Oramai la sezione di polizia “Crimini Sportivi” della Questura di Roma è una realtà letteraria. Dopo “Delitto alle Olimpiadi“, “Il castigo di Attila”, “Il killer delle maratone“, e “Vendetta ai Mondiali“, il suo autore, Paolo Foschi, arricchisce la serie con l’ultimo romanzo: “Omicidio al giro”.
Questa volta il commissario Igor Attila e la sua squadra di poliziotti della “Tavola rotonda Ikea” indagano nel mondo del ciclismo.
Paolo Fallai, uno fra i più forti corridori italiani e favorito alla vittoria finale del Giro d’Italia, muore durante un allenamento su strada in circostanze apparentemente accidentali, ma la dinamica del sinistro, sebbene compatibile con le cause del decesso, non convince il commissario Attila. E infatti non ha senso e nessuna logica sportiva, che un ciclista esperto e con la testa sulle spalle come Fallai, si alleni a folle velocità affrontando una discesa col rischio di cadere, e per giunta a pochi giorni dall’inizio del Giro.
La fretta della Questura e del potere politico a voler chiudere il caso con il relativo diniego all’utilizzo di alcune procedure di acquisizione prove, come la semplice messa sotto controllo dei telefoni di alcuni sospettati, incaponisce ancor di più Igor Attila, fino alla risoluzione del caso.
L’indagine è strutturata in due fasi precise. La prima statica e di esclusiva pertinenza tecnologica, è effettuata tramite sofisticati programmi di spionaggio delle mail. La seconda, al contrario, è dinamica e porta la squadra ad investigare fuori dagli uffici, con trasferte in Calabria e in Liguria.
Indagare sul mondo del ciclismo professionistico è come togliere il coperchio di un gran pentolone dove bollono una infinità di cose come il doping, con le sue aberranti considerazioni di un agonismo spinto fino alle conseguenze più insane; come il mondo delle multinazionali che con i loro interessi economici, sponsorizzando i corridori ne condizionano i comportamenti fino a conclusioni estreme; come il business criminale legato alle scommesse clandestine; e come tanto altro. Ma il ciclismo è anche uno sport fatto di eroi, di silenzi e di grandi amicizie saldate dal sudore e dal dolore di un pedale, che lega in un’unica persona “gregario” e “campione”, “campione” e “squadra”. Un legame di amicizia indissolubile ed eterno, così come sono eterni i suoi miti e le sue sfortunate figure; su tutti Marco Pantani, “il pirata”, l’indimenticato atleta falciato da una tragedia troppo grande e ancora troppo oscura, a cui Paolo Foschi, credo faccia riferimento nelle sue coincidenze d’indagine.
La personalità del commissario Igor Attila domina la storia, anche se ad onor del vero tutti i personaggi sono oramai, ben delineati nei loro tratti psicologici e mi riferisco ai poliziotti che compongono la squadra: Lillo Santoni, in arte fantino perché proveniente dal mondo dell’ippica e incappato in un giro di scommesse clandestine, Checco Rossi, il ciclista detto Farmacista con una brutta storia di doping alle spalle, Luchino de Medicei, il conte, ex tennista e Palmiro Giovannelli, Fiocco di neve, proveniente dal basket, e soprattutto il vice commissario Chiara Merlo, unica donna, per inciso, anche odiosa, della cui preparazione il nostro commissario non può fare a meno. Una squadra composta da ex atleti “falliti” a partire da Attila stesso, ex pugile medaglia d’argento alle olimpiadi di Seul che ancora non riesce a farsi una ragione di quella sconfitta in finale, e che sfoga la sua rabbia a pugni nel sacco di allenamento, oppure con corse e addominali ai limiti dello sfinimento. Un protagonista alle prese con la sua disastrosa vita sentimentale e omosessuale, narrata con grande semplicità e pulizia interiore, che mette in evidenza le contraddizioni del nostro sistema morale e civile.
In conclusione una lettura veloce, gradevole. Una indagine perfetta e originale che mette in luce le storture e i pregi del ciclismo professionistico. Un autore, Paolo Foschi, che con le sue storie sul crimine sportivo dà origine ad una dipendenza tenace, in attesa del sesto romanzo e magari anche di una serie televisiva
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