Il ritorno del professor O’Laughlin e del suo nemico numero uno, “il signor Parkinson”, nell’intricata vicenda narrata nell’ultimo thriller di Micheal Robotham, Ogni goccia di sangue, al centro della recensione di oggi qui al Thriller Café.
Titolo: Ogni goccia di sangue
Autore: Michael Robotham
Traduttore: Annalisa Biasci
Editore: Timecrime
Anno: 2012
Sienna Hegarty è una ragazzina quattordicenne che una sera si presenta alla porta di casa della sua migliore amica Charlie coperta di sangue e in preda a un profondo stato di shock. La polizia la incolperà per l’omicidio del proprio padre Ray Hegarty, un ex poliziotto stimato e con la fama di duro, quando questi verrà ritrovato sgozzato sul tappeto della camera da letto della figlia.
La personalità disturbata della ragazza, le impronte sulla scena del crimine, l’arma del delitto, tutto sembra condurre a Sienna, che viene subito mandata in un ospedale psichiatrico giudiziario. Il professor O’Laughlin, psicologo criminale e papà di Charlie, riesce a farsi affidare dal giudice l’incarico di redarre una perizia psicologica.
Di fatto, comincia ad investigare per proprio conto cercando disperatamente il vero movente per quell’omicidio. Ma più O’Laughlin si confronta con la ragazza, più si rende conto che Sienna avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per ribellarsi a quel padre dispotico e violento, che doveva aver abusato di lei nello stesso modo in cui aveva già abusato della sorella maggiore, Zoe.
Ripensando a quando Sienna passava tantissimo tempo a casa degli O’Laughlin pur di non rincasare nella propria, valutando il suo autolesionismo – si procurava tagli grondanti di sangue con lo stesso taglierino ritenuto l’arma del delitto – e parlando anche con sua figlia Charlie delle frequentazioni dell’amica, il professore si convince che la teoria degli abusi ha un suo fondamento ma che però deve esserci dell’altro.
Coinvolge allora nelle indagini l’ex poliziotto, Vincent Ruiz, che in nome dell’antica amicizia (n.d.r. vedi il romanzo Lost) si metterà a sua totale disposizione, convinto della bontà della tesi di O’Laughlin. Quando Ruiz troverà una traccia importante in Scozia, riferita alla sparizione della prima moglie del professore di teatro di Sienna, Gordon Ellis, l’azione prenderà un’accelerazione decisa, facendo presagire ai due uomini di aver imboccato la strada giusta.
Ma solo dopo essersi messo in discussione, aver rischiato la morte per aver incrociata la sua strada con quella di un uomo con due lacrime tatuate sulle guance, aver visto con i suoi occhi molti orrori, aver accettato il ridimensionamento del suo ruolo di capofamiglia a causa della fine del proprio matrimonio, O’Laughlin avrà la mente predisposta a fronteggiare gli immani dolori segreti che la giovane Sienna voleva far gocciolar via da sé.
Michael Robotham, al suo sesto romanzo, si conferma abilissimo nel tenere alta la tensione, creando un intreccio che preveda colpi di scena a ripetizione.
Nelle prime 100 pagine di 518, infatti, la storia sembrerebbe già perfettamente delineata, tanto da far presagire al lettore smaliziato che un punto di svolta decisivo sia ineludibile. E difatti il roboante Robotham ci trascina in un vortice di situazioni complicate, dalle quale usciremo solo nell’Epilogo, un tantino sfiancati ma soddisfatti.
Questo è anche merito, però, della vividezza con cui delinea i personaggi (molti dei quali rappresentano i perfetti-terribili vicini della porta accanto) e i luoghi (Bristol e la tranquilla provincia inglese).
La simpatia del lettore non può che andare a Joe O’Laughlin e alla sua tenacia nel non lasciare agio alla malattia di distruggergli completamente la vita: preda di “Mr Parkinson” che gli procura tremori e blocchi nella deambulazione improvvisi anche durante inseguimenti, divenuti così goffi e un tantino improponibili, il professore è l’eroe per caso che risolve tutto con la sua immensa tenacia e l’aiuto di un angelo custode di stazza notevole, come l’ex poliziotto Vincent Ruiz, che ha l’ingrato compito di salvarlo (forse) più da sé stesso che dagli altri.
Che dire di Sienna? La pagina del suo diario che apre il romanzo appare subito inquietante e ci introduce nel suo personale dramma. Peccato solo non poter risentire la sua voce alla fine dell’intera storia. In fondo, la vera protagonista è lei.
Dalla seconda di copertina evinciamo che Ogni goccia di sangue è tratto da una storia vera, e una volta di più dobbiamo riflettere sul fatto che per quanto gli scrittori siano immaginifici la vita reale è infinitamente più variegata e abietta. E sinceramente non è un pensiero positivo.
Unica pecca del romanzo è un errore marchiano (forse originato dal rimaneggiamento del testo durante la traduzione?) Lasciamo “ai solutori più che abili”, come sono sicuramente i lettori di Thriller Café, il piacere di scoprirlo da soli e, qualora volessero confrontarsi con noi, li invitiamo a lasciare una deposizione. A noi corre l’obbligo solo di segnalarlo.
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