Oggi su ThrillerCafé segnaliamo l’uscita di un romanzo di Tommaso Carbone intitolato Niente è come sembra.
La notte del 20 febbraio del 1989 Lucia trova, nel bagno di casa, i corpi senza vita della figlia Miriam e del suo fidanzato Francesco. Il referto medico parla di morte per elettrocuzione provocata dal cattivo funzionamento di uno scaldabagno e la polizia chiude subito il caso. La madre di Francesco è però convinta che la morte dei ragazzi non sia accidentale. Dopo una serie di contraddittorie perizie, si rivolge a Max Ferretti, titolare di un’agenzia investigativa ed ex poliziotto, espulso dal corpo per aver sparato deliberatamente a un pericoloso, ma disarmato serial killer. Quando i corpi vengono riesumati, Miriam presenta una frattura all’osso ioide… Chi ha ucciso i due giovani? E soprattutto, perché? Scampando miracolosamente a un attentato, tra reticenze e probabili collusioni politiche, toccherà al consumato investigatore e a Gaia, sua giovane socia, scoprire i colpevoli e dimostrare che spesso nella realtà Niente è come sembra.
Se la trama vi ha incuriosito, forse vorrete dare un’occhiata anche all’incipit:
Fece una piega all’angolo della pagina e posò Sentieri interrotti sulla scrivania ingombra di carte. Lo studio della filosofia l’aveva sempre appassionata, ma certi autori facevano di tutto per non essere compresi. Martin Heidegger rientrava in questa categoria. Il suo linguaggio astruso l’aveva sfinita. Era solo a pagina 45. Il libro ne conteneva 354. Sarebbe stato arduo arrivare alla fine.
Si appoggiò allo schienale della poltrona, si stiracchiò ed emise un silenzioso sbadiglio. Infilò il cappuccio all’evidenziatore, riordinò i fogli con gli appunti e li bloccò con un fermaglio. Si alzò e andò alla finestra. Scostò la tenda: bianche sfere di neve grandi come palline di polistirolo turbinavano nell’aria. Abbassò la tapparella.
Il telefono squillava.
«Miriam, rispondi tu per favore.»
Si diresse nel salone.
«Pronto? Ciao, Francesco. Ho appena finito di studiare… sì quel mattone. Va bene. Ci vediamo alle otto allora… un bacio.»
«Chi era?» domandò Lucia dal bagno.
«Francesco.»
Lucia si passò il rossetto sulle labbra e ravviò i capelli con le mani. Il parrucchiere aveva ragione, quel taglio le stava davvero bene. La ringiovaniva.
«Io vado» disse Lucia infilandosi la pelliccia di visone.
«Mamma, sei bellissima. A che ora torni?»
«Prima di mezzanotte sarò a casa.»
«Buona serata» e le diede un bacio.
In piazza Cesare Firrao diede un’occhiata al termometro della farmacia Boschetti: la colonnina di mercurio segnava un grado. Proseguì lungo corso Umberto I. Una vigilessa stava multando alcune auto in sosta vietata. Imboccò viale Mazzini e svoltò a destra. Antonietta abitava in una vecchia palazzina di tre piani che si affacciava su piazza Vittorio Veneto. Dalla bocca dei pochi passanti fuoriuscivano nuvole di fumo.
Scese dall’auto e suonò il citofono.
«Chi è?»
«Sono io. Sei pronta?»
«Scendo subito.»
«Sbrigati che siamo in ritardo.»
«Arrivo.»
Entrò in macchina, accese il motore e mise la manopola della ventola del riscaldamento al massimo. Dalle bocchette fuoriuscì l’aria calda che le investì il viso e le gambe.
«Ciao» la salutò Antonietta.
«Hai preso i biglietti?»
«Sì.»
«Le previsioni portano neve.»
«Quelli non c’azzeccano mai. Non preoccuparti, non nevicherà.»
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