Omicidio a Mizumoto Park - Tetsuya Honda

Lo scrittore giapponese Tetsuya Honda è molto famoso in patria, dove ha venduto quasi 5 milioni di copie, ed è stato tradotto in molti paesi europei nei quali ha riscosso un buon successo. Da noi non era ancora stato pubblicato e bene ha fatto l’editore Piemme a proporci “Omicidio a Mizumoto Park” (traduzione di Cristina Ingiardi), il suo primo romanzo della serie di Reiko Himekawa, tenente della polizia metropolitana di Tokyo, che risale al 2006. Si tratta della sua serie più famosa e strutturata e speriamo che a seguito di questa uscita si possano avere anche i successivi episodi.

Reiko Himekawa è una giovane investigatrice molto intraprendente, che fatica a tollerare la disciplina poliziesca, che in Giappone è ancora più spinta rispetto a quanto avviene in Europa. Si muove in modo poco ortodosso e spesso si fa guidare più dal suo istinto che dalla solida base del rigore procedurale. Viene incaricata di indagare su un cadavere rinvenuto a Mizumoto Park, avvolto in un telo blu e lasciato accanto a una siepe. Il cadavere presenta numerosi segni di violenza e due profondi tagli, alla gola e all’addome, per i quali Reiko cerca fin da subito di darsi spiegazioni. In realtà, dopo questo cadavere ne compariranno altri e faranno capire ai lettori che la polizia giapponese si trova alle prese con un vero e proprio serial killer.

Honda scrive un poliziottesco carico di azione e dai toni che ricordano i noir europei. Le atmosfere sono spesso cupe e sordide e ci fanno entrare nelle “viscere” di Tokyo, dove al di sotto dell’ufficialità si anima il sottobosco della devianza metropolitana di una città che può essere anche molto trasgressiva. In questo senso, i fatti di “Omicidio a Mizumoto Park” potrebbero essere avvenuti anche a New York o in una qualsiasi altra metropoli occidentale. La sua descrizione dei personaggi è molto riuscita e in particolare Reiko Hamekawa è una bellissima figura. Una specie di analogo della Petra Delicado della Bartlett catalana, ma giapponese, molto energica, ma anche un po’ sognatrice, autonoma e dissacratrice. Porta dentro di sé un segreto che il lettore scoprirà nel corso del romanzo e che la renderà ancora più amabile.

La costruzione narrativa è molto efficace e dai ritmi serrati. C’è una prevalenza delle descrizioni molto concrete delle indagini sul campo, che mi pare molto ben fatta e anche coinvolgente, perché il meccanismo di identificazione con Reiko alimenta la suspense. C’è uno spazio anche per le introspezioni (che non diventano mai noiose) e uno sguardo che in diverse occasioni assume una pluralità di punti di vista, per evitare un eccessiva predominanza della protagonista.

Ne esce un quadro che, pur essendo un po’ indietro negli anni, rappresenta al meglio le principali nevrosi della società giapponese, attraverso uno sguardo molto originale. Lo sguardo che piace a noi che frequentiamo il Thriller Café e che sappiamo che i crimini e le investigazioni sono a volte la migliore porta per entrare in mondi che conosciamo poco. Una società, quella rappresentata da Honda, che ha superato ogni limite, che è sicuramente una società post nel senso che è oltre l’immaginabile. In questo senso, in questo romanzo c’è sicuramente una forte influenza che Honda ha subito dai post-moderni americani alla Easton Ellis o alla Johnatan Franzen nel modo di far risaltare quasi con ironia le devianze più estreme.

Non dovrete stupirvi, quindi, se, alla fine della vicenda, avrete ricavato da questa lettura un amaro insegnamento. I crimini più efferati, nelle loro manifestazioni quasi patologiche, non sono altro che un’altra modalità con la quale gli uomini di potere riempiono il vuoto e l’angoscia che la sete di dominio ha ricavato nelle loro tristi esistenze.

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Omicidio a Mizumoto Park
  • Honda, Tetsuya (Autore)

Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 145 articoli: