Clete Purcel, ex poliziotto con qualche ombra oscura. La sua capacità è indubbia e anche se la sceriffo Solleau detesta Purcel, Robicheaux lo mette al corrente di ogni mossa, avendo peraltro in affiancamento una giovane recluta di nessun esperienza sul campo, Bailey Ribbons.

“Apprezzo la sua gentilezza. Mi rendo conto che qualcuno potrebbe pensare che non sono qualificata per questo lavoro, ma farò del mio meglio”. La osservai di profilo, la radiosità del suo volto, e sentii il cuore battere forte. Dio, non farmi essere un vecchio stupido, pregai. […] Era naturale per un uomo anziano sentirsi protettivo nei confronti di una giovane donna. Non c’era nulla di sbagliato. Assolutamente. Solo un giansenista convinto vedrebbe un fine dietro un’inclinazione che è insita nella specie. Che menzogna.

Bailey più che una risorsa, rischia di essere un intralcio in un’indagine fuori controllo, nel momento in cui viene trovata un’altra donna uccisa, il cui cadavere era posizionato come la Regina di Coppe.

“Tu come la interpreti questa roba?” dissi.

Clete ci penso su un momento. “Il tizio mette in posa le sue vittime. Potrebbe essere un fotografo. Sa molto di storia, di religione e di simbologia. Ѐ pieno di rabbia, ma la sfoga soltanto in situazioni controllate. Ѐ il tipo di impiegato sempliciotti che vive da solo e lavora dalle otto alle cinque, poi torna a casa e si mette a giocare con una motosega in uno scantinato con le finestre oscurate”.

La descrizione di Clete mi fece venire i brividi, non perché fosse così dettagliata ma perché lui raramente si sbagliava quando si trattava di un’indagine di omicidio.

Robicheax decide di seguire più piste: battere quella più facile della ricerca dell’evaso Tillinger ma anche scandagliare quel mondo del cinema che fa riferimento al suo ex amico Desmond, e in particolare ad un suo ospite nella villa, Antoine Butterworth, un attore egocentrico e scostante da poter essere ribattezzato alla spagnola sin dios, sin verguenza.

Come un novello Henry Fonda in Sfida infernale, Robicheaux giocherà una partita senza esclusione di colpi contro la malvagità, uscendone vincitore e salvando le persone che ama.

Ed è così che finisce la nostra storia manichea, in una sera d’estate nella terra dei liberi e patria dei coraggiosi, intrappolati tra i vigneti e il mare e le anime dei migranti che vengono con la polvere e vanno con il vento, tutti noi a volteggiare tra giovani e con i fiori nei capelli, e la campana di una chiesa che suona senza sosta in una missione spagnola.

Sfida infernale in Lousiana

Anche questa volta, la prosa di Burke mi ha stregata. Ѐ un thriller, cupo e dolente, non ci piove, ma anche un grande affresco sociale della cultura del profondo Sud, tra fattori religiosi, etnici, storici e naturalistici.

Già, perché anche la natura la fa da padrone nei suoi romanzi, una natura madre e matrigna, ricca di acque che mondano o castigano (ricordate il bellissimo Gesù nell’uragano di cui vi avevo già parlato?), le paludi che raccolgono e rendono resti umani, il mare che trasporta a pelo d’acqua squali con le pinne dentellate.

Mi verrebbe da scrivere che la prosa di Burke è in un certo senso ipnotica, per le lente descrizioni che aiutano ad assaporare anche i dettagli, descrizioni intrise di blue meanies, la depressione o il dover vivere quotidianamente con l’umanità il che è peggio.

L’Autore è mirabile anche nel portare la narrazione a un livello filosofico-antropologico molto spinto con una naturalezza davvero invidiabile. Qualche esempio?

I film: 

Ti permettono di infilare la mano dentro l’eternità. Ѐ l’unica esperienza che condividiamo con il Creatore. Ѐ questo il senso di fare i film”. In quell’istante ebbi la certezza che Desmond Cormier viveva in un luogo in cui pochi di noi avrebbero avuto il coraggio o forse la temerarietà – di entrare.

