Misterioso episodio di cronaca nera nella periferia londinese. La ventisettenne Sophia Mackenzie si reca a casa dei suoi genitori, che gestiscono il bar-vivaio “Eden Gardens and Cafè”. Al suo arrivo incappa in una scena raccapricciante: sua madre Nina è appesa per il collo ai rami del grande castagno, dal quale ciondola senza vita. Suo padre Jared invece giace a terra, rantolante in una pozza di sangue.
È questo l’incidente scatenante del romanzo “Niente è come credi”, thriller psicologico di Helen Callaghan. L’autrice, nata in California da genitori inglesi, ha trascorso l’infanzia tra Stati Uniti e Inghilterra, per poi stabilirsi a Cambridge, dove attualmente lavora e vive. Rappresentata da Judith Murray, della prestigiosa agenzia letteraria “Greene & Heaton”, dopo alcuni racconti e la pubblicazione di due libri di storia locale (“Prestwich In Old Photographs”e “ Cambridge University In Old Photographs”) ha esordito nel 2016 con un romanzo pubblicato dalla Penguin e intitolato “Dear Amy”, divenuto subito un best seller in terra britannica, perciò tradotto in tedesco (Edizioni Droemer Knaur) e in olandese (Edizioni Ambo/Anthos). Per l’Italia è intervenuta la Casa Editrice Corbaccio (Gruppo Editoriale Mauri Spagnol), e grazie alla traduzione di Elisabetta De Medio è uscito il titolo “L’indizio”. Per portare in Italia anche questo secondo romanzo della Callaghan, pubblicato ancora da “Penguin” in lingua originale col titolo di “Everything is lies”, la Corbaccio s’è affidata stavolta alla traduzione di Chiara Brovelli: ed ecco a voi “Niente è come credi”.
Il plot, come abbiamo visto, è tipicamente quello di un giallo. Varcate le prime pagine il lettore si trova già imprigionato in un labirinto di mistero, ma la ricostruzione del detective Howarth è semplice al limite del banale: Nina tentava di suicidarsi, quando Jared si sarebbe intromesso per impedirglielo; allora la donna avrebbe pugnalato il compagno con delle grandi forbici, per poi portare a compimento il funesto proposito. Sophia però non crede alla versione minimalista della polizia, e decide di indagare per conto proprio. Si mette quindi a frugare nella vita dei genitori, alla ricerca di indizi che possano far luce sull’accaduto. Questa ricerca conduce ad alcune scoperte del tutto inaspettate, come un quaderno di memorie di sua madre: «Mia adorata bambina, tra poco cambierà tutto. Pianterò la mia bandiera e lancerò il mio grido di battaglia, e questo piccolo mondo intorno a me brucerà. E per quanto sia ansiosa e pronta – pronta a morire, perché di questo si tratta – ho paura per te. Credo che ne usciremo tutti lividi e contusi, e tu più di tutti».
Da questo momento ha inizio un nuovo incredibile viaggio della nostra eroina attraverso le memorie di sua madre. In questo delicato passaggio il romanzo si trasforma da giallo a thriller psicologico, e si biforca in due strade parallele, destinate ad avvilupparsi e confondersi fino alla fine.
Il quaderno di memorie di Nina riveste da questo momento un ruolo centrale e dominante. Essendo scritto in prima persona come un vero e proprio romanzo, rischierebbe di apparire poco credibile come diario. Questa potenziale empasse viene però superata con sagacia dall’autrice, che ricorre all’escamotage del memoir: Nina avrebbe scritto ben più di un diario, una sorta di romanzo autobiografico emotivo, con tanto di editore pronto a pubblicarlo. Per un frangente si potrà avere la sensazione che queste memorie appaiano come una cesura, addirittura una scelta di comodo, funzionale a pilotare la storia come farebbe una voce fuori campo. Sarà ancora una volta l’abilità dell’autrice a gestire e contenere questo pericolo, recuperando e ricucendo questa fase con quella precedente, e così evitando che il lungo incipit giallo venga ridotto a mero pretesto o incidente scatenante. Il legame tra madre e figlia, sospeso in un continuo ping-pong tra passato e presente, tra vissuto e memoria, costretto a passare attraverso una vicenda torbida e morbosa, conferisce una claustrofobica tensione narrativa al testo. Tensione amplificata dalle vicende del passato che emergono sorprendenti dal memoir di Nina. In particolare apprezzeremo il personaggio di Aaron, che emerge tra manipolazioni mentali, sesso, e misteriose sette spiritualistiche. Anche il presente ha una sua linea di tensione, rappresentata dai problemi relazionali e lavorativi di Sophia, ma soprattutto dal personaggio di Jared, suo padre, che potrebbe svelare molti misteri, se solo uscisse dalla terra di mezzo del coma farmacologico. Eppure a tratti ci sono sembrati un po’ diluiti i tempi con i quali montano l’ansia e l’inquietudine. I ritmi lenti con i quali si sviluppa e si svela la trama, nelle oltre quattrocentocinquanta pagine di romanzo, risolvono il binomio “thriller/psicologico” a tutto vantaggio del secondo elemento, favorendo l’introspezione e la profondità rispetto all’azione. Quest’ultima però ne risente solo parzialmente, grazie ancora una volta alle indubbie doti della Callaghan che riesce ad armonizzare e dosare tutti gli elementi della scrittura, esprimendo – sempre in prima persona – una narrativa controllata, evocativa e delicata ma al contempo descrittiva e analitica, senza secondi fini e senza manierismo, coerente con la materia descritta; ricercata il giusto, restando coerente, leale ed efficace. Si ha però come il sentore che scarnificando un po’ la struttura narrativa, o scrivendo più in sottrazione, si sarebbe conferita al testo un’efficace nota ruvida e voluttuosa, che invece qui rimane schermata da un’intrinseca generosità della scrittura.
L’autrice dimostra un’eccellente attitudine nel caratterizzare i personaggi, e un genio particolare nel trascinare emotivamente il lettore dentro la storia. La lotta di Sophia contro l’autocommiserazione e il suo senso di colpa nei confronti della madre, la durezza del nonno materno, l’ingenuità e la voglia di emancipazione di Nina da giovane, sono soltanto alcune delle complesse dinamiche psicologiche che definiscono l’operato dei protagonisti del racconto. Alcune tematiche affrontate dal romanzo rimandano implicitamente a episodi di cronaca nera contemporanea, mentre l’incontro di personaggi manipolatori e megalomani con altri fragili e malleabili crea degli intrecci in cui la psiche umana gioca sempre un ruolo determinante.
Il lettore è sempre chiamato a far uso del proprio intuito per non trovarsi impreparato di fronte ai numerosi colpi di scena, che appaiono più o meno sorprendenti ma sempre credibili.
Recensione di Leonardo Dragoni
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- Callaghan, Helen (Autore)