Nonostante viviamo in un mondo dominato da internet e dai social, in cui ogni capriccio e ogni desiderio sembrano a portata di mano per la stragrande maggioranza, quando capita di poter scambiare due parole con un personaggio famoso, ad esempio uno scrittore, almeno per chi vi parla rimane ancora qualcosa di stupefacente; forse il motivo è che, come recita un noto adagio, quando qualcosa è a disposizione di chiunque, in realtà non è accessibile per nessuno.
Ecco perché è con particolare piacere che mi appresto a recensire “Ombre”, l’ultima fatica di Marco Vichi, e ciò lo devo, in primis, al fatto che l’autore è toscano come il sottoscritto; secondo, un po’ di tempo fa, dopo aver letto alcuni suoi precedenti romanzi, in particolare quelli che vedono protagonista il Commissario Bordelli, ho provato a contattarlo via mail per fargli i complimenti. Con sorpresa, Vichi mi ha scritto ringraziandomi e ha risposto anche a un paio di domande che gli avevo posto. Credo sia il massimo quando uno scrittore interloquisce con i propri lettori, in questo caso, per di più, tramite canali privati, senza alcuna remora e dimostrando assoluta gentilezza.
“Ombre” narra la vicenda di Luigi Imbrogno, titolare di una piccola e storica casa editrice fiorentina, il quale, per puro caso, si trova per le mani il romanzo del momento che appassiona lettori e lettrici di tutto il pianeta, in vetta alle classifiche mondiali e primo capitolo di una trilogia. Incuriosito, non senza un velato scetticismo, inizia a leggerlo, e da quel momento la sua vita cambierà per sempre.
Scritto da una misteriosa autrice di lingua spagnola, sin dalla prima pagina Luigi vede scorrere episodi che in tutto e per tutto, persino in certi minimi dettagli, sono riconducibili al suo passato e alla profonda amicizia che fin dall’infanzia lo ha legato alla coetanea Marina, conclusasi tragicamente con il ritrovamento del cadavere di lei sulle sponde dell’Arno cinque anni prima.
“Ombre” fin da subito cattura l’attenzione perché lo stile fluido, diretto e coinvolgente di Vichi inquadra perfettamente una congiuntura dalle, a dir poco inquietante, implicazioni: una persona come tante, dalla vita serena e tranquilla, scandita da un matrimonio felice e da un lavoro appagante tramandato da generazioni, di colpo si ritrova in un vortice di mistero via via più scioccante, che lo trascinerà al punto di dover rivedere e dubitare di certezze date per oggettive e assodate.
Gli eventi che si sveleranno e gli accadimenti che Luigi innescherà, gli faranno comprendere, forse per la prima volta, come qualsiasi gesto, dal più banale al più profondo, abbia in sé una zona d’ombra sine qua non, una parte invisibile ma pressoché imprescindibile che gioca un ruolo determinante nel suo svolgersi. Si renderà conto che la classica manleva posta all’inizio o alla fine di un testo, “ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”, non corrisponde sempre al vero, e soprattutto prenderà coscienza del fatto che “le azioni hanno in sé il proprio valore morale, al di là di ogni intenzione”.
Attraverso un ben congeniato “cortocircuito” letterario, il romanzo è “una storia nella storia” che il protagonista legge, vive e scopre contemporaneamente al lettore, e le ricerche e le indagini ossessive che ne scaturiscono, alla fine getteranno luce sulla vera identità dell’autrice e sul drammatico epilogo che ha posto fine alla vita di Marina.
In modo particolare, “Ombre” ci rende partecipi di ciò che può essere la forza della scrittura, della parola come leva per cambiare l’esistenza di chi la legge e che, ne sono sicuro, sia il recondito e quasi inconfessabile desiderio di ciascun lettore ogni volta che si appresta ad aprire un libro.
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