Se il romanzo noir ha fatto del rapporto con la città in cui è ambientato un suo tratto distintivo, allora questo libro è noir puro al 100%.
“La Senna custodiva i segreti di chi aveva voluto annegare il proprio dolore. E la Brigade doveva appunto far parlare quei segreti. Salvo, poi, affrontare i propri demoni”.
Nessuno conosce Parigi come chi la vive dalla prospettiva del suo fiume, che si insinua in ogni anfratto, anche quelli meno visibili e più oscuri. Durante una perlustrazione notturna sotto gli affascinanti ponti della capitale francese, la Brigade Fluviale trova il cadavere di una donna, abbandonato su una barca proprio davanti al celeberrimo numero 36 del Quai des Orfèvres, sede storica della Polizia Giudiziaria parigina. Il caso passa alla omicidi, guidata dal comandante Jonathan Desprez, subito costretto ad affrontare un problema difficile da digerire: sul corpo della vittima viene rivenuto il biglietto da visita di Camille Beaux, profumiere della maison Patou, nonché migliore amico di Desprez. Si scopre così che la donna assassinata è Kéa Sambre, una modella che Beaux frequentava e che recentemente gli aveva confidato di esser preoccupata perché da due settimane trovava ogni giorno davanti alla sua porta una rosa rossa scura, quasi nera, fatta a pezzi e accompagnata dalla scritta: “Finché morte non ci separi”. Visto com’è finita, difficile ora non interpretarla come una minaccia.
Nel corso della lettura emerge, affettuosa, la storia profonda di Parigi, delle sue strade e dei suoi monumenti: il pur giovane Rémi Jullian, membro della Brigade Fluviale, è la memoria storica della capitale francese; conosce alla perfezione il passato di ogni sua pietra, che spesso nasconde aneddoti singolari che insieme vanno a comporre il grande mosaico pulsante della città. Ai suoi occhi, dunque, lasciare un cadavere sulla Senna è un doppio delitto: contro le vittime e contro il fiume, ovvero contro l’anima stessa di Parigi. Cosa lega il killer a queste acque?
Per scoprirlo bisogna andare in profondità, non solo metaforicamente: se l’indagine è sempre l’atto di scavare a fondo per scoprire cosa c’è sotto la superficie di un delitto, questa volta essa è anche concretamente la discesa oltre il pelo dell’acqua, l’immersione nell’oscurità della Senna alla ricerca di indizi. Dai flutti del tempo, pian piano, tornerà a galla una storia sordida che coinvolge alcuni protagonisti dell’arte concettuale contemporanea, tra fragili e spietate modelle e art director macabri che confondono le proprie spettacolari performance con la vita e, a quel che sembra, anche con la morte.
Ingrid Astier ha una scrittura ricca, accattivante, che sfrutta diversi strumenti (ironia, metafore, divagazioni, lessico non banale) senza abusarne; una sua peculiarità, che risalta ancora di più se si pensa a molti libri di genere scritti con lo stampino, sono le descrizioni poetiche, perfino quando si tratta di accompagnare il medico legale nell’autopsia, raccontata senza pudori ma con grande rispetto: il corpo umano è una macchina misteriosa e affascinante; proprio come una città, ha tutta una sua storia da ascoltare con delicatezza ma anche con la fredda risolutezza medica necessaria a coglierne tutte le sfumature per ottenere indizi utili alle indagini.
Allo stesso modo, la scena di sesso tra Rémi e la collega Lily esprime il suo carico d’erotismo attraverso un eccelso connubio tra poesia e carnalità che la rende uno dei momenti descrittivi memorabili del romanzo.
Questi excursus distendono la narrazione facendo procedere l’indagine con lentezza ma senza che il libro annoi mai perché dipinge un panorama umano ed urbano affatto coinvolgente: una Parigi senza tempo, di una bellezza diffusa e umbratile, i cui abitanti vivono in simbiosi con essa, che li accoglie e ne condiziona l’umore; una presenza fisica e “atmosferica” che si respira a pieni polmoni attraverso le pagine di Astier.
Omicidi sulla Senna, il cui pregio principale rimane la scrittura originale, è un noir particolare che si regge su un equilibrio strano: come abbiamo detto, la prima parte è lunga e l’azione scorre con lentezza, ma quando sembra che la trama si concentrerà totalmente sul primo omicidio, ecco che il libro sterza subendo un’accelerazione e andando a concludersi ad un’andatura più spedita di quella iniziale, senza però che questo cambio di velocità nuoccia troppo alla coesione del romanzo. I passi dell’indagine ci sono tutti, ma sono diluiti nelle pagine assieme ad altri spunti e filoni narrativi, per formare un racconto dalle mille sfumature, proprio come uno dei raffinati profumi di Camille. La ricerca del colpevole sembra arrivare ad una svolta, ma la situazione precipita di colpo: ci saranno altri cadaveri ed un nuovo battello della morte che metterà in discussione tutto. I poliziotti hanno sbagliato sin dall’inizio? “La morte assumeva una veste particolare, che non aveva mai incontrato prima: una veste pittorica”. Chi sta tingendo le acque di Parigi col rosso sangue dell’omicidio?
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