La religione:

In biblioteca trovai sette libri che trattavano nello specifico dei cavalieri crociati. La croce di Malta era presumibilmente l’insegna di un gruppo del tardo sedicesimo secolo, anche se poteva avere avuto origini più lontane. Non importa. Simboleggiava l’ethos del cavaliere errante che – con armatura, cotta di maglia, mazza chiodata e spadona – sintetizzava gli aspetti più nobili del cristianesimo con la sete di sangue.

Lo stato d’allarme generato nella collettività:

Avrei potuto trascurare l’intero incidente, ma ogni volta che tre persone riferiscono di un urlo, non lo fanno in base a un suono ma in base a un ricordo che vive nell’inconscio collettivo, che risale ai tempi delle caverne. Quando siamo allarmati al punto da doverlo raccontare ad altri, ci immergiamo in una conoscenza primordiale sul potenziale oscuro del patrimonio genetico. O almeno questa è sempre stata la mia convinzione.

Un’altra cosa che apprezzo di Burke è la volontà di fare il punto delle indagini durante la narrazione almeno un paio di volte, o per bocca del protagonista o con l’espediente di raccordarsi con altri. Quasi cinquecento pagine di thriller hanno indubbiamente bisogno di espedienti narrativi simili per non perdere tutti i fili che abilmente il narratore tesse.

Infine, vi svelerò cosa c’entra il film di John Ford che ho già citato sopra. Ritorna in vari punti del romanzo, in verità, la più dettagliata subito all’inizio, durante la descrizione della casa del regista, dove in salone campeggia una foto di scena con Henry Fonda nel ruolo di Wyatt Earp intento a parlare con Cathy Downs, nei panni di Clementine Carter, sul ciglio di una strada sterrata che si inoltrava nelle terre desolate. Ma la citazione che chiude il cerchio è alla fine, quando Robicheaux ammette che amerà sempre il nome Bailey (la sua partner) come Wyatt Earp amerà Clementine.

Alcune curiosità sul romanzo

New Iberia

Ebbene sì, la città di New Iberia esiste davvero ed è uno dei tanti riferimenti geografici perfettamente coerenti che Burke introduce nel romanzo. Anche il Cypramort Point, dove vive uno dei personaggi principali, il regista Desmond, è realmente la punta estrema della costa della Louisiana a sud di New Iberia, protesa nel Golfo del Messico.  

La figlia Alafair

Si era laureata con lode alla Reed e con il massimo dei voti a Stanford Law. Prima di iniziare a scrivere romanzi e sceneggiature, aveva lavorato alla Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Nono Circuito ed era stata assistente procuratore distrettuale a Portland, Oregon. Ma per me era ancora la ragazzina che collezionava i libri di Nancy Drew e Baby Squanto (n.d.r. L’indiana Squanto che aiutò gli Europei ad approcciarsi con i nativi americani giunti sulla Mayflower).

Nel descrivere la figlia di Robicheaux, Burke, in realtà, delinea i tratti esatti della propria figlia, a partire dal nome: Alafair. Peraltro, Alafair Burke è diventata una rinomata scrittrice di thriller, i cui romanzi abbiamo sempre recensito su Thriller Café.

Robicheaux sul grande schermo

Il personaggio più famoso di Burke è stato rappresentato due volte al cinema: nel 1996 con il volto di Alec Baldwin in Omicidio a New Orleans (regia di Phil Joanou) e nel 2009, impersonato da Tommy Lee Jones ne L’occhio del ciclone – In the Electric Mist (regia di Bertrand Tavernier).

Who is who?

Per una esaustiva biografia di James Lee Burke vi rimando integralmente a quella pubblicata sul nostro sito, a firma di Alessandro Bullo.

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New Iberia blues
  • Burke, James Lee (Autore)

Articolo protocollato da Monica Bartolini

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: [email protected]

Monica Bartolini ha scritto 99 articoli:

